Critica Sociale - Anno XV - n. 10 - 16 maggio 1905
150 CRITICASOCIALE Jl riconoscimento abba'tlanza sicuro e leale della libertà di aqsociazione e di coalizioue è più recente di quanto molti non credano. In ftalia i Governi hanno fa.ilo a meno cli ricorrere, in questa materia, a discipline legi– slative: si sono regolati a seconda della resist.enza più o mono compatta e tenace che gli intere~sati sapevano opporre, Regnava - auguriamoci che non sia più il ca$o di usare il verbo ai presente - l'arbitrio più op– portunista. Si parla tanto spesso dell'Inghilterra e della }'rancia. Ma in Inghilterra, fino al 1871, una giurispru– denza quasi costante considerava come illecite le asso• ciazioni operaie e accusava gli a.Qsociati ,del reato di cospirazione (co11spiracy), e la stes~a legge del 1875, che ha chiarito le cose, non detì\1is~e con sicurezza dove finisco l'atteggiamento lecito degli unionisti di fronte ni non unionisti e apre J'nJito alla rovinosa responsa– bilità civile delle Unioni. ro Francia le associazioni professionali sono state rigorosamente proibite sino alla legge sui Sindacati del 1881, o questa legge imponeva loro notevoli condizioni reslrittive. :Ma è d'uopo rico– noscere che i conservatori si vanno ormai persuadendo dell'ineluttabilità della tendenza ad associarsi, e se ne vanno persuadendo anche per una ragione tutta sog– gettiva o utilitaria: che, quando le coalizioni sono proi– bite, la legge apparisce agli operai come la vera e sola. causa dei bassi salari e lo spirito di rivolta politica ne resta aspramente acuito. Lo Stuart Mill aveva osservato ciò tanti e tanti anni addietro! Ma, pElr rispetto all'atteggiamonto del nostro partito di fronte alle associazioni, non è dav,•ero il caso di ri• potere il proverbio del far buon viso a cattivo giuoco. È chiaro. JI partito radicale non subisce, ma favorisce lo organizzazioni, per il principio politico generale che le suscita e che pienamente gli conviene. Nel fondo della democrazia, nell'intimo dello spirito suo c'è questo concetto, che ogoi classe, ogni categoria di cittadini deve per forza propria ottenere dalle altre classi e ca– tegorio o dallo Stato, il quale ò di tntte il rappreson– tanto, il riconoscimento, la Mddi8faziono dei propri interessi, dei proprì diritti. lt il concetto che si contrap• pone diametralmente a tutto le sval'iatc forme di pa– tronato e di tutela, che hanno caratterizzato la vita sociale e politica del passato o che ancora. resistono tenaci, più di quanto forse c'illudiamo non sia, nella secolare, dura cervice dei partiti conservatori. Ora, per l'appunto 1 le organizzazioni operaie rappresentano l'unico mezzo per introdurre nel meccanismo delle forze sociali la novella energia del lavoro, Punico mezzo affinchè la ripartizione del reddito sociale o la tutela politica siano meno discordi dalla realt:\ delle funzioni produttivo esercitate dai rappresentanti dello varie forme di ric– chezza1 cioè a dire dalle varie classi sociali. L'utilità poi delle associazioni operaie e del fine eco• nomico o politico da esc;e proseguito collima coll'ideale del radicalismo per altre e~senziali ragioui. Basten\ accennare a queste: che l'a~sociazionismo imprime di– r,;ciplina e direzione alle aspirazioui ineluttabili delle classi operaie, evitando iu più modi dispersioni di energie o di ricchezzaj che eleva e rinvigorisce fisio– logicamente e moralmente l'elemento lavoro e rende così pili produttivi i complessi economici in cui l'agente umano è sempre parte co:;;picua; che rafforza e migliora tutta insieme la collettività sociale, tendendo a ::icemaro le differenze più profonde e pericolose fra classe e classe e a<,seconda nella maniera forse più diretta e effi– cace l'au'!picato avvento di una condizione di cose nella quale