Critica Sociale - Anno XV - n. 24 - 16 dic 1905

372 CRITICA SOCIALE rentc e danneggia sè stesso; e dove la.maggioranza è di hruti prevarrà il partito che a<loperi mezzi più brutali. J~ perciò è desiderabile nelle moltitudini la mai!– sima. possibile diffusione della cultura, cioè dclln ca– pacità. di criticare, di ast1·arro, di sintetizzare, di prevedere. Ma questa capacità. non ha niente tlil vedere col1 1 alfabeto: fra gli stessi professori d'Uni– versità, quanti sono colti e intelligenti nel vero senso della 1>arola? E il miglior modo por educare le mol– titudini al buon uso del voto non è certo quello di escluderle dalla sovraniti\: se prima di buttarci nel– l'acqua dovessimo imparare a nuotare, non impare– remmo mai e moriremmo senz'avere mai assaggiata l'acqua del mare. La funzione crea l'organo. Certo, ci vorrà del tempo prima che le moltitudini impa– rino n. servirsi del loro diritto: poniamo che ci vo– gliano dieci anni; se date ad esse il Vl)to subito, voteranno bene fra dieci anni; se tardate cinque anni, voteranno bene fra quindici anni. - :?Ila il J•roblema non è questo: il problema è, se la cono– scenza dell'alfabeto crei fra, gli analfabeti e i - chiamiamoli così - dottori i11 utroque della secondrt elementare, un tale divario intellettuale e morale da farci ritenere che un analfubeta, poi solo fatto di essere analfabeta, ignorerebbe pii1 facilmente il va– lore del suo ,•oto che un licenziato della seconda elementare. 8 questo nessuno riescirà mai a dimostrarlo. Con le quali osservazioni rimane confutato auche il nichilismo quasi.. .. rivoluzionario del Bonomi, il quale scrive nella Critica Sociale: 11 Non possiamo credere che il rimedio prossimo e immediato dei nostri mali consista nell'ottenere il suf– fragio universale; non mostriamo di credere sul serio che l'Ingresso nel corpo elettoralE'- di tutti gli analfabeti d'Italia 11ossasanare questa inerzia dolorosa che è frutto della generale ignoranza; Il problema urgente da risol– vere non è tanto di quantità quanto di qualità; non si tratta di accrescere le forze rispettive dei partiti alimen– tandoli con nuove linfe - che sarebbero certo d1 qua– lità i11feriore alle attuali - ma di educare le forze, di cui possia mo attualmente disporre, in modo da poterle applico.re alle ~oluzionl dei grandi problemi tributar) ed econ omici. 11 Sarebbe come dire a proposito della riforma tri– hutaria propugnata dal Bonomi: " Non possiamo credere che il rimedio prossimo o immediato alla miseria italiana consista nella riforma tributarla del Bonomi i nou mostriamo di credere che l'abolizione del dazio consumo possa sanare questo di– sagio doloroso che è frutto d ell'arre trata struttura eco– nomica; il pr~blema u~gento n.on ò tanto di q·uant1tà 1 quanto di qualità; non s1 tratta eh las ciare qualche liretta di pi{, all'anno nelle scarselle dei cittadini, i quali, po– verottl1 non avendo fatto un corso di alti studì commer– ciali, non saprebbero spenderla bene; prima educhiamo ~I cgtr~o d~r~~ee~~:: ;;s:~~ 1 ~~1l:nonto i quattrini che hn, Con una pregiudizittle di questo genere si potrebbe combattere ogni riforma. Ma allora si 1>assanell'eser– cito rivoluzionario del colpo deeisi,•o, caro Bonomi. Una riforma non è mai la soluzione immediata com– pleta, del problema sociale: o mangiar quest; mi– nestra o buttarsi dalla finestra rivoluzionaria. Mettiamo, dunque, eia parte la, superstizione della seconda elementare. E riconosciamo che, nel discutere se convenga dare una maggiore o minore estensione al didtto di voto, non vi sono che due vie opposte. O partite dal principio che la politica si fa con le idee e con la cultura, e allora sopprimete il diritto elettorale, concentrando ogni sovranità. nelle mani di un re, a cui la infinita competenza venga da Dio· tutt'al più - in ,•ia dì transazione - concentrat~ la Aovrnnità in una piccQla