Critica Sociale - Anno XV - n. 7 - 1 aprile 1905

CRITICA SOCIA.LE 10:l gli organismi nuovi - comi?sono appunto le Bihlio– techc popolal'i in Italia - non possono in gran parto far tesoro se non della. pro1)1'iacspcriemm; 110n sempre e non totalmente potendosi uniformare all'esempio che di istituzioni simili offre l'estero, dove le diffe. renti condizioni d'ambiente determinano in loro fa– vore ben altri clementi di vita e di sviluppo. Oltre a render conto dei rcsultati positivi già ot– tenuti, e trarne lume cli condotta per il miglior av– venire delle Biblioteche, questo scritto è offerto al popolo, perchè impari da esso a conoscere in ogni sua parte e ad apprezzare questo nuovo e modernis– simo strumento della sua elevazione intellettuale e morale 1 senza di cui vana tornerà ogni speranza e inutile ogni sforzo di migliorare le condizioni della sua vita materiale; e si dirige anche a gli Enti puhhlici e privati, e a tutti i cittadini benemeriti che per dovere o por illuminata ~lezione curano il per– fezionamento degli istituti educativi ed hunno a cuore il progresso reale della loro città. Si rivolge ad essi pcrchè, considerati i benefici che lo Biblioteche po– polari arrecano alla culturn. ciel popolo, e i maggiori che le arrecheranno in avvenire, secondino 11imman– cabilc svilu1>po di esse, affinchè un giorno ogni quartiere di MilRno abbia la sua Biblioteca pubblica o gratuita, come Parigi Pha già in 79 de' suoi O quartieri, e l'avrà domani anche in quest'ultimo, secondo annunciano i giornali 1 che eso1·tnno la )[u– nicipalità a fare l'estremo sforzo per compiere il coronamento dell'opera qua8i trentennale. I. Utilità delle Biblioteche popolari. L'utilitit delle Biblioteche popolari, intese come il mezzo più efficace, immedinto ed economico cli pl'O· pagare su vasta scala l'uso delle buone letture, non è contestata da alcuno 1 e tanto meno può esserlo in Italia, do,•e una vera e propria scuola popolare, atta ad apprendere nozioni che bastino alla vita e un I)tincipio almeno di coltura professionale 1 fino nel oggi non esisto. Nè si può credere che a tale ufficio rispondano le grandi Biblioteche nazionali, esistenti nei maggiori centri cli cultura e di studio, già che - per quanto necessarissime anch'esse - assai diverso è il loro còmpito, e questa diversità., è tanto eviclente 1 che mi dispensa dal dimostrarla. 1~ certo, infine, che il po– polo non fie ne giova e non può trarre da esse alcun vantaggio diretto. Se l'idea delle Biblioteche popolari non è nuova in Italia, in fatto esse cominciano ad esistere ora solamente, in ,,irtù cli questo primo tcntati"o mila– nese. Qua e coli\ per impul~o isolatq di filantropi illuminati, che poi venne meno nella generale indif– ferenza del pubblico, alcuna di queste così dette Biblioteche popolari sorse da tempo anche fra noi: ma non erano che ammassi inesplorati ed amorfi cli materia morta, formatisi n poco a poco - come le stratificazioni delle rocce - coi detriti d'antiche J3iblioteche private, che si accumulavano con gli nnni, senz'orclinc e senza scopo, preda. della polvere, elci tarli, clell1umiclità 1 in locali inadatti e senza luce; vere tombe di libri, come argutamente le chiama uno scrittore. E in questa farragine non uno stru– mento qualsiasi di ricerca, un catalogo benchè sem– plice e sommario, un elenco indicativo por sapere anche approssimatin1mento dove metter le mani o dove batter la testa. fl pubblico - come poteva esser diversamente? - in breve se ne stancò, e le Biblioteche caclclero tanto in giì1 nel silenzio e nell'oblio, fino a morirne i11 gran parte, ed alcuna che ne sopravvisse - come Ja vecchia Biblioteca popolare di Milano - non riuscendo nel attrarre simpatie ed aiuti intorno n. sù, si ridusse a tirnre avanti 1:1tentatamente, morcè qualche mendicata oblazione, imponC'nclo tasse annue a uno scarso numero di soci o non concedendo di rf'gola il prestito dei libri se non contro il pagamento di un soldo 1)01' volume. 