Critica Sociale - Anno XVI - n. 13 - 1 luglio 1906
202 ORITICASOCIALE loro franchezza, e si son dati a cavillare e ad inveire contro le cose, che non volevano e non vogliono adat– tarsi alle parole. La miseria? R chi osa dire che la miseria non c'è e non cresce? Sì 1 è vero, i salari au– menteranno; ma non aumentano nemmeno la centesima parte di· quanto affermano gli economisti borghesi j aumenteranno, ma è un aumento più apparente che reale; aumenteranno 1 certo, m:i. per la lotta e la resi– stenza della classe operaia, non cerio per merito dei signori capitalisti, i quali, se potessero comandar loro, ridurrebbero anch'oggi i lavoratori a salari di fame. Dunque? Dunque, se la miseria, in effetto, non c'è e non cresce, esiste e cresce in tendenza. " I capitalisti - scrive Kautsky (1) - sono costante– mente spinti a comprimere sempre più i loro operai, a prolungarne l'orario di lavoro, a diminuirne i salari, ad aumentarne la dipe11deuza, ecc.; contro di che tuttavia vuole una medesima fatalità. che, o presto o tardi, in– sorga il proletariato, asservito e compresso bensì, ma insieme rilmito ed organizzato, grazie appunto al pro– cesso di produzione. " ì,; dunque perfettamente esatto il parlare d'aumento della miseria e dell'asservimento e insieme della ribel• !ione, nel senso di tenrlonzn, non già transitoria 1 ma insita nelle stesso radici della società capitalistica, di tendenza che va acquistando sempre maggiore esten– sione. , 1 Ciò, in realtà, è troppo cavilloso ed inconsistente; è un voler giuocar troppo sulle parole peL·clirendere una teorica nel suo lato più debole, ma cbe rimane per Kautsky e per i marxisti il piì1 attraente e il pili com– prensibile. Se invece Kautsky si rosse fermato con pili cura e con più acume sul lato morale, anzichè so quello materiale della questione, se avesse meglio indagato la J>Ortata psicologica del malessere che nel regime capi• talistico, aumentino o no i salari, travaglia sempre e dovunque la classe operaia; se avesse voluto e saputo sviluppare il concetto (che si trova già in Marx e che egli stesso ripete) dello squilibrio e della sproporzione crescente tra salari e bisogni, egli avrebbe avuto modo di dimostrare luminosamente, - di fronte a coloro che credono o fanno credere che oggi, per l'aumento di qualche centesimo, la classe operaia vi\ 1 a nel maggior benessere e nella massima felicità - che il malcontento più grande e più rivoluzionario non nasce dalla miseria fisica, la quale abbrutisce e intorpidisce, nè dalla mi– seria relativa risultante da sproporzione tra salari e profitti, la quale 1 nella sua oggettività, può sfuggire o non importare a una classe operaia ignorante od inerte; ma nasce irrefrenabile e forte dall'aumento dei bisogni, giusti od ingiusti che siano, e dalla loro sproporzione coi mezzi per soddisfarli; sproporzione che produce un dolore vero, permanente, sentito, che non si acqueta nè diminuisce flnchò la mèta agognata non sia defloitiva– mente raggiunta. Ciò io feci o tentai fare nel mio opuscolo sopracitato, convinto che nella teoria di Marx, caduta anche la parte tecnica ed economica, resta sempre un fondo di verità filosofica che ne fa una delle più geniali teoriche del socialismo. Ma. credo adesso che il lato fllosoflco della dottrina di Marx possa sempre maggiormente estendersi, e ripa– rare e rinsaldare non una ma tutte le falle prodotte dal crollo dei suoi principi economici i credo che abbiano troppo corso coloro che, avendo vittoriosamente confu– tato non la sola teoria della miseria crescente, ma anche il concetto del valore-lavoro,· quello dell'accentra- fl) In c,·Wca Soclc,re, 1° agosto 1s9g,pag, 191-H, mento dei capitali e dell'industrie 1 uonchè il volgare materialismo dei vari Lafargue e dei vari Loria dell'u– niverso, ànno con ciò creduto morta e seppellita tutta la dottrina marxista, la quale, invece, nonostante le nuove idee (e più spesso le nuove chiacchiere) dei mo• derni scrittori, resta sempre per noi la più profonda e più vera concezione del socialismo. J\Ia. 1 per convincersene, bisogna partire da un principio decisamente opposto a quello che ò sempre prevalso nelle difese o nelle critiche a Marx: il principio che {per quanta importanza ed estensione le abbia voluto dare il suo stesso autore) la parte economica della dot• trina m?,rxista non è che il tentativo, in parte fallito, ma sempre ritenta.bile, dell'applicazione e della spiega– ,done del suo concetto filosofico; concetto, dunque, che va esaminato e studiato in sè stesso e non confuso e condannato in uno agli altri concetti; i quali, essendo, di fronte a quello, dei semplici mezzi logici di diluci– dazione e dimostrazione, possono essere del tutto errati, senza che per ciò debba necessariamente cadere anche il principio fondamentale. Questo, come abbiamo detto, sussiste di per sè stesso, e va di per sè stesso esaminato e vagliato nei modi che si reputano più idonei e non, per forza, con quelli che à adottato Marx. E, siccome il principio, corno abbiamo sostenuto più volte, consiste in un rapporto costante tra il mondo esteroo e l'interno, che mette caJ>o, non al prevalere esclusivo degli elementi e del caos sulla vo– lontà umana nè al predominio incontrastato di questa su quanto la circonda, ma all'attività dell'uomo ogget– tivata e determinata, noi, anzichè, come Marx, partire e soffermarci sulle cause oggettive e determinanti per venire agli effetti, partiamo e soffermiamoci sugli ef– fetti, partiamo cioè dall'attività stessa, dal fenomeno complesso ma visibile e reale che ci sta dinanzi, per risalirne, con metodo iuduttivo, alle basi. ll metodo,adunque(come già insegna Antonio Labriola), è quello di discendere dalla superficie al fondo, e poi di rifare la superficie del fondo; di risolvere le passioni e i disegni nei moventi loro, dai più prossimi ai più remoti, e poi di ricondurre i dati delle passioni, dei di– segni e dei moventi loro ai più remoti elementi di una determinata situazione economica. e) E, a ciò fare, il necessario studio che occorre è quello di cui già pose i termini il sottoscritto nel suo opuscolo sulla miseria. crescente; occorre cioè l'indagine e lo studio profondo cd accurato sul concetto psicologico del bisogno, poichè (come afferma pure il Labriola in un altro punto) 1 per determinare le condizioni esplicite del vivere umano, ò necessario indagare" i ,·apporti di coor– dinazione e di subordi11azio11e dei bisogn~che sono il so. strnto del volere e dell'operare ,,. ( 1 ). E noi avremo così della psicologia, senza dubbio; ma una psicologia veramente umana, sostanziata di cose e di ratti, e non il vago ideologismo e il vaporoso senti– mentalismo di coloro che si sono accinti alla demolizione di Marx. ~ (Conti11ua). CARI.O PETROCCIIJ. ( 1 o ') Del Mate1•iaUsmo sto,·ico, noma, 1902, pp. 4 o 116. La Critica Sociale e l'Avanti! costano per l'Italia: anno L. 22, semestre L. 11 - per l'Estero : anno L. ,U, semestre L. 20,50. La Critica Sociale e il Tempo, per l'Italia: anno L. 22, semestre L. 12 - per l'Estero: anno L. 40, semestre L. 22.
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