Critica Sociale - Anno XV - n. 4 - 16 febbraio 1905
54 ORITICA SOCIAL!è IL PARADISO EGLI AGRICOLTORI Raccomandiamo all'attenzione dei lettori l'articolo che seguo di Giovanni .Merloni, sulla iniziativa Lubin, così detta I reale. Fra le adulazioni cortigiane degli uni .e i preconcetti e dogmatici scetticismi degli altri, l'auali~i obiettiva del :Merloni ci sembra degna di grande cons1- deraziooe, anche se forse la prevalenza ciel criterio tec– nico Io renda un po' pessimista di fronte all'importanza potenziale - dal nostro punto di v1sta - di un istituto che comunque sia congegnato, t~11dendo all'internazio– na.lÌzzazione di alcune irnporta~.ii funzioni economiche e amministrative, potrebbe r:eevere dall'avvenire - per la stessa sua indetermiuat1;:zza - un contenuto di atti– vità difficilmente val~ttabile fln dagli inizi. LA c. s. Per rins~1re a farci un concetto abbastanza. esatto de! nuovo verbo bandito dalla reggia it;,liana a tutti i popoli della terra, in forma. di appello alla costi– tuzione di ,un Jstitut6 permanente internazionale per la difesa dell'ugricoltma, ci sembra necessario risa– lire alle fonti della proposta, e cioè a quell'ameri– cano David Lubin che ne fu il profeta. Profeta non fortunato dapprima, come la maggior parre dei pro– feti, ma rimericato in seguito ad usurn delle sue pene col regale accoglimento dell'idea 11morosamente accarezzata e nutrita nel suo non breve pellegri– naggio. E più fortunato cli Cristoforo Colombo, ch'ei può ora muovere alla scoperta del nuovo mondo non su fragili legni, in mari tempestosi e con ciurme ribelli, ma restandosene tranquill~mente all'albergo, nel mare più quieto della terra, e assistito da una schiera di valorosi economisti. Dunque dicevamo che bisogna risalire al " Memo– riale ,, del signor Lubin, perchè in esso è l'intelaia– tura e son le molle di propulsione del nuovo orga• nismo. Quelle degli economisti sono variazioni sul motivo principale, corollari tratti dalle premesse Lu– biniane. Premettiamo subito che l'idea ha il suo buono; ma riteniamo opportuno esaminarne tutti i lati dub• biosi. David Lubin sr.opro che non vi ha più equilibrio fra " la tendenza conservatrice del contadino pro– prietario e la tendenza progressista del cittadino ,,. Per un trapasso facile cli generalizzazione egli trova che questo è un fenomeno uniYersale. E poichè senza siffatto equilibrio si cado o nella" stagnazione nazio– nale ,,, o nella " dissoluzione nazionale ,, 1 a seconda che prevalga la" campagna ,, o la " città ,,, così, ad evitare quegli ugualmente disastrosi effetti, è neces– sario conservare sempre un giusto equilihrio fra l'una e Paltrn. La" funzione principale del buon governo,, e il " dovere dello statista,, devono perciò essere diretti in quel senso. Il che si raggiunge col " pro– pendere sempre per il contadino,,) perchè il cittadino, che non soffre dell'isolamento del contadino, non ha bisogno di sprone. Giammai come oggi si impose la necessità di siffatta propensione per aiutare l'agricol• tura a tener tosta alla « coucentrazione del Capitale (Finanza, Commercio, Iodustrie) e dell'Energia (vulgo, lavoro) nelle città, che si accentua sempre più e, se non trova un freno, finirà per essere irresistibile 11• Ai Sindacati, alle Corporazioni 1 alle Camere di Com– mercio, alle Camere di LR,voro, alle Unioni e alle Ji-,ederazioni dei cittadini bisogna dunque opporre analoghe Organizzazioni e lì'eclerazìoni dei contadini, le quali varranno a sottrarre la determinazione Jel prezzo dei prodotti agricoli dalla imperante tirannia esclusiva del Commercio e della, }i'inanza. Da queste premesse, e dall'intento di solidarizzare gli agri– coltori di tutta la terra, discende l'idea della " Ca– mera Internazionale di Agl·icoltura ,, da costituirsi " coi delegati delle varie nazioni, scelti per la loro abilità nella materia, che non a,•rebbero il potere di regolare i prezzi o cli dettare