Critica Sociale - Anno XVI - n. 3 - 1 febbraio 1906

CRITICA SOCIALE 15 generale da quella scolaresca a cui essa non è adatta; 2° riforme volto o. perfezionare i sistemi didattici; a~ ri forme volte n rinnovare la struttura delln scuola. «*:ir:, Cominciando da.I primo gruppo, non è il caso d1 ripe– tere quanto hanno detto i relatori e l'L'ssnni e il ::Uan– cini o il Ricchieri sulla necessità di sviluppare l'inse– gnamento professionale. Può parere un paradosso, ma non è: la guarigioue della scuola media generale di cultura va ricercata fuori di essa, nelle scuole profes– sionali. Solo non dobbiamo illuderci r.he lo sviluppo del– l'in-icgnamento professionale possa ottenersi ad un trat.lo e tauto meno che possa produrlo il Governo. Queste scuole non sono create per volere del legislatore, ma nascono e si diffondono spo11tanee \'ia via che la evolu• ;done economica del pn.ose lo richiede, e non possono essere create se non per opera delle lillere inixiath,o locali, sotto la pre~sìone degli speciali llisogni loeali. Che cosa può saperne il (ioveroo centrale delle scuole che sarebbero necessarie in un paese di conciapellì li– guri o in uno di viticultori puglie~i? Tanto è vero questo, che, mentre l'nmmini3trazio11e dello Stato accen– trato si manifesta inetta a risolvere questo, come tanti I altri problemi della vita nazionale, le scuole professio– nali nascono sotto i nostri occhi, fuori di ogni iniziativa dello Stato. Sono le Opere pie, che istituiscono scuole di arti e mestieri per orfani e sorrto•rnuti; sono i CoU1uni e le Provincie, che, sospinte dagli interessati, creano le scuole commerciali, agrarie, industriali, richieste dai bi• sogni locali; sono spesso le associazioni dei padroni, che fondano a loro spese le scuole per crearsi le buone maestranze. E, mentre le scuole proressionali erano in ltalia 1 nel 1859, pochissime, oggi ne abbiamo già un paio di migliaia: e il mnggior numero di esse si trova nell'Italia settentrìoualo e centrale, cioò dO\•el'economia progredisce. Il Governo non potrebbe far nulla di tutto questo. E:i!sopuò solamente, e deve 1 incoraggiare lana– scita o lo sviluppo di que'lte scuoio con lauti sussidi, cho sarebbero preziosi specie nel Mezzodì. Chiediamo, dunque, le scuole professionalì; ma non illudiamoci che questa parte clel problema possa essere risolta iu un giorno, JJerchè essa dipendo tutta dalla trasformazione e dal progresso delln. società. Quanto al secondo gruppo di riforme 1 a quelle cioè che dovrebbero tendere a rinnovare i metodi didattìci, Pargomento è stato già accennato dnll 1 .Apreda 1 e se n'è molto discusso in questi ultimi tempi nella stampa quo• tidiana: e si è detto cho è questa la vera sola rirorma da fare, e si è invitato il Governo a compierla i e anclte !'on. Sonnino, noi programma elettorale del novembre pn~;ato, dopo averci fatta una IM•ata di capo per la nostra impertinenza politica, si occupò della riforma dei metodi didattiP,i: in compenso si dimenticò di parlare delle leggi sullo stato giuridico ed economico (ilaritù). ora, questa campagna per la riforma dei metodi didat– tici contiene in sè mollo di \'Oro, ed è gran merito avc1·la iniziata nella stampa; ma in essa c'ò a mio pa– rero una esagern:ziono ed un errore. C'ò una esagerazione, JJOrchè non sCpuò ridun-e tutta la questione scolastica alla riforma dei metodi didattici. Xon esistono metodi didattici as:-oluti. Esistono o do• \'rebbero esbtero scuole con dote. minnti fini, con una determiiiata scolaresca. Metodo buono è quello, che con– duce, con la minore fatica possibile e noi tJiù breve tcmJ)O J)Ossibilo, quella data scolaresca a quel dctcrmi- nato fine; che