Critica Sociale - Anno XVI - n. 6 - 16 marzo 1906

CRITICASOCIALE tenda, il Pontefice nell'enciclica-protesta ai francesi e nell'allocuzione ai cardinali. - Lo Stato - egli ammonì - dev'essere una cosa sola con la Chiesa, e spiritualmente dev'esserle suddito: " Ohe bisogni separare la Chiesa dallo Stato è " una tesi assolutamente falsa, un pernicioso errore, " fondato, infatti, sopra il principio che lo Stato " non deve riconoscere alcun culto religioso. Essa ò, "in primo luogo, una grave ingiuria verso Dio, " perchè il creatore dell'uomo è pure il fondatore " della società umana, ed egli la conserva nell'esi– u stenza come si sostiene. Noi gli dobbiamo, dunque, " non solo un culto privato, ma un culto pubblico " e sociale, per onorarlo. rnoltre questa tesi è la " negazione chiarissima del soprannaturale. Essa li• ~ mita, infatti, l'azione dello Stato alla sola conquista " della prosperità pubblica in questa vita. Essa non .1. si occupa in alcun modo, come di cosa estranea, " della beatitudine eterna, proposta all'uomo qmLlldo " questa vita così co1-ta sarà finita. J~ppure, l'ordino " presente delle cose, che si svolgo nel tempo, si " trova subordinato alla conquista di questo bene " supremo e assoluto; non solo il potere civile non " deve faro ostacolo a dotta conquista, ma devo " anche aiutarla. " Questa tesi rovescia, egualmente, l'ordine savia– " mente stabilito da Dio nel mondo, ordine che esige " una concordia armonica tra le due società.Queste due " società, la società religiosa e l.l società. civile, hanno t1 infatti i medesimi sudditi, quantunque ciascuna di " esse eserciti, nella sua propria sfora d'azione, la "sua autorità sopra detti sudditi. Ne risulta, di con– " seguenzn, che ci s0110 delle cose di cui es.-;e<levono " occu.parsi, l'una e l'altra, e tutte e due insieme. Ora, " se tra lo Stato e la Chiesa l'accordo scompare, da " questa cosa comune pullulano facilmente i germi " del dissidio, che diventeranno acutissimi dai due "lati: la nozione del vero ne sarà turbata, e lé anime " riempite di una grande ansietà. Infine, questa tesi " infligge gravi danni alla società civile medesima, " poichè esisa non può prosperare, nè durare a lungo, " quando non si fa posto alla religione, regola su– " prema e sovrana, quando si tratta dei diritti e dei t1 doveri dell'uomo. ,, Brgo - questo non dice l'enciclica, ma risulta limpidamente, oltre che dai goffi filosoremi fra teo– logici e sociologici, di che essa è, in quella scolorita prosa da seminario, intessuta, dai cotidianì amoreg– giamenti fra la nuova Jtalia e il Papato - sia pronto il dolce paese del sì a raccogliere l'eredità degli ingrati francesi e finisct1. 1 a dispetto della formula famosa di quel u sovversh•o,, e di quel t1 trentatrè" del conte di Cavour, di darsi la sua brava e sulda costituzione clericale. Xè avrà molto da fare; chè si tratterà soltanto di dare una. consacrazione legale e sincera al clericalismo, di che esso già è permeato in tutte le viscere sue o nelle sue pili delicate e importanti funzioni. A. questo siamo; e il momento decisivo par proprio il presento. Or, se noi non vogliamo che il nostro diritto co– stituzionale e il nascente diritto proletario dive11ti11 paragrafi del diritto canonico e Pltalia nulla piì1che la diocesi del vescovo cli Roma, come Venezia fu già del patriarca Sarto, diamoci per dav\'ero e presto e tenacemente le mani d'nttorno per la soppressione del bilancio dei culti, per la laicizzazione integmle della scuola e delle Opere pio, per la chiusura degli istituti secondari confessionali, per l'esorcismo all'oro 11lone,e unll condanna dcli' ~ eresia -. bonomolllana. Ora, corno I quotidiani hann() dlll'usamento narrato, paro oho tutto, a dl~IJOltO