Critica Sociale - Anno XV - n. 4 - 16 febbraio 1905
CRITICA SOCIALE 55 l'equilibrio fra la produzione e il consumo mondiale nou riguarda la nostrn tesi, che tende ad accertare materialisticamente i dati della realtà e la direzione in cui operano le forze effettive della medesimn. La critica socialistica considera, sì, quel modo di produzione come anarchico, gra,•ido di inconvenienti e di crisi j ma lo riconnette a una fase del si:,tema capitalistico, e pensa che questa fttse non possa ma– turarsi con una specie di procedimento extra-uteriuo, come sarebbe con l'assistenza clell'[stituto agricolo internazionale, ma. compiendo la sua normale evo– luzione. Pcrchè ci pare assolutamente al di là di ogni previsione e di ogni speranza che gli antago– nismi nazionali, i quali si alimentano du. condizioni di fatto che non possono cambiare da un anno al– Paltro, e che si sono ,late e si danno sotto i nostri occhi battaglie così vivaci, abbiano agevolmente a di· sarmare. E disarmare donebbero, ove si volesse rag· giungere sul serio, anche soltanto approssimativa• mente, uno degli ideali principali della nuova isti• tuzione. Quel che è certo, invece, ora è che il protezioni– smo agrario si è fatto più aurtace, piì.l forte e più imperioso. La lotta sui mercati internazionali si fa più difficile: e in questa lotta vince chi è uazional• mente più forte, chi cioè riesce a produrre al minor costo, a trasportare al minor costo, chi fa gli im– ballaggi migliori e piìl economici, chi dispone di mezzi di trasporto adatti alle varie qualità delle merci (naviga.zione marittima e interna, ferrovie ra• pide, carri refrigeranti, ecc). Tutti problemi di com– petenza e di soluzione nazionale, dipendenti a loro volta dall'abbondanza dei capitali, dttlla tenuità del credito e dell'imposta, che sono i primi fattori indi· spensabili all'applicazione dei sistemi culturali più perfetti e più produttivi. A queste condizioni può essere possibile la lotta sui mercati intemazionali. Pur ammettendo che ogni barriera fra le nazioni fosse tolta, Ja nostra pMtita nella gara internazionale sarebbe sempre incerta, se non avessimo prima adeguatamente risolto tutti quei problemi interni. Nel mercato mondiale sono entrati cla qualche tempo in lizza i paesi piìt giovani; ed è notorici come gli Stati Uniti penetrino vittoriosa– mente con le loro derrate nei più lontani centri, mediante l'organizzazione felice delle condizioni su accennate. L'arrivo dei "burri coloniali,,, ad esempio, sul mercato di Londra. ha danneggiato assai la Nor– mandia, che vi occupava per l'addietro il primissimo posto: la concorrenza è fatta non sulle qualità. ma sui prezzi, i quali sono discesi da 4 1 50 o 5 lire il chilo a 3,50. Nelle stesse colonie francesi si fa sen– tire da qualche tempo la concorrenza dei burri del– l'Australia e della nuova Zelanda. Dall'Argentina e dalPUrugua.y è stata del pari iniziata verso l'Inghil– terra una importantissima esportazione di burri, grazie a un sistema di camere refrigeranti installate nei piroscafi delle linee postali rapide. Non mi sem· brerebbe facile ora, senza il sussidio di mezzi coer· citivi, regolare la produzione sul consumo, asse– gnando preventivamente ad ogni nazione il quanti– tativo di ciò che deve produrre, come si fa già tra le imprese che costituiscono i tntsts industriali. Ogni paese d'Europa, o direttamente, o indirettamente nelle proprie colonie, tende a produrre del cotone per sottrarre il mercato dal monopolio americano. Neanche in questo caso l'idea della limitazione e della distribuzione della. produzione fra. i singoli paesi ci sembra facilmente attuabile. Consideriamo ogni derrata partitamente, e ci si parerà la medesima difficoltà. Nei vini l'fta.lia ha da fare i conti sui principali mercati con la Spagna e con la Francia, e poi con la Turchia, la Grecia e l'Algeria: in Germania, ad esempio, a parità