minornnzn di privilegiati intellettuali, che non saranno certo i conoscitori delle sole ventiquattro lettere dell'alfabeto. O ammettete che la. politica è fatta clng-Finterossi, sotto In cui presisione i partiti politici formuhrno le loro idee; e 11llorn 1 siccome tutti gl'intcr<'ssi sono legittimi, dovete dMo il diritto di YOto n. tutto questo abbietto formi– caio di cretini che pullula sulh~ faccia della terra, dal– \1on. l)i Ruclinì alPultimo strnrcione analfabeta. Il far dipendere il diritto elettorale dal saper leggere e scri– vere, come vuole la le~ge itnliano, è un assurdo logico; ed è - peggio ancorn - una perfidia prat.ica, perchè è stu.ta la gherminella, con cui la gloriosa camorri· stica Sinistra storica chiuse la mano nell'atto che face,·a le viste di spalancarla. ~on per niente l'at– tualo legge elettorale è opcm cli quel Giuseppe Za– nardclli, che [vanoe J3onorni ha chiamato l'ultimo dei girondini, ma che sarebbe pii1 serio chiamare il primo dei commedianti. Naturalmente questo catafalco di ragioni si basa tutto sul postulato democratico, che tutti g'l'intcressi di tutte le classi sono legittimi. Quando, invece, si po– stulasse che gl'interessi delle classi colte o possi– denti debbono avere nella \'ita pubblica un peso 111ngg-ioredegl'interessi delle altre classi, il suffragio unh•crsale non anebbe ragione d'esistere. Ma. dal nuovo postulato UP8suno dedurrebbe mai lo \'entiquattro lettere dell'alfabeto come indice di ca– pacità: dedurrebbe, p. es. 1 la necessità che il diritto di voto coincidesse col possesso di una determinata somma di heni o di una laurea o di un altro simile piì1 o meno artificioso e ipotetico indice di cultura. J~ lu. lottu. fra i due postulati OjJposti, da cui si de– durrebbero sistemi tllettornli così opposti, non si fa– rebbe certo per via. dì disquisizioni astratte, perchò i postulati non si dimostra.110 con la logica, ma si accettano o si rcsping-ono per ragioni pratiche: la lotta non potrebbe essere conchiusa che dalla vio– lenza materiale (rivoluzione democratica o colpo di Stato reazionario), o da quella minaccia più o meno implicita di violenza materialo, che si suole indicare noi gergo democratico cogli umoristici eufemismi di agitazione popolare, pressione morale, ecc., ecc., o nel gergo conservatore con la solenne promessa di tutelare l'òrdine, difencltre lo basi della società, sal– vare Iµ. patria, ecc., ecr. 8d eccoci così giunti Al nòcciolo del problema. Perchò finora - sia det o fra noi - non abbiamo fatto che chiacchiere. 11 problema vero sta non nel sapere se il suffragio universale sia giusto o in– giusto, logico o illogico; sta nel sapere se il postulato, eia cui discende il suffragio unirnrsale, abbia oggi, iii lfal,a, la forza sufficiente per imporsi ai partiti po– litici e ai gruppi sociali che sono interessati a ere– clero nella ,•erità del po!\tuluto opposto e ne dedu– cono il suffragio ristretto. , Tutte le discussioni astratte servono solo fino a un certo punto: alla resa dei conti, un pugno, o la mi– naccia (più o meno implicita) di un pugno, è sempre in politica più persuasiYO di un ragionamento,a patto che si possa davvero assestarlo, o minacciarlo sul scrio. ( ragionamenti intorno alla giustizia e aJla logicità servono non tanto a convincere gli avversari, la immensa maggioranza dei quali ha mille buoni incrollabili motivi per non convincersi, quanto a convincere noi stessi e gli A.Itri, che sono del nostro pn.rore, ,lei diritto che abbiamo cli ùare il pugno o minacciarlo. \'celiamo, duuque, se sia. il caso di raccogliere, oggi, i11 Italia, tutte le fo1·zo democratiche per la conquista del suffragio universale. E di questo di– scorreremo nel primo fasoieolo dell1anno nuovo. R1mm,c SCRIPTOR. .Al prossimo numero: RERt111 RCRJPTOR: li Sllffrngio nnhersnle e le riforme,

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