sarà. professionale i11una scuola profes– sionale i sarà di addestramento alla ricerca scientifica nei laboratorì uni\•cr_.;itari j sarà di cultura generale, e di speciali forme di cultura generato, nei vari tipi di s ·uolo medie generali cli cultura. Ora, flnchè le scuoio saranno organizzate male, e la stessa scuola ani, fini di\•ersi, oscillanti, contraddittori, e sarà affollata da gruppi eterogenei e refrattari di scolari, ò evidente che un buon metodo non sarà. mai possibile j la riforma dei metodi presuppone la riforma delle scuole. Ilo detto anche che la campagna per la riforma doi metodi poggia. su di un errore. t l'errore sta noi cre– dere che la riforma dei metodi possa essere compiuta dal Oo\'erno con mm legge 1 con un decruto reale, con una circolare ministeriale. J I metodo ò qualcosa di im• ponderabile, di inafferrabile, di personnlis::-imo 1 che !'in• se,:nante imJHO\'\'iSf\ giorno per giorno, ora per ora, alunno per alunno. 11 metodo ò la testa dell'insegnante, o questa non c'è ministro che possa cambiarla (applausi). E, quando l'on. Sonnino nel programma elettorale promet– le\'a la riforma <lei metodi ditlattici, prometten la sola co,;a che nel ca111po scolastico nessun Ooverno potrà mai dare: disgrazia che capita molto spesso ai nostri uomini di Stato (ilarità). Però 1 al cli IÌl <li quest'errore, di questa esagemzione, c'ò una grande \'eriU,. l::cl è che, por quanto le scuole ::.ieno male organizzate, esse potrebbero funzionare assai meglio se tutti gli insegnanti avessero una migliore ca- 1mcità professionale; e anche le scuole migliori non rnnzionerebbero bene, se gli insegnanti rossero cosl nrnl preparati, come lo sono purtroppo oggi non diremo molti, che sarebbe esagerazione, diremo troppi: perchò anche un solo insegu1rnte disadatto al suo ufficio ò sempre di troppo per i gio,•ani, il cui avvenire è affidato alle sue cure. In questo senso, dunque, è necessaria una riforma dei metodi didattici. E il Governo, se non JlUÒ crearla direttamente, può e deve promuo,·erla indiretta• mente, predisponendo lo condizioni in cui essa abbia la facilità. di determinarsi e di accelerarsi. Ed ecco una lunga Rerie di riforme scolastiche impor– tantissime, che non hanno nulla da vedere con la ri– forma vera e propria della organizzazione delle scuole medie, ma senza le quali ogni riformo. sarebbe nna i anzi, senza alcune di es,-c, nessuna riforma sarebbe J>OS· sibile. · Di queste riforme il primo gruppo dovrebbe a\·ere in• tento di migliorare la produzione dei proresso!'i. Si parla tanto di sostituire nella scuola media le lingue moderne alle antiche; ma i professori di lingue moderne d0\'0 li prenderemo? Se i voti dei nostri con– gressi di Firenze e di Cremona riguardo alla istituzione di Sezioni di filologia moderna nello J,'acoltà di lettere fossero stati a tempo attuati, a quest'ora i! problema della sostituzione delle lingue moderne alle antiche sa• rebbe ben pii, vicino alla soluzione ohe con tanti pro– ,:ettoni iridescenti, destinati a scop1►inre al primo urto. Ecco pertanto una rirorma pregiudiziale: organizzare nelle Fncoltil universitarie la produziouc di buoni inse– ~nrrnti di linguo moderne. Altra riforma 11ccossnria a migliorare la razza degli insegnanti - supponiamo che siano cavalli da. corsa, sebbene fra essi ci sin anche qualche asino (iladtù) ò la trasformazione completa delle facoltà di lettere e scienze e delle Scuole di magi,tero. li tempo stringe e quindi accenno all'argomento a volo d'uccello. Le Scuoio di magistero annesse alle noatre Vacoltà, lo quali do– \'robbero servivo alla. JJM(laraziouo proressionale def{li

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