di con· dizioni, perde terreno a vantaggio della Spagna., che in complesso produce la metà di noi ed esporta più del doppio. Quanto agli olì ò così cospicua la pro– duzione degli altri paesi, che rappresenta una per– manente minaccia alle nostre esportazioni. Negli agrumi siamo minacciati dalla California e dalla IJ'JoridR,da.Ila ragna che ha triplicate le sue espor· tazioni, dallA Gtr iil che le ha duplicate, mentre le nostre non •mo .mm mtate che di un terzo: l'Italia e h~Spab -1 dii,q,11tirn1a questo riguardo il mer· cato svizzei, in 1,!11nct1 preoccupazioni per lo sviluppo vigo,,__, de1h, l' <i.vi •r 7ioni di frutta fresca dagli Stati Uniti da\ C,tnad,~ "rso l'Inghilterra (90 per cento) e vei. o lu l :"rnrn11 r,a Spagna an– che qui ò una diret~.. • conc1,--rentP 1 1'ftalia nei mercati inglese e frances1.:, r•ome 0 r l'11va fresca e le olive è pur concorrente 11 •l1 ~t,,f •• \me- rica. La ~'rancia,l'Olanda e il .B0.:l0 ao ~1.t1 li esportatrici di frutta. Così dei leg, ,, -1rr-è, Che significa ciò? Che il potere o 1orhimcn dei mercati di consumo è ancora sca. rag"one dell'offerta della merce. D'altra parte· cons~~.... J.mo che la produzione non ha ancora una generale ten– denza a specializzarsi 1 ma che anzi si va sempl'e più frazionando. È una tendenza regressi va? Può darsi, almeno apparentemente e in via contingente; ma non possiamo non considerarla inesistente. E allora domandiamo: come comporrà il nuovo Istituto l'ordine e l'equilibrio negli intrecci infiniti e nel caos attuale! Era proprio questo il momento più adatto al suo sorgere, quando il protezionismo è più signore che mai del vecchio e del nuovo mondo, quando ogni nazione aspira a moltiplicare le sue produzioni per lanciarsi con esse nella con– correnza internazionale o provvedere ai bi$0gni in– terni, quando vi sono ancora tanti paesi arretrati, e lontana è ancora quella matul·ità. piena della na– zione che rende necessari e indispensabili gli orga• nismi internazionali a controllare e a dirigere effet• tivamente la produzione? E, anche sorto 1 non avendo mezzi di coercizione - inconcepibili d'altronde nel• l'ora attuale - come la sua azione varrà a spie– garsi efficace nel senso di un piano prestabilito, piano di equilibrio, di ordine, di giustizia distl'ibu• tiva, di felicità. universale? E poi piani all'evoluzione economica non se ne possono proporre: solo ci è permesso di fare delle previsioni partendo dalla realtà e dai suoi svolgimenti e dalle tendenze fon– damentali che operano in essa. Ora ci sembra che l'Istituto preconizzato, in quanto mira a dar sesto al\ 1 agricoltura mondiale, astragga dalle tendenze ope– ranti in questo periodo della vita economica. In altri termini non crediamo che il liherismo econo– mico si possa imporre per vie artificiose, ma. ere· diamo che debba uscire dagli eccessi stessi del pro– tezionismo e clalln sua incompatibilità col progredire della vita economica, quando l'attuale fase sarà pie· namcnte matura. . . . Con ciò non neghiamo l'utilità generale di un Ufficio Centrale di informazioni internazionali esatte, fresche e particolareggiate. Ufficio siffatto è destinato certamente a recare dei vantaggi agli agricoltori e agli studiosi cli cose economiche. Ma riteniamo che analoghi risultati si possano ottenere mediante le istituzioni che già possediamo (Ministero di agricol– tura, Ufficio del lavoro, Commissariato dell'emigra– zione, ecc.), intensificandone e allargandone l'azione. Una mini~ra. di notizie e di dati, che già. ora circo– lano liberamente pel mondo mediante l'opera dei consoli e degli agenti commerciali delle nazioni più evolute, resta prcssochè inutilizzata per incuria non dirò della burocrazia, ma dei Governi, che dovreb· bero saper trarre da essa il massimo di utile per il paese. E come abbiamo animo di regalare al mondo
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