Critica Sociale - Anno XVI - n. 5 - 1 marzo 1906

CRITICA SOCIALE 79 se anche egli non avesse a.mmouit;o di essere ora quello che fu nel 1867, chi avrebbe potuto distrug– gere la sua opera 1 chi avrebbe potuto negare es– sere stato il Carducci il rivelatore dell'antico spi– rito italico 1 il poeta della ::ltoria o della Natura, la voce della coscienza nazionale mn,ledicente il fosco pontefice del mistero e venti secoli di cristiane– simo? Ma, se lo scrittore non è salito a tali altezze da esercitare una decisiva influenza sugli uomini del suo tempo, se non è una luce nell'anima di tutto un popolo - e tale è i I caso del Graf - non vale la. pena d'impensierirsi. In simili casi lasciate pure che il diavolo si faccia frate, che la letteratura si pigli gli ordini sacri, che la poesia si prepari al sacra1nento dell'eucarisUa 1 . che un coro di voci bianche intoni il 'l'edewn. E inutile scomodare la umi:mità per questo. È inutile gridare al pericolo. Il pericolo non esiste. Un tempo la fede ispirava i capilavori: dal misticismo medievale nacquero la Di1Jt11a Coniedia e le cattedrali gotiche. Oggi l'i– spiratrice ha un altro nome: si chiama la Verità. Chi s'allontana da lei non compie opere d'arte, cioè opere vive nel tempo, cioè opere destinate a segnare una sosta feconda del genere umano in cammino. Dalla fede oggi nascono i romanzi cat– tolici di Antonio Fogazzaro, di Paolo Bourget e di Enrico Sienckewicz? i romanzi che, benedetti dal Papa, assicurano la foduna finanziaria ai loro au– tori, ma che non salvano un 1 anima e non consa– crano una gloria: tutto al più richiamano all'ovile qualche pecora smarrita, riconci Iinno col signore iddio gli stanchi ed i malati, inducono qualche chie– rico renitente a non gettare la tonaca alle ortiche e s'illuminano <li gloria soltanto nei seminari e nei palazzi episcopali. . .. Arturo Graf, come altri prima di lui, come altri, forse, dopo di lui, in un'ora di sincero esame di coscienza, ha messo bravamente alla jNrta il suo pessimismo e si è convertito alla " religione dello spirito r.· Sarebbe opportuno indagare se il pes– simismo leopardiano del Graf derivò da una salda convinzione scientifica, o non fu piuttosto una sovrapposizione filosofica e letteraria, una forma spuria. ciel pessimismo leopardiano: un pessi– mismo di maniera 1 _insomma, acquisito dai libri anzi che rlalla meditazione, professato sincera– mente forse, fino al giorno in cui svaporò, come una nuvola che, apparsa all'orizzonte quale mes– saggera di tempesta, si disciolga placidamente al rosseggiare del mattino . La storia letteraria della prima metà del secolo x.rx ha frequenti esempi di tal genere <lipessimismo. E ri un magnifico esempio ò il Carducci. rrutta l'opera giovanile del Cal'llucci fu alimen• tata <lilinfe leopardiane. Poi quella influenza cessò. 'l1utto che il poeta aveva potuto assimilare, trasmu– tare in carne della sua carne e in sangue del suo sangue, rimase. La personalità del nuovo poeta aveva preso il sopravvento su lui medesimo e l'o– pera di lui approfondiva le radici in altro terreno. Erano quelli tempi di fervore umano e di vittorie scientifiche, onde agli occhi del poeta la Natura si dispogliava dei veli neri in cui il grande di Reca– nati J!aveva avvolta e appariva serena e materna 1 in accordo con le leggi del suo divenire. Non così nel Graf, il quale, allontanandosi dai suoi modelli letterari, ha visto in un momento rovinare l'edi– ficio <lelle sue convinzioni ed ha avvertito il bi– sogno di levare gli occhi al cielo, in cerca della " intelligenza suprema ,,. Ecco, dunque, Arturo Graf e Giovanni Pascoli d'accordo. Pessimista l'uno, ottimista l'altro, toc• cano entrambi una corda che, venti anni fa, pa– reva non