Critica Sociale - Anno XVI - n. 13 - 1 luglio 1906
196 CRITICA SOCIALE star a etrologarc. Gli espedienti tattici e strategici, si sa 1 Yengono messi in opera all'ultimo ruomento e pos~ sono, di punto in bianco 1 o <listruggere o alterare inti– mamente qualsiasi combinazione preordinatri. Perciò il mio pensiero è questo. Per quel ch 1 ò lecito indurre circa gli intenrlimenti pratici degli integralisti, o per l'affidamento che ci danno fra di essi le peno11e dei dirigenti, noi posiiamo a questo movimento guardare con simpatia. Se l'integralismo ad altro non riuscisse che a conrngnare gli organi direttivi del Partito a uo– mini come il Morgari, il Ca.brini, il Paoloni, il Rigola, ciò sarebbe pur sempre un innegabile e non spregevole vantaggio. Ma tutto questo non toglie, da parte nostra, il dovere e la convenienza di provvedere ai nostri casi, con un'a– zione autonoma, chiara, sincera, ardita, che assicuri una buona volta quella forma e quei metodi d'azione socia– lista in cui noi abbiamo fede. E vengo alla conclusictne. Finora (ed è stato, a mio avviso, uuo sbaglio) noi ri– formisti abbiamo avuto l'abitudine di affermare costan– temente che il socialismo vero ed unico è quello rap– presentato da noi. Ora. io osservo che, in linea assoluta, che cosa sia il socialismo vero 1 non si sa nè si può dire: in linea relativa, il socialismo ve,·o ?5, per ogni Gruppo socialista (non dico per ogni individuo), quello che esso sente e in cui ha fede. Quanto poi all'tmicità, chi non ,,ede come ormai, in Italia, più che di un Partito socia• lista, si debba e si possa parlare soltanto di un movi– meuto socialista, vasto, complesso, profondamente cliffe. renziato, in cui si agitano correnti diverse, or conver– genti, or divergenti, spesso in contraddizione e in urto fra loro, differenti di importanza, di forza 1 di vitalità, ma, psicologicamente e storicamente, legittime tutte? Di fronte a un tale stato obbiettivo di cose, lasciamo agli integralisti la fatica di Sisifo di mettere il pettino in questo arruffio. E noi contentiamoci (e sarà. questa la nostra forza) di essere socialisti h{onnisti, di affer– mare e sviluppare il nostro carattere specifico, di arro– garci il titolo e il vanto di socialisti veri, nel senso che rappresentfamo in mezzo al movimento una corrente e una funzione supremamente utile e necessaria. Eccola qui la nostra più bella e più salda giustiHcazione ! 'l'anto più, che c'è questa considerazione da fare. In Italia, por ora e per un altro buon po' di tempo, ciò che più preme nell'interesse del proletariato, del suo ele,·a– mento, della sua emancipazione, è un lavoro largo, multiforme e tenace di trasformazione graduale nella politica, nelle amministrazioni 1 noi rapporti economici con le altre classi. 1'utto questo è riformismo, non ò vero? Riformismo di quello buono, che non aspetta se non di essere mandato avanti, coordinato, intensificato. Ebbene, questo è il còmpito nostro, e questo è insieme il nostro battesimo e la nostra cresima socialista. E al prossimo Cont!resso nazionale del Partito noi clovremmo, per l'appunto, presentarci così, facendo una dichiara– zione esplicita dei nostri criteri o metodi, e tenere a tutti gli altri nostri compagni un ragionamento 11uppergil1 del seguente tenore: - Eccoci qui. Siamo, come vedete, i vostri fratelli riformisti. Tali e quali come prima, ma pilt forti e più risoluti. Sul di lù da venfre ci troviamo) a un di presso, d'accordo con voi. Quanto all'azione presente, quella che intendiamo di far noi, è questa che v'abbiamo di– chiarata. Essa è opera schiettamente socialista) soprat– tutto perchè è altamente e urgentemente utile al pro– letariato. Su ciò non