Critica Sociale - Anno XV - n. 24 - 16 dic 1905
CRITICA SOCIALE 377 che posRano con lo profonde radici pigliare l'umidità necessaria durante hL stagione ealda e secca. La fe– racità del suolo o la henig-nità del clima dìuino con queste piante un alto reddito JJctto, perd1ò son poclw lo speMC d'impianto o di culturu. L'e8f)l'OMSiYo pro• verbio siciliano: ,,siirn pula (' cliu (1t mrina, nwl siguificurc che, poti pure un usino la. ,•igna man– giando i Rarmenti, l'uva, no l'anno è fa,,ornvolc, verrà ahhondanto o huona lo stesso. Poichò, come vedemmo 1rnrln11do del terreno, vi sono zone possibili per la piccola propriofa colth•n– trice di nrhusti e di alberi, cd altre 1>ii.1 estese zone sol convenienti per In semin1t o per il pascolo n,itu– mle a grandi superficie dose1·tc, la cnltura dei cercnli e i pascoli per porhissima parte si as::iot'iano nello stesso fondo con la cultura di 1>iante perenni. Queste ultime stesse conviene per lo più tenere separatr tra cli loro per cau~a della dinrsità di terreno e di cure e J)('l' divertm esigenza comrnerci11lo. La lunga vita degli alberi e lo srarso esaurimento di terra d1t. essi prodotto dànno alla loro cultura unft. grande stabilità sulla stessH superficie di s.uolo. Invece la culturn dei grani, la quale do! ~erto stnnca la. terrn, richiedo una vicenda frequento per mutare di po.sto da un anno all'altro sullo stes1:10latifondo. La stessa vigna, che suole fermare pre8so di sò l'abitazione del colono, estesA. do sola tl grandi su– perficie, in seguito al commercio di esportazione eno– logica, ha spezzato il latifondo come C'ulturn con gli affitti ventennali, lasciandolo unite come proprietà. Con la \'igna specializzata in appositi tondi, e dove manca FahitabilitÌt del colono, la terra conserva l'asJJetto desolante del latifondo, con la sola diffe– renza della vite al posto elci frumento o del pascolo. La piccola proprietà coltivatrice di piante erbacce e specialmente di \'igna non può esistere lunJ?C <h1l latifondo, quanlunque per fatalità di cose separnta, perchò da esso lrao grani, fieni ed erht1, che non potrebbe produrre a sufficienza nei proprì piccoli fondi, deUi illoglli. Il latifondo adunquc perdura con convenienza padronale, per il fatto stesso che una p11rte di esso si è frazionata in piccoli fondi a cultura intcnsi\'a. Lit. piccola proprietà serve in Si– cilia a formare la classe agricola alla ~leba e farla più sicuramente sfruttare <lai latifondismo della se– mina e del pascolo, a cui esM è costretta ricorrere. " In queste condizioni cloll'ngricoltura meridio,rnlo - scrivevo, trattando del problf'ma della terra in Sicilia, nella Critica Sociale del 1° dicemhre 1897 - la mezzadria sul tipo tosc-ano è impossihile. Che fa– rebbe tutto l'anno il colono sul fondo a g-rani, o a. pascoli) o a somnrncco, ecc., se hasta. un centinaio di giorni di cultura all'anno? Di qui campagna disahi tata, insalubre e malarica. Lft falsa mezzildria in uso per la semina dei grani costituisce uno dei più inu– mani patti agrnrì, con il quale al colono, nella divi• sione fatta sull'aia, spesso non resta che la fatica penluta. u .Nè In terra por semina e per pascolo può essere proprietà frnzionata dei coloni, perchò la vicenda tra g-rnni e pascoli col sistem1l del ma.i:r.!?ese fa mu– tare di posto le culture ogni anno. Oh<' fori\ il colono dello spezzoncìno di terra sfruttato dalla semina? Non gli µfont lasciarlo a pascolo asciutto, perchè questo richiede g-nincli estensioni continue. L'enfi– teusi, che perpetua il possesso nel colono, non si è mai per queste ragioni applicata 11.llagrAnicoltum e ai pilscoli. 11 Il latifondo rinrnne unito come proprietà e si spezzft. a.d og-ni anno come colmrn. Il latifondista. adempie alla funzione di distributore della terra i e il succe– dersi dei contndini 1 che pigliono in atntto la terra, serve Ud una c~rf!~ ruota di cultura, di riposo e cli pascolo. Ke la quo;izzazione, che il latifondista, o il yabelloto speculatore in sua vece, fa ad ogni ses- sennio ai contadini, rrsta!.