'l'ali furono, in generalo, le Biblioteche popolari italiane, prima che il Consorzio ne istituisse in i\li– lano di veramente degne cli questo nome. Che cosa esse siano, come funzionino e in che differiscano dalle precedenti, si vedrà quando verremo a parlare della loro organizzazione e dei loro risultati. R.iprendcnclo a svolgere il concetto della loro uti– lità - che tanto bene e con tanta copia di fatti fu già dimostrata in una monografia dei professori A. Osimo e li'. Pagliari, pubblicata sull'argomento delle Biblioteche popolari all'estero, per trarne, ap– punto, insegnamento sul miglioro assetto da darsi alle istituendo Biblioteche milanesi - basterà che cli quel lavoro io riferisca in breve le conclusioni relative a questa parte del tema. . .. Quasi tutti Coloro, che propugnano l'ostensione o il perfezionamento della Scuola popolare e de' suoi Tstituti complementari, no esprimono il bisogno ba– sandolo su ragioni morali; ben pochi invece si fer– mano a considerarne le ragioni economiche. "F~ppure molta parte della miserhL che affligge e degrada la socie~à nasce dall'ignoranza dei poveri sulle cause che realmente decidono della loro con– dizione. Ma, anche a non voler attribuire so,,crchia importanza ad un'affermazione d'indole così generale, lo stesso diffondersi della grande industria, a baso d'introduzione di macchine, determina il bisogno di un 1 istruzione superiore a quella elementare, perchè non è afftltto vero che la macchina perfc;,;ionata so• stituisce l'intelligenza degli organi inferiori dell'in• clustria, ma è bensì vero il contrario, cioè che il re– gime automatico rende il lavoro dell'operaio sempre meno fisico e sempre pili intellettuale. I muscoli lavorano sempre meno, ma il cervello ed i nervi si affaticano sempre più. La condizione necessaria 1 per quanto da noi trascurata, d'ogni progresso industrialo, sta appunto in ciò: che per l'esecuzione si possa di– sporre di organi intelligenti, dai capi fìno al più mo- desto operaio. _ Le esigenze della sicurezza personale nel lavoro; la percezione rapida di ogni movimento e di ogni particolare nel processo meccanico dell'esecuzione; la continuità e fissità della vigilanza, che non soffre nè allentamento, nè distrazione; son tutte condizioni le quali richiedono nell'operaio, che deve sottoporvbsi, qualità d'intelligenza e di studio, come destrezza 1 costanza, inlnizionc. Il regime automatico, insomma, richiede un più esiguo rendimento cli energia ope– rativa umana, ma lo vuole più costnnte e più eletto. E non solo per la qualità del lavoro, ma anche per la quantità. È enorme la differenza che passa tra la produzione di un minatore del Caucaso, e di un minatore teclesco 1 inglese o belga. L'operaio inglese, per la sua cultura superiore, può servire simulta– neamente molte più macchine dì quel che non sappia fare il russo, cd è noto, anzi, come l'industria russa del cotone non può lavorare con le grandi macchine perfezionate che si usano generalmente in Inghil– t.erra, perchè non sarebbe possibile agli operai russi vigilarle e servirle, anche aumentando il numero di essi. Fra i tanti vantaggi che arreca all'industria e alla produzione la cultura dell'operaio, v'è anche una maggioM intensità di lavoro che questi può dare, senza un maggior dispendio d'energia; ciò che si– gnifica minor costo della forza di lavoro, e quindi della spesa totale di produzione; v'è risparmio no·

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