dovesse rendere più suoni: la corda della fede. Questo fenomeno è tutto tlel nostro tempo e Vincenzo Morello l'ha mirabilmente studiato in un capitolo sul dio di Mazzini, compreso in un suo volume di critica di recente pubblicazione (I). "Non nel nostro 1-1aese soltanto, ma in tutti i paesi la– tini, sgomenti degli stessi effetti della libertà che era stata la loro rlea nel secolo passato - ha detto l'illustre scrittore intorno al quale comincia a spu• meggiare l'ira dei filosofastri indigeni - e atterriti dai nuovi fenomeni che lo sviluppo della libertà produce. Ma non bisogna forse opporsi alle aber– raziOni della paura, politica o morale? Il movi– mento cominciò, <la quando, in lta\ia 1 J 1 rancesco Crispi in un suo discorso a Napoli, Giosuè Ca.rclucci nel suo discorso per la Repubblica dì San :Ma– rino e nell'ode per la Chiesa di Polenta 1 Ca– stelar con la sua visita al l?iLpa, la Repubblica ~•rancese con la sua dedizione al Papato, tentarono di porre una barriera, con il nome di Dio, contro le invadenti ossessioni del partito anarchico prima 1 del partito socialista dopo. 11 Se non che a me pare che llasli{J1Utr 1 volendo lu– meggiare il fine politico di tali conversioni, abbia. rinunciato a ricercare una causa più intima, la quale può indurre in mistiche tentazioni uomini che non sono e non saranno reggitori di popoli, che amano guardare più dentro che fuori cli sè. Se le bombe anarchiche di 1:.arigi e di Barcellona e i progl'essi del socialismo inspirarono al Crispi il discorso di Napoli e al Carducci quello di San l\la– rino, ben altra <leve essere la causa che opera nel cuore dei solitari; deve dipendere, io credo, dallo stato di decomposizione in cui si trova la società contemporanea, mentre l'avvenire non è chiaro e non è palese la. trasformazione che senza tregua si compie di questa in un'altra società.. Tra il mil– lennio che si chiude e quello che si apre, è una pausa d'incertezza terribile, in cui l'uomo, vecchio di anni o vecchio di anima, si sottomette agli au– tichi pregiudizi atavici, agli antichi terrori e alle antiche speranze, e, volgendo le spalle alla luce, rifà la lunga strada percorsa dagli avi, perchè ha paura <li proseguire, perchè teme di sentirsi man– care sotto i piedi il terreno e di precipitare nel– l'abisso. E, nel ritorno frettoloso, si ferma ad ado• rare i simulacri cinti di tenebra sacra a e procla• mare, con Ferdinando Brunetière o con Augusto Conti 1 la bancarotta della scienza. Fiato sprecato. Poichè si ha un bel gridare cho la scienza è una nemica.: finchè i gabinetti di chi– mica e di biologia resteranno aperti, fìnchè il te– legrafo senza fili funzionerà da un capo all'altro <lei mon<lo, gli dei non riconquisteranno la terra. Si ht\. un bel giocare di frasi, come ha l'atto Ar– turo Graf, e un bel dire che lf': nuove religioni dello spirito sono disviluppate da ogni mitologia, sciolte da og-ni pastoia di dommi immutabili, che sono ribellioni e non dedizioni, che si è fracassata una porta e si è fuori. Una volta fuori, bisogneriL bene accompagnarsi ad un dio qualunque e defi– nire, con parole di colore meno oscuro di quelle adoperate dal Graf 1 la "intelligenza suprema,.,. " La mia fede è molto semplice e può racco– gliersi tutta in quattro parole: credo nel regno dello spirito. 11 Come si vede, siamo in grembo alte nuvole. Aspettiamo che, in un quarto articolo, Ar• turo Graf ci clia notizie più precise della sua con– versione o, se vi piace meglio, della sua reden– zione. :E 1 orse egli finirà col riconoscere di credere nel vecchio iddio semitico e non penserà più a ( 1 j \'1t11.:f:!-iz0 )IQRt:u.o: llE11eru,,1 ttften11·,c1. ltou:\ e narengo, Homo.

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