Critica Sociale - XV - n. 14-15 - 16 lug.-1 ago. 1905
236 CRITICASOCIALE cola proprietà, forme indubbiamente conservatrici e che certo non contribuiscono alla evoluzione ed elevazione progressiva così della tecnica operaia come de1la mentalità contadina. B l'ideale, che essi perseguono, della pace sociale tra proprietari della terra e coloni, ci sembra vo– gliano rAggiungerlo troppo spesso a danno dei coloni quando leggiamo che " la conconcnza e lo spirito egoistico dei padroni devolvettero in qualche caso in esclusivo vantaggio proprio tutto il miglioramento economico realizzabile dall 1 aJfitto collettivo,, (p. 139) e che i cattolici si occupavano cli poter mettere a disposizione dei " buoni industriali ,, milanesi la mano d'opern eccedente in campagna per una re– tribuzione minore. Ciò accade anche ora nelle cam– pRgne milanesi; i giovani della famiglia colonica alle dipendenze doll1industriale vanno nella fabbrica del medesimo per un salario inferiore. Il giorno in cui domandassero di pili, e si permettessero ad esempio di far sciopero, verrebbero non solo licen– ziati, ma con loro lo sarebbe l'intera famiglia. dal fondo. Sostituite all'ilHlustriale proprietario del fondo il prevosto nel Consiglio d'amministrazione della Societìt civile, e lo stesso fatto potrìt ripetersi in mi– sura maggiore o mino.re ) e si risoh'erebbc in una limitazione della liherth economica di quella parte della famiglia che lavora nella fabbrica. E ancora: se la pace sociale intendono portare i cattolici tra proprietari e coloni, non sembra la fa. vori.scano del pari tra lavoratori e lavoratori, quando ,•ediamo le famiglie cli Cttlvenzano divise da odi in• terni fomentati dai cattolici perchè una parte di essi lavorano nella Cooperativa socialista. Rimane Ja parte cooperativa attorno all'azienda: acquisto lli strumenti e semi, vendita in comune dei prodotti che, praticata specialmente nt:lle Cooperative fondate da don Sturzo in Sicilia, contribuisce indub– biamente a rinnovare metodi e concezioni nelle nostre campagne. Per questo e per il vantaggio primo della soppressione del fittabile, le affittanze collettive dei cattolici sono un fatto socialmente non trascurabile e non oppugnabile come tale, in quanto a lungo a,ndare qualche vantaggio sullo stato precedente di cose lo portano, e in quant..o, per via, gli inconvenienti lamentati possono, per l'intervenire cli altre cause, attenuarsi e sparire, così come ò so– cialmente ,•antaggiosa ogni energia che esse spen– dono per organizzare i lavoratori, sia pure per farne dei krumiri, in quanto sviluppano in essi lo spirito di socialità. e solidarietà, limitata al gruppo, ma gii\ superiore allo spirito individualista dei singoli, e preparano il vaso nel qualo i lavoratori stessi non tarderanno a comprendere di dover mettere,· a loro proprio vantaggio, un altro contenuto. J,e affittanze assunte da Cooperative animate da spirito socialista raggiungono effettivamente non solo gli scopi di eopprimere Paffittuario e di svilup• pare il senso di cooperazione, ma anche quelli di attenuare la disoccupazione, di contribuire a man– tenere eleYate le tariffe ottenute dalle Leghe colla resistenza, di educare i lavoratori all'opera collettiva, temperando l'egoismo individualista, s,•iluppando fortemente lo spirito di solidarietà. e la coscienza del valore dell'opera collettiva e della capacità della classe ht.