Critica Sociale - Anno XV - n. 20 - 16 ottobre 1905

318 CRITICASOCIALE merciale, intellettuale, rurale, aveva, già mo1to prima della Rivoluzione, contrapposto alla vecchia proprietà feudale ed ecclesiastica - quasi esclusivamente fon– diaria, inalienabile, indivisibile, appartenente in co– mune al gruppo parentale o all'ente collettivo reli– gioso, soggetta al maggforasco o al vincolo di mano– morta - la proprietà capitalistica, mohilc, commercia– bile, sequestrnbile, divisibile, apertH alle donne come agli uomini; si era impadrcmita di huona parte delle terre, imprc~nando nnch'esse di investimenti capita– listici e sforzandosi di smobilizzarle con la lenta erosione dei dritti feudali; a regolare i rapporti na– scenti dRgli usi della nuova proprietà, aveva assunte le norme cli quel diritto romano, il quale, per essere stato creato in un tempo in cui la proprietà. aveva appunto quei caratteri di completa mobilità scom– parsi nel medio evo e tendenti a riappal'ire nella società moderna, era fatto a posta per servire di perfetto modello alle concezioni g-iuridiche della bor– ghesia; aveva offerto ai Re i punti d'appoggio e il personale per costruire quell'accentramento ammi– nistrativo, sotto il cui peso il feudalismo J~ico ed ecclesiastico aveva piegato il collo. Solamente, i primi vasti abbozzi della proprietà moderna erano, avanti la Rivoluzione, come avvilup- 1,ati e strozzati dalle proprietà feudali; le norme giuridiche, <iolle cui sanzioni la proprietà capitali– stica aveva biso:rno per prosperare, non avevano ca– rattere di generalità e si spuntavano contro le pro– prietà rette dal diritto feudale; l'uniformità dell'ac– centramento era ostruita ovunque dai ruderi della primitiva amministrazione feudale; per lo Stato - rottosi con Luigi XVI il contatto fra borghesia e monarchia. - la proprietà per eccellenza, la sola proprietà che lo interessasse e cli cui sentisse il do– vere di tutelare la conservazione e lo sviluppo, era la proprietà feudale. 1 rivoluzionari, annullando tutte le leggi dell'an– tico regime, liberarono il mondo moderno dall'invo– lucro medievale che lo avvolg-e,•a; trasferirono alla borghesia la proprietìL fondiaria ecclesiastica e corporativa, e, col pretesto dell'emigrazione, buona parte di quella della nobiltà; estesero, con l'aboli– zione del diritto di primogenitura e della manomorta, le regole romane della proprietà borghese a tutte le proprietà di tutte le classi; divisero la Francia in circoscrizioni amministrative uniformi e omogenee; cercarono di organizzare il potere politico in forma rappresentativa, in modo che lo Stato fosse come il Consiglio d'amministrazione della nuova classe do– minante. I rivoluzionari, insomma, come non distrus– sero essi il mondo economico feuùale, ma ne annul– larono i sopravviventi apparati conservatori giuridici e politici, così non crearono essi il mondo economico moderno, che preesisteva ad essi nelle sue assise fon– damentali, ma ne generalizzarono le norme giuri– diche e si studiarono di crearne gli organi politici di tutela. Ora, se, sul terreno del diritto privato, i giuristi, che riempivano la Costituente e la Legislativa, si trovavano ben piazzati per fare opera duratura, ben di verse erano le loro condizioni quando si avventu– ravano a trattare di argomenti di diritto pubblico. Nel primo caso essi non ave\'ano nulla da inventare, ma tutto da scegliere, chiarire, organizzare, nel vec– chio caos legislativo, con la guida del diritto romano; ed erano ottimamente preparati all'impresa dalla loro esperienza. professionale: perciò trattarono i problemi rig-uarclanti l'assetto della proprietà con mirabile lucidità e sicurezza d'iniz.iativa, e, sebbene, per la ristrettezza d€'.I tempo e per la molteplicità delle materie) non abbiano potuto finire nei minuti particolari la loro opera, pure all'aprirsi della Con– venzione i principì fondamentali del nuovo diritto erano affermati, e questi rispondevano