Critica Sociale - XV - n. 22-23 - 16 nov.-1 dic. 1905

318 CRITICASOCIALE fossa. Io mi sono sforzato di capirU, o almeno di capire il processo che li ha. storicamente generati, guardando nd essi spassionatamente, e credo di aver mostrato che essi non potevano non essere come suno, e non esito anche a dichiarare che la fusione <li spiriti, l'nrmonia profonda tra Stato e nazione 1101popolo tcrlesco, è una condizione di coso, dal punto di vista del successo nella concorrenza indu– striale, superiore a quella dell'Inghilterra e degli Stati Uniti. L'infantilità politica tedesca sta nel fatto che il processo di formazione nazionale d'uno spirito tedesco non è ancora com1>iuto od egualmente distri• huito, e quindi permette - cd è bene che sia così - al Governo di compiere dall'alto la sua funzione cguagliatrice ed educatrice. Ma, a mano a mano che il livello della capacità - in tutte le sue direzioni - si eleva e si uguaglia in tutte le parti dell'fmpcl'0 1 e l'industrialismo abitua nWiniziativa inrlividuale e crea interessi sparsi in 1utto il mondo e quindi complessi, eterogenei, spesso disurmonici cd nrmonizzunti con quelli di nazioni magari tra di loro antagoniste cd antagoniste alla Oermania, l'opera direttiva del GoYerno diviene più difficile; ossa non può pii1 essere egualmente - o quasi - imparziale per tutti gli interessi nazionali, ccl è obbligata a sostenerne alcuni più che altri, ossia a perdere la propria autonomia o a confondersi con lo correnti molteplici della vita nazionale. È così che sorgerà la democrazh\ germanica e sarà una democrazia meravigliosa, la più grande forse tra le democmzie, se gli Stati Uniti non l'auanno pre• ceduta sulla stessa via, se l'fnghilterra non si sarà riorganizzata in tempo; la più grande, perchè sarà una democrazia socialistaj perchè il Governo dei tecnici, che ora, naturalmente, sene agli indirizzi politi ci del l(aiser, non sarà meno apprezzato e non sn.rà meno efficace organo di amministrazione scien· tifica , quando servirà alla volontà. nazionale, sia illn• minanclola, sia eseguendola; pcrchò la fusione di spiriti, l'armonia degli sforzi, il senso di dovere na– ;,ionale, sorto storicamente all'ombra della monarchia e sotto la ferrea disciplina militare, sarh un picde– stallo, un fondamento solido alla nazione divenuta pn.drona di sè, ed anche una difesa potente contro le forze dissolventi, derivanti, insieme con tanti beni, dalla libertà politica cd economica, dal Governo di Jlnrtito e di opinione pubblica e dalla eterogeneità degli interessi ; perchè ogni progresso porta con sè nuovi pericoli, domabili solo con progressi ulteriori nella stessa direzione. Yiste così le ragioni profondo e tratteggiato il campo di forze in cui si muove la Germania mo– derna, in un futuro articolo passeremo a Yedcre le hasi ped~gogiche della sua grandezza. ANGELO CRESPI. Ili alcuni sturu intorno alle l [[i su[li infortuni I responsi dei tribunali sono troppo spesso in antitesi coi nuovi principt che dominano la coscienza sociale dell'età nostra. E, se le parole con cui Augusto Comte designava I giuroconsulti della sua epoca, chiamandoli una classe éminemment métaphfa.ique, sonavnno ingiusta offesa contro uua vasta categoria di persone, fra lo qun.li, in allora, si andavano cliffo_ndendo i sani criteri di quella scuola storica cho - si voglia o no - fu la antesignana della scuola positiva; un rimprovero affatto OJlpostodeve farsi oggidì, ma questa volta ben a ra– giono, se non contro tutti i giureconsulti, contro quelli fra ossi che dovrebbero essere i pili vigili custodi ecl in•crpretl del diritto: i magistrati. J quali dànuo prova 1 in generale - lo luminose eccezioni non fanno che conrermnro la r~gola - di un gretto empirismo conser– ,,atore, di una grande deficienza di concetti direttivi, di un'ignornn1.a completa delle nuove correnti che agitano la Yita socialij o riescono a dilagare perfino nel ben di– feso territorio giuridico. I nostri magistrati, se pur conoscono il diritto romano dogmatico - ed nuche di ciò potrebbesi dubitare - mancano di quello spirito pratico, di quell'attitudine a seguire le aspirazioni della coscienza collettiva, che ru dote cosl eminente dei giureconsulti romani e che do• nebb'essere - quand'anche tutti i precetti di quel si– stema giuridico sembrassero ormai vieti - il più pre• zioso insegnamento cli metodo che noi dal diritto romano potremmo ricavare. Davanti ad ogni legge nuova, e specialmente ad ognuna di quelle che usa dire sociali, i magistrati si innlborano 1 e - più realisti del re - cercano· con milio cavilli, con sottigliezze, con storture, con sofismi, con erronee o per lo meno arbitrarie restrizioni, di svisare gli intenti della legge e di far argine a quei nuovi principi che cercano di farsi strada in alcune leggi spe– ciali, prima di imporre un completo rinnovamento del– l'intero sistema giuridico, e rappresentano, per chi li sappia comprendere, un momento inevitabile e progres• sivo della graduale dinamica del diritto. J~ OJ>Ora saggia e lodevole opporsi, con sagaci critiche della giurisprudenza e con ponderati commenti e dilu– cidazioni dei critert che informano le nuove leggi, a codesta tendenza illiberale della. magistratura, che tenta - torite più per inconscia abitudine mentale che non per meditato spirito di reazione - di render vani anche quei pochi buoni principi, che ci sono nelle-leggi strap– pato dalla matura coscienza popolare alle classi domi– nanti. ... Un e11emplodelle opposizioni, che incontrano nella sonnolenta coscienza giuridica dei magistrati i nuovi concetti che informano la legislazione, si ba nella giu– risprudenza relativa alla nostra legge sugli infortunt. Della quale si ra la più strampalata e storta esegeei 1 pur di sollevare gli industria!i dagli obblighi ch'essa loro impone e pur di evitnro quel nuovo principio di responsabilità obbiettiva, che sembra esserne il cardine ed ò rorso destinato in avvenire a diventare il perno di tutto un nuovo sisternn giuridico. :Meritano dunque un caldo elogio gli acuti stndi e le argute noto di giurisprudenza, pubblicate dall'anocato Caroelutti di Yonezia. nella dottissima e moderna Rivista di diritto commerciale dei professori Vivante e Sraffa e nella Rivista sugli i11fort1mi del lai:oro del pror. E. Se– rafini, che riaffermano, contro le sofistiche interpreta– zioni della magistratura, i saggi concetti inspiratori della leggo. Se non fossero cosl tristi le conseguenze che ne sono derivate, si direbbe un'amoe11itas ju1·fs quella decisione, con cui la Corte d'Appello di Genova, ad un operaio che non ci vedeva se non da un occhio e poi fu acce– cato in seguito nd un infortunio, determinava 11inden– niti~ in misura dolio. perdita di un occhio solo, e non della incapacità totale derivante dalla completa cecità 1 E(l ha ben ragione l'an. Carnelutti di protestare contro questa enormò sentenza e di sostenere che, " quando l'infortunio con-;iste in lesioni, le quali di per sò pro– durrebbero un dato grado di invalidità, ma, congiunte ad altre lesioni ))reesistenti 1 dànno luogo a una incapa• citò. di grado maggiore, la indennità da liquidarsi è

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