l'equilibrio fra il costo e il rendimento, fra i bisogni e i beni disponibili, sia meno contrastato e oscillanto che non al presente. Dopo però di avere tutto questo, toto corde, ricono– sciuto, il partito radicale ha il còmpito, a mio parere, di spiegare un'azione particolare, un azione selell1·ice in seno al nostro movimento oporaio. Jl metodo dell'azione diretta del siudacalismo, come è sostenuto dai nostri rivoluzionari (cosi si chiamano generalmente), non può trovare in alcun modo favore presso il nostro partito. Esso è un·azione violentemente ed egoisticamente unilaterale e, appunto per codesto suo spirito esclusivo, ò naturalmente antiparlamentare. Il sistema parlamentare infatti e, fra l'altro 1una specie di compromesso fra i rappresentanti degli interessi e delle idee che dividono il campo sociale. L'azione diretta sfugge il Parlamento perchè vuol ten– tare, in fondo, una intimidazione e una sopraffazione. Ne consegue o, meglio, ne conseguirà che tutti gli elementi, che non vogliono subire lesione o vio,enze nella loro e~i· Rtenza economica e morale 1 saranno costretti a spiega.re pure essi un'azione diretta contro la frazione avversaria. Ciò porterebbe ad una specie di guerra civile. I ri• voluzionari, che que~to non vedono, cadono ne!Pillu– sione di certi gradassi, che minacciano bastonate a. destra e a sinistra, come se essi soltanto avessero il pugno fermo. Le energie, cho in realtà potrebbero op– porsi alle minoranze sindacali, sono ancora grandissime e saldamente radicate in seno alla società attuale, sopra tutto in un paese arretrato, come il nostro, dove i più re– centi strati sociali non hanno peranco ricoperto le vecchie e indurite stratificazioni medioevali, affioranti qua o là. A,,veni menti di ieri stanno ad ammaestrarci. Lo scio– pero generale del settembre 190-J non solo ha provocato quella reazione conservatrice che ha quasi condotto ad un arresto del movimento socialista, ma ha suscitato, nello città più civili d 1 .ltalia 1 l'opposizione diretta e personale di grnppi ciltaclini che si accingevano a scendere in piazza per respingere la forza con la forza. NelJ!ultimo sciopero ferroviario 1 diretto appunto per la massima parte ad esercitare una pressione sul Parla– mento, l'opinione pubblica tutta quanta era talmente eccitata contro i ferrovieri e contro quei quattro o cinque rivoluzionari che pretendevano guidarli alla vittorin, che il Governo avrebbe potuto forse impune– mente tentare anche violente o dolorose rappresaglie. Sempre per i medesimi fondamentali principi di li• bertà e di equilibrio sociale, il nostro Partito non può essere favorevole neppure agli eccessi in cui cadono o tendono a cadere i Sinclacnti nello stesse lotte più strettamente economiche 1 che si svolgono all'infuori della grnnde lotta politica diretta. In Italia, a dire il vero, gli eccessi di cui parliamo nou sono frequenti, come invece sono e sono stati frequenti in Francia e sopra tutto in Inghilterra, dove gli operai sindacati, tanto fortemente costituiti, hanno mirato e mirano spesso ad escludere dal lavoro i non sindacati e a boicottare lo imprese che impieghino questi ultimi. Cosi pure, da noi, poco ancora udiamo parlare di quella che chiamasi la sovranità dei Sit?dacati, nonostante i tentativi non rari che fanno specialmente le Camere di lavoro e qual– che Lega rurale e qualche Federazione di mestiere di intervenire, col tono di chi inteudn regolare tutto ciò che gi riterisce ai contratti, alle condizioni di lavoro,ecc., delle varie categorie di operai. È troppo numerosa e troppo indisciplinata, nel nostro paese, massime in certi ambienti agricoli a lavoro libero e avventizio e in dati centri manifatturieri, la turba degli operai disoc-
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