\'oratrice a condurre e coltivarn la terra senza bisogno della tutela· del padrone e ciel fìt– tabile, ma col solo sussidio di organi tecnici. I quali sono i soli organi sussidiari della Cooperativa co– stituita come tale, puramente e semplicemente, tra i lavoratori, senza intermediari e senza padroni, li· bera quindi nelPazìone propria e dei singoli, eosl economica. come politica, da qualunque soggezione come da qualunque gratitudine. I fatti citati dimostrano l'entusiasmo operoso che vi è nelle Cooperative uscite dalle Leghe, la maggior copia di lavoro che in esse si compie ed è disponi– bile pel' un maggior numero di bi-accia, il vivace spirito di solidarietà. e di sacrificio che affratella tutti i lavoratori in esse occupati, e sfatano il preconcetto dei cattolici, e dei conservatori j n genere che " la (li visione del lavoro non possa farsi senza inconve • nienti 11 e che "queste Cooperative agricole ne richia• mino quelle associazioni utopistiche che, tentate da visionarì, come Cabet, Owen, ecc., anche prestamente fallirono ". (ì\Iolteni, op. cit., pag. 127). Se il tentativo di Cittadella fu più una anticipa· zione teoretica che non un portato della realtà ma– tura, gli esperimenti di Reggio Emilia, usciti dalla necessità di provvedere a un malanno così grave come la.disoccupa.zione, provano che, in certa misura ed entro certi limiti, la Cooperativa ag-raria col la– voro in comune è possibile e profittevole. Le affit– tanze compiute con questi criteri modificano non soJo i rapporti giuridici del contratto d'affitto, elimi– nando un intermediario, ma danno tutta una orien– tnzione nuova alla economia agraria, e un contenuto sociale nuovo alla psicologia stessa dei contadini. Certo, non tutti i terreni, non tutte le colture si prestano a un lavoro collettivo come abbiam visto a Calvenzano e in Sicilia, ma, dove è possibile, ciò si fa, e, dove non lo è, si dà un largo sviluppo al– l'azione collettiva nel contratto di assunzione dei terreni, nell'acquisto cli generi di consumo, stru• menti, concimi, macchine, nella 'Vendita dei prodotti, nelle assicurazioni. Con le affittanze collettive si viene formando e fortificando quella capacità della classe lavoratrice alla gestione economica della società, che è oggi aprioristicamente e assolutamente dichiarata impos– sibile dai conservatori, e affermata e pretesa come matura, oggi, dai rivoluzionarì, ma che di fatto ò soltanto in via di formazione. Gli esempi rhe abbiamo addotti meritano quindi di essere seguiti e moltiplicati, non soltanto però per spirito di imitazione, o per amore dei principi teorici, ma quando vi siano già certe condizioni <li fatto che ne consentall'o l'attuazione: come una pre· parazione mentale alla cooperazione, ottenuta con molta. propaganda; un bisogno da soddisfare (trovare lavoro ai disoccupati) i una organizzazione che con– tenga elementi sani e solidi. Altrimenti ricadremo nel– l'errore della epidemia delle Leghe contadine, rapide nel costituirsi come nello sfasciarsi, con strascichi di delusioni e di sconforti. Frattanto, pur procedendo con metodi diversi, SO· eia.listi e cattolici democristiani possono trovarsi d'accordo in una azione comune; ottenere per leggo maggiori facilitazioni nelle aste, per le Cooperative che vogliano assumere teneni dalle Opere I)ie, in confronto ai fittabili singoli; organizzare uno o pilr fstituti di credito che garantiscano le Cooperative chtYanti ai proprietari per le.anticipazioni e i canoni annuali. La Lega nazionale delle Cooperative ha già. for. muhito un disegno di legge che permetterebbe allo Stato, alle Provincie, ai Comuni, alle Opere Pie di concedere i loro beni rustici, a parità cli condizioni, alle Cooperative di coltivatori anzichò a non colti– vatori od a capitalisti imprenditori, e di trattare di· rettamente con esse quando diano garanzie suffi– cienti, ecc., e i deputati amici della cooperazione si sono incaricati di portarlo davanti al Parlamento. Certo che, se i beni degli Enti suindicati potes• sero essere affidati alle Cooperative, gli esperimenti si farebbero già su larghissima scala ed i beni, le cui rendite sono destinati ai poveri o alla colletti– vità, oltrechè rendere di più, renderebbero un du• plico servizio a favore della classe lavoratrice. Come, se fosse possibile istituire quella Banca regionale della coopernzione, sul tipo delPistituto che vi è
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