v'è dubbio. E ciò ci basta. Non ci chiedete di fare opera contraddittoria a questa - quando pur si chiamasse, a ragione o a torto 1 socialista essa pure: noi non lo potremmo e non lo vorremmo, non consentendolo - a prescindere dal temper,tmento - la logica e l'onestà. Neanche vi chiediamo di ammetterci o di mantenerci nel Partito. Ciò è superfluo. Noi nel Partito ci siamo e ci rimaniamo in nome, non solo della nostra fede, ma ancora.del nostro lavoro socialista, della forza che, combattendo per il Partito, abbiamo acqui– stata, delle vittorie che abbiamo ottenute, della influenza che siamo riusciti ad esercitare sulla vita politica e sociale ehe ci attornia. Nò siamo qui per promovere scissioni nel Partito. Ciò non è per noi affatto neces · sario. Abbiamo voluto soltanto ricordarvi il nostro ca– rattere, la nostra legittimità e i nostri diritti. E ora - mettendoli a proHtto - riprendiamo la nostra via. - 'J'ale, a un dipres:10, dovrebb'essere il nostro linguag• gio e la nostra. co111lot.ta . La quale (quando noi ci fos– simo procurate - e non ci mancherebbero - un buon numero di adesioni) eserciterebbe una notevole efficacia anche su!Fatteggiamento o sui mutui rapporti degli altri Gruppi. E noi saremmo a posto. Così almeno pare a me. E a te, caro 'l'urati? Credimi aff. tuo S, VAUAZZANI. Il punto di vista, così nitidamente espresso dal. Varazzani, ci ha, senza dubbio, di gran lunga più consenzienti, che averci non potesse lvanoe Bo– nomi. Pel Bonomi, il pericolo capitale da sventare essendo il sindacalismo rivoluzionario, conveniva fare un fascio delle varie tendenze o gradazioni contrarie ad esso, attenuando la nostra per motivi di opportunità. Il Varazzani, al contrario, ravvisa nelle tendenze, ossia nella precisione delle idee, nella coerenza e ne11a intensità dell'azione, " ciò che vi è di più vitale, efficace e fattivo nel socia– lismo 11 , e, chiarita magistralmente la psicologia - e l'inanità - tanto riel ferrismo quanto ùel cosidetto integralismo, ne ricava la assoluta ne– cessità di essere noi, di non delegare ad altl'i la difesa delle nostre ragioni e delle nostre sorti, di u provvedere ai casi nostri con uu'azione autonoma, chiara, sincera, ardita, che a8sicuri una buona volta quella forma e quei metodi d'azione socialista in cui noi abbiamo fede ,,. Soltanto - limitandosi alle esigenze immediate del futuro Congresso - tenuto conto delle condi– zioni presenti del partito, dell'iuerzia mentale, del– l'arretrata evoluzione delle masse, dell'interesse - que~to non è detto, ma è implicito nel discorso) anzi nelle premesse, del Varazzani - che abbiamo tutti, un po' ancora, a non sforzare cotesta evolu– zione col pericolo di gettare nelle schiere avver– sarie, o, peggio, di lasciare fra color che son so– spesi numerosi amici virtuali del domani-; pensa il Varazzani che il prevaleTe di una risultante in– tegralista non sarebbe per noi la cosa più malva• gia - che, per forza. di cose, essa finirebbe più per giovarci che non per nuocerci, nuocendo, più che non giovando, ai nostri più decisi avversari - e che infine non conviene a noi nè di implorare ginocchioni il diritto di cittadinanza che ci spetta nel partito, cne nasce dalle forze nostre e dalla nostra azione e che quindi nessuno ci può togliere o menomare, nè di chiedere l'esclusione dal partito di altre correnti, per quanto divergenti dalla nostra. E questo modo di vedere ha per suo fondamènto il concetto che del partito in Italia, in quest'ora della storia, il Varazzani si è fatto: non evoluto abbastanza perchè le idee precise possano d'un colpo acquistarvi una vera cousistenzAr su larghe
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