la loro volontà, ma, per le conoscenze ed il prestigio loro, sarebbero tali da farli l'occhio e l'orecchio ed il cervello direttore dell'agricoltura 71 • Ci permettiamo di contestare l'esattezza di queste premesse per l'Italia, e, crediamo, per la maggior parte dell'Europa. In ltalia, come osserYammo nel 1lfessaggero di _Roma in un articolo di rapide impres– sioni, i nemici peggiori dell'agricolturn sono l'oppres– sione fiscale, lo schiacciamento usuraio, l'elevazione delle tariffe di trasporto, cioè lo Stato; e, fuori di questo, i trattati di commercio in parte sfavoreYoli, e il protezionismo agrario delle varie nazioni. Ora non ci pare che si possa prescindere da queste con– dizioni di fatto, riducendo le premesse tratte dalla realtà a uno schematicismo troppo semplice e uni– laterale. Nè ci pare esatto l'affermare che gli inte– ressi agricoli siano totalmente sprovvisti di dife:,;ee non abbiano ripercussioni e influenze negli Stati. E chi combattè strenuamente due anni or sono in Ger– mania per il mantenimento di alti dazi protettori dell'agricoltura; e chi impose in Austria-Ungheria la cessazione della clausola dei vini favorevole all'Italia; e chi in [svizzera condusse l'infaticata campagna protezionisb1, se non i proprietari della terra e i loro rappresentanti nei Parlamenti, nella stampa e nelle associazioni agrarie? Domandatene ai nostri negoziatori: essi devono saperne qualche cosa. Noi ci augureremmo che tutto questo non fosse; e vor– remmo erodere che J'[sLituto internazionale invocato avesse la virtù miracolosa di abbattere d'un tratto le barriere, cli procura.re un biglietto di libera cir– colazione pel mondo a tutti i prodotti della terra, qualunque fosse la loro provenienza. Ma vediamo che troppe forze, e forne poderose, rivelatesi irridu– cibilmente intransigenti, stanno contro a quell'ideale; e non sappiamo rappresentarci per Yia di quali sug– gestioni i viticultori ungheresi, ad esempio 1 potreb· bero fraternizzare con quelli dell'Italia meridionale, dopo avere provocato poco meno che una guerra doganale e respinto dalla loro terra perfino un de– cilitro dell'odiato Yino; e altrettanto sia detto per tutti i nostri concorrenti sui mercati internazionali, per tutti i paesi che hanno opposto le più alte ta· riffe alla penetrazione dei nostri prodotti agricoli. La società capitalistica è satura di queste lotte ac– canite e di queste contraddizioni poco sanabili. Lotte e contraddizioni sono aspre e tenaci entro la stessa cerchia nazionale. L'antagonismo fra i vi– ticultori italiani del Nord e quelli del Sud non è una fa,,ola; è noto che la riduzione delle tal'iffe di tra– sporto, a vantaggio dei prodotti agricoli del Sud, e la questione del maggior abbuono per la distillazione dei ,•ini meridionali hanno sollevato un vespaio nelle altre regioni. Se l'organizzazione della produzione rrnzionale si presenta difettosa, se genera cioè gli antagonismi accennati, e la cosa è risaputa da un pezzo, sembrerebbe ovvio che si dovesse, che si fosse dovuto, tentare la cura nel1 1 orbita nazionale. Uscendo clall'Ltalia vediamo che gli interessi non più armonici delle Colonie inglesi con quelli della madre patria oppongono ostacolo insormontabile alla effettuazione della concezione imperialista cli Chamberlain. Se passiamo poi ai rapporti fra nazione e nazione, la cosa è ancora più evitlente. Già abbiamo accen– nato alla. tendenza ciel protezionismo agrario che si è imposta in tutta l'Europa, e di cui i trattati di commercio, conclusi fra le piì:1importanti nazioni, sono prova dimostrativa delle più esaurienti e inop– pugnabili. Siffatta tendenza nacque dal fatto che ogni nazione si era fatta produttrice di un po 1 di tutto, e mirava a conserYarsi il mercato nazionale di con– sumo, con l'esclusione degli importatori stranieri: che ciò fosse un bene o un male nei rigua1·di del-
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy