Critica Sociale - Anno XVI - n. 4 - 16 febbraio 1906

r.o di esami complementari. O la cullura cla'lsica è ,·ora– mcnte superiore alle altre; o i g-io,•ru11 pro,·cnienti dalle ocuolc c\aJt'Jiche si dimoc;trcrnnno 1 negli esami 1 nelle unl\•crsità, nella vita, meg-lio addestrati degli altri; o ln loro irnperiorità servir,\ itcl accreditare le scuoio <la cui sono usiC'iti e f11r rliscrtare lo nltr<'. O i giovani delle scuoio clns<tiche si rivclcrnn110 meno adatti degli altri nlln vita motlcrna, e quc11t.nsnrh. la riprorn delle teorie pcrln~ogirhe anticlasisiche i o occorrerà che i cla-,sicisti piel,!hìno il capo. O tutti gli studi :-ono buoni, a. IH\tto C'hC siano atlattati alle inclinazioni iruli\•iduali e alle– condizioni sociali di cia11cun alunnoi e allora le stAti– -.tìchc ci rh·eleranno qual tipo di .scuola è preferito da cin'H::un j?ruppo sociale:<' i rc~ultati dolio grnucli cittiL ei daranno norma pe:- tra11rormnr(' ,•ia ,·ia le scuole 1Jclle città. minori. Se la 1:rnuolaunica di primo grado, con o senza Intino, ò ,·cramento necessnrin, vedremo affollarsi i primi anni cli quell'istituto, che meglio risponda a quel bisogno della popolazione i e a un corto punto vedremo la sco– lare<Jca frnzionar,;i fra lo classi inferiori concorrenti, per \'la di esami complementari: avremo così il primo nb• bozzo della scuola unica di primo grado e della scuola plurima. di secondo grnrlo, disegnato non a priori da stu– diosi spesso schiaYi dei loro sistemi, ma dalla moltitu– dine nnonimn, che è la sola <'Ompetcnte a dire ciò cho lo ò utile e ciò ohe le ò dannoso, Siamo liberali noi :ienso Ycro della parola. f_,a<Jciamoohe le vigorogo o sempro fresche correnti della vita si aprano da sè In loro strada. E intanto rompiamo il monopolio classico, nfflnchò la società possa crearsi la sua scuola fuori dello costruzioni attuali. Nò ci deve preoccupare il pericolo di favorire, me– elianto la creazione di nuo,·o scuole, la pleto~a dei li– cenziati e dei laureati. Anche quest'accuga, ohe si muO\'0 alle nostre scuole, di essere fabbriche di spostati, ò pri\'a di base. r,n pletora degli spostllli non ò un renomeno peculiare delle solo classi intellettuali, che escono dalle scuoio i ò fenomeno eomune a tutti i gruppi <lolla olas,:;e lavo– ratrice, anche a quelli che non Yanno a scuola. Ì•: la disoccupazione, che minaccia tutti i lavoratori, o che è una condizione di esistenza dell'attuale società capitali• stica. 11 laYoro intellettuale ha ed avrà sempre i suoi disoccupati, come il lavoro manuale. La scuola non ò oolpe\'olo di questo malo: no è , 1 ittima. F. il rimedio al male non istà, come pensano i poveri di spirita, nello aumento delle tasse scolastiche, le quali non farebbero so non monopolizzare le scuole pubbliche per i ricchi, spiugondo i po,·eri 1 assetati <li coltura, ll.d abbeverarsi a scuoio di\•erse dallo publJlioho, con un enorme au– mento dei pericoli sociali; il rimedio potrà esser dato solo da una ricostruzione sociale, che sostituisca l'ordine all'anarchia della produzione. Mn. in attesa di questo lontano ruturo 1 la pletora persisterà con qualunque or– dinamento scolastico. E nou è in nostra facoltà e,,itarla. Questa proposta di esperimento ò oggi tanto piì1 op• portuna 1 in quanto ci troviamo di fronte a un progetto concreto, a quello del minhitro Bianchi, del quale è bono necessario che noi ci occupiamo por dire su di esso il nostro parere. L'on. Bianchi ,·orrebbe sopprimere 'tutto lo scuole attuali, e creare una scuola unica senza latino net primo grado di quattro anni, dopo i quali si passe• rebbo alle scuole normali, alle sezioni professionali del• l'Istituto tecnico, e ad una. scuola media di secondo grado, bipartita in ramo cla"!Si<'oo in ramo scientiflco moderno. La prima critica, ohe si può muovere a questo pro– getto, avente per ba<10 la ROppressionc immediata del ginnasio classico attualo, ò cito certamente non arrivorì~ mai in porto. Contro cli 0'190 1 infatti, insorgeranno tutti i cln"!sicisti; non solo gli intrnn::iigenti 1 che al Congresso lii Firenze si sono rifiutati di con<ientirc l'esperimento di tipi moderni di scuoio concorrenti con le scuoio nu· ticlH\ ma anche i classicisti transi~enti, ohe nello stesi,o Congresso hanno con pochissimi Yoti cli maggioranza im– po11longl'intransigenti la dichiarazione che il Congresso non contrasta la istituzione di nuovi tipi di scuoi<>.l'na minaccia immediata alla "ecchia l'!0uola cla.s~ica nsso– eiorìt. in unanimiti'L perfetta e la maggioranza e la mi– noranza del CongreiS0 di Firenze. l~ sarà. unanimitìt. ror• midabile e invincibile. Percht•, a parte la 11uestio110so i o\a"sicisti sieno o non siono numericamente i rorti 1 ò un ratto che essi godono nelle srere urt\ciali, nel Senato, noi Consiglio superiore, nelle Accademie, nello Univer– sità, nella stessa Camera una influenza enorme. I clas– sicisti hanno per sò il suffragio di tutti coloro, che nel linguaggio ufficiale si chiamano egregi uomini. Ussa11i. Giustamente. Salremì11i. Già, giustamente. Figurate"i ohe al Con grcs<Jo di Firenze ha aderito finanche la. Corte cli Cas• sazione 1 onorevolissima disprnzln questa, che non toc– cherà mai ai Congressi della nostra Federazione (ifrwilò). In sì fatte condizioni ò vana ogni speranza che il pro– getto clell1on. Bianchi arrivi a maturità. L'esperimeuto da noi proposto, invece, tro,·a i classicisti divisi in due schiero eguali, che si paralizzano; e la opposizione dei classici~ti intransigenti sarebbe una prepotenza, che la opinione pubblica non tollererebbe. Dall'altra parte la riforma generale immediata 1 ideata dal )linistro, sarebbe allo stato attuale delle cose un vero disastro, perchò mescolerebbe in un'unica scuola inferiore gli alunni delle scuote tecniche e del ginnasio, sopprimendo le scuole tecniche, le quali, in grnzia degli insegnamenti di computisteria, di calligrafia, di disegno, e in alcuno fra esse di inglese, di agrarin 1 <li tecnologia 1 sopperiscono, almeno in parte, al bisogno di una istruzione professio– nale per i commessi di negozio, computisti, piccoli com– mercianti, nspiranti a scuole d'arti o mestieri, ecc. La soppressione della scuola tecnica significherebbe distrug– gere quei primi, sìeno J)Ure rudimentaJi e imperfetti, embrioni di scuole professionali utili alla piccola bor– ghesia e al prolotari:do ·supcriol'O, proprio nel momento in cui l'insegnamento prorm1sìonalo andrebbe rafforzato e sviluppato per isfollare la scuola media di cultura generale. Se 1 ilwecc, l'istituto ideato dal .Ministro si volesse in– trodurlo solo in \'ia di o.sperimento io alcune grandi città e in concorrenza con le \'ecchie scuole, la J.1 . edcra– zione dovrebbe sostenerlo con tutte le forze contro le ostilità. dei misonei'lti e dei cla'lsioisti intransigenti. ,\ vremmo così 1 accanto alle attuali scuoio o istituti tecnici, alle scuole complementari e normali e ai licei– ginnasi, un istituto senza latino nel primo grado, dal qua!e si potrebbe pMsare allo normali, alle sezioni pro· fossionali dell'istituto tecuico o al grado superiore dello stesso nuovo istituto, formato di un ramo scientifico-mo– derno e rti un ramo classico. Come? anche un ramo classico, oltre alle ,•ecchie scuoio cJn,.siche? Sì, anche un ramo classico. Perchè noi non Yogliamo uccidere l'insegnamento classico, ma siamo convinti ohe una cui· tura classica intensi \'a 1 impartita nel corso superiore

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