~f' permanentf', ,topo qualche tempo qua-,i tutti uhhanclonl'rC'hhero la. quota, resa stanca dit ripetuti.' !H•min('. La cult11nt. dC'I 11iano,alt('J'rmta col ripo8o, e la pa– dtorizia nomaile, proprie d<'lla Sicilia, ~i a1ldirono alPordinumento fPudale drlla terra; hl cultura d1•lla vigna è, in\'ece, pili confarente all'ordinamento hor ghese dai sllhiti gu:ulagni ron i conHCgurnti falli– menti. La cultum del grnno e quella della \'Ìgll<L, che 80110preponderanti in Hi<·ilia, dìurno, ciascunl\ per la parte smL dh•crsa, carattere ,li violenza e di instahiliti't. alla vita. locale. Su tutte le cult.ure sìcili1111cè piomhata a volto a volta la crisi: il cotone, il srmelino, il sommacco, gli a.grumi, la vi~na, i gra11i; appunto perchò a \'Olta a ,·oltu lo esigenze del men·.tto monrlinlc fecero svi lup1>are in modo in\'adentc unn di quelle culture, rompendo l'antico ed armonico organismo agricolo; o poi le vicende del commen•io rifiutarono hruscamcntr il prodotto che aveano prima occcssirnmente favo• rito. Lf' condizioni economiche subiscono da tali vi conde contraccolpi disastrm1issimi e d11licilmentc ri– parabili. li sommacco non torna pili conto, il fico d'lnditt non sene al commercio, il cotone non reg~e alla concorrenza amerirana 1 il vino ò arrestato dalle ulte barriere doganali degli altri 8tati, gli llgrumi non t.rovano pilt la facile e rim1111cra.ti \'ttcsportuziono di prima, lA-produzione d ella frutta. r hc darebbe ta11ta ricchezza alla Sicilia, richie<lC' una radicale prcpura– zione agricola, industriale, commerciale che manca quasi del tutto, g-li oliveti, dihtrutti pazznmentc per dar posto alla \'ignn, non possonsi in brove rinrio– varej d'altra pnrto i lunghi mesi di siccità, che ani– vano in certi anni fino a dieri, la natura del suolo e la mancanza d'acqua d'irrigazione d1\nno 111con– venienza padronale, in quattro quinti del suolo sici– liano, per i cer€'1ili e per i pascoli spontanei, cioè clà.nno ht convenienza al latifondo deserto, nel mentre che la produzione elci grani non hastn al consumo locale e la pastorizia non 1:1i regge 1wr gli alti prezzi della terra. Non si crederebbe che nella Sicilift dei latifondi fanno difetto le legna da ardere e il bestiame pusto– rizio è tissai scard0 1 tanto che :s'importuno le carni, le pelli, e i latticini che pur consuman~i ~car:,amentc. Pindaro non ri<'On<h1cerehbcpili la rieea di arm('nti Sicilia (r.'Jl'~'.'·"J.r,r; ~\i'.Ù~-z) di una \'0lt11, nè 'l'eocrito la scena dei suoi idilli, 08serva il prof. Beloch nel suo scritto: La JJO}J(JfuzionP anlira ddla S,rilia. La cultura dei cereali offre poco lavoro, e pegg-io ancom quando torna poco redditizia. 1,'emigrnzion(' è don1ta in buona parte a questa mancanza di la– ,·oro per la granicoltura non più rh.,pondente 1tgli accresciuti bhwgni della accresriuta popolaziont), Co– lorn che propongono la mezzadria tosrnna nella Si– cilia dovrebbero dirci che cosa deve farC' il mezzadro con la sua famiglin nei lunl!hi mesi della eiccità, so resta fisso in un podere clorn bastano pochi mel<li all'anno di cultum per cereali. Il mezwdro toscano iu\'ece troYa nel fondo il la\'oro per tutto Panno aS• sieme alh~ sua f11mil,!lia) a cnusa delle diverse culture di uno stesso fondo. La vita all'aperto. - La mitezza del clima con le lunghe siccifa permotte la vita 1lll'apcrto, o, come dicesi siciliannmente, 'nchianu, in piano. N(':I• l'epoetL ciel raccolto i contadini dormono sull'aia X<'i centri abitati h, vita pus:m:;i principalmente 1:1ulln strada. Ciò rende possibile lit pastori1,ìa noma·il' e 111 granicoltura nei lntifondi deserti. La siccità, a1h111quC' 1 concorrC" alla genesi del latifondo siciliano 11nehcl'On la vita randagia dclln gentC' ngricoln. [n ogni fondo il catief!~iato, piit o meno in;;ulfi ciente, più o meno malfatto, ha stalloni per ~li ani-
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