così bene ai bisogni del nuovo regime, che tutt11, la legislazione civile del secolo XIX li ha. presi per base. Fra i pro– blemi, inver:e, riferentisi all'assetto politico-ammini– strativo da dare allo Stato, quando si escluda la ri♦ forma della legislazione penale, che era anch'essa facilitata dalla dottrina e dalla pratica giul'idiea dei deputati - e il codice e la procedura penale sono una delle glorie più indiscusse della prima Assemblea rivolu1,ionaria - tutte le altre inno– vazioni da. introdursi nel diritto amministrativo e costituzionale si presentavano avvolte da. formida– bili dubbiezze e difficoltà. Qui i deputati non ave– vano al loro servizio nulla di quella preparazione pratica che solo l'esercizio può dare. L'unica risorsa, su cui potessero contare, erano i suggerimenti con– tenuti negli scritti dei filosofi e dei fisiocratici; e questi 1 essendo la sintesi di critiche e di speranze prerivoluzionarie, a cui nessuna esperiellza aveva dato limiti e disciplina 1 se in alcuni casi riuscirono di utile guida, in molti funzionarono piuttosto come diaframmi che s'insinua,,ano fra le assemblee e la re::lltà, intorbidando e deformando la visione di questa. Se tutti i deputati avessero avuto il genio vigile e pratico di Mirabeau, o almeno il meravi– glioso equilibrato buon senso di Danton, si sareb– bero molto meglio sottratti alle rifrazioni teoriche i e, messi a contesa con le rudi esigenze delle cose, avrebbero forse fin da principio creata una impal– catura amministrativa e politica più esattamente proJ)orzionata alle effettive tendenze e ai bisogni reali della società. Erano, invece, uomini non supe– riori alla media, quaJi più, quali meno suggestionati dai miraggi dottrinari; e informarono la loro con– dotta, secondo le circostanze, ora alle imposizioni dei fatti, ora ai consigli dei sistemi i e, in questo secondo caso, a Yolte imbroccarono bene, più spesso sbagliarono la via. I pensatori del secolo xvrn avevano sempre oscil– lato fra il dogma della sovranità nazionale e la in• vocazione del dispotismo illuminato, distribuendo le loro simpatie fra l'ideale, fantastico anzi che no, delle repubbliche antiche e quello non meno con– venzionale di Carlomagno e di Enrico IV; e carat• teristicn è la contraddizione della teoria fisiocratica, la quale afferma la necessità di ricostituire le auto– nomie locali, e nello stesso tempo preferisce come pili 21datto strumento di riforme l'assolutismo fran– cese al costituzionalismo inglese. Nè poteva essere altrimenti, dato da una parte il lungo disuso dalla vita pubblica e le secolari abitudini amministrative create dall'accentramento assolutista, le quali ingi– gantivano negli animi l'idea della potenza dello Stato; e dati dall'altra parte i danni prodotti dal cattivo funzionamento dello Stato medesimo, i quali sospingevano le menti a ricercare il rimedio nellJt. autarchia e nella libertà. La insipienza di Luigi XVI e la incapacità della burocrazia a staccar.si dai fo.ntasmi del passato dis♦ ereditarono definitivamente ogni programma di di– spotismo illuminato; e i deputati dovettero costruire il nuovo regime politico sulla base della sovranità nazionale. Perciò non difesero contro gli assalti delle moltitudini il vecchio accentramento, che pur era stato una volta il più forte mezzo di livellamento antifeudale, e doveva. in seguito ritornare ad essere la forma della nuova amministrazione; tennero mano alla demolizione del potere regio; trasformarono lo Stato in una federazione di repubbliche autonome, raggruppandole solo in dipartimenti uniformi - e questa uniformità rimase per sempre intatta - ma negando ogni efficace potere agli amministratori di– partimentali; fecero della elezione, dapprima a suf– fragio assai largo, poi a suffragio uni versale, la fonte di ogni autorità; foggiarono finanche la costi– tuzione ecclesiastica sul principio della sovranità

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