del can\111alo )lony Ciel v11.1, eho voleva rorso ,•odoro Il ves<'ovo oo– Blddetto 11\.IOrlllO clnvautl RI Sa11t•urnz10, Bhl flnlto lii un l>lcchlOr d'acqua. francese, caro a quell'ogrogio circonciso del Luzzatti, per la codificazione elci divorzio, o apprestiamoci, sopratutto, (e perciò la quistione è anche pecuniaria.), a render così 1>erfettoe completo il nostro organismo educativo o scolastico che apparisca evidente la tiu• periorità, nel più civile de' suoi offici, dello Stato laico) e legittima la sua sovranità (I). Se invece non c'importa nulla che l'ftalia divenga. definitivamente suddita e tributaria ciel Vaticano e che fra un pnio d'anni segga alla. Jrinorva, nella poltrona dell'ono• revole Boselli, il deputato Cornaggia, allora diamo retta ai savi ammonimenti del Co1'riere della 5-;e,n, che scongiura di pensa1·e alle cose o non a quegli idealismi da sfacceuclati e da perditempo che 1-10110 il pensiero laico, l'indipendenza della cosa pubblica dalla Chiol:lae via dicendo, e, meglio ancora, vediamo se non iJia il caso di.. .. scovare qualche altro tema "d'agitazione": per esempio, l'inclipcndonza un– gherese ovvero ..,.. la confernnza d'Algesiras che va. troppo por le lunghe! L'adesione delron. Cornaggia sarà delle prime e delle più cordiali. X.!/· (1) A fa.lo J)ro1ioslto, ml slfl leelto tll cltaro 1111 mio ,·ece1110 11rli• colo, che 11nelle ora ... , 1rnrobl>e "<l'attualltà. ": Guelfismo lf((/lto lCritica Soc4ale, 1° tebllrnlo ti03). I PRKCKDKNTI STORICI DEL U TI FONDO SICILIANO Il L Le 'inv<t,;lor11le lei feucùtl'lt,ì. 11 periodo bizantino, - li' el periodo delle invasioni barbariche e della dominazione bizantina in Sicilia, il possesso della terra per httifondi noo mutò natura, ma pasl4Ò in gran parte dall'aristocrazin romana alla Chiesa, poichè il cattolicismo era trion– fato. u Non prima fu lecito a11aChiosiL di possedere beni, scrive !'Amari nella Storia dei .1/usulnumi in Sicilfo, che lo zelo dei nuovi convertiti, l'artificio del clero l.latosi ad avviluppare le coscienze in una rete inestricabile di peccata, il baratto dei perdoni, l'assiduità al letto di morte sopm animi stemprati dalla infermità, agitati da tante paure, la confusione delle opere di pietà con lo opere di carità, la elo– quenza e dottrina fatte retaggio esclu~ivo del sacer– dozio; tutti questi potenti motivi moltiplicarono le clonazioni e i lasciti pii: e più dopo hL occupazione dei Barbari, quando i beni mondani dei vinti diven– nero sì precarii e si rinvilirono. Così furono larghcg• giate alle chiese italiane vasti tratti di terreno in Sicilia, che nel linguaggio dei tempi si chiamavano fondi o masse. La Chiesa di Milano nel sesto secolo possedeva nell'isola un patrimonio di questa ftttta; un altro no ebbe la Chiesa di Rasenna; ed uno di gran lunga più dovizioso la Chiesa di noma, che d'altronde tenea tanti altri poderi in rtalia e fuori. Al dir di papa Adriano r, il patrimonio di Sicilia proveniva eia donazioni non meno d'imµerat ori che di privati. Vasto erano le possessioni e sì spar.sc in tutta l'isolll, principalmente presso Siracusa, Catan ia, ~lilazzo, Palermo, Girgenti, che talvolta i vescovi di Roma preposero all'amministrazione due rettori che sedeano a Siracusa e Palermo, come al tempo an– tico i questori nelle due pro,,incie, siracusana e liii• betaua. ,, Il carattere di conquista delle torre siciliane. per parte cli ogni dominazione che succedeva nelPlsola, non si perdette nemmeno con santa madre Chiesa. Anzichè pe1· una chiesa siciliana le terre di Sicilia scrvh·ano por altre chiese della Terraferma! Sotto il dominio l>izantino non poche altre terre siciliane erano divenuto patrimonio della Coroun.

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