Critica Sociale - Anno XIV - n. 24 - 16 dicembre 1904

370 CRITICA SOCIALE così bene accattata sinanco la fraseologia! Da pili anni si laYorava con tanta Iena a " gonfiare ,, il prole• tariato orgRnizzato, a ingannarlo sulla sua potenza e maturit:'1, a screditare ai suoi occhi quell'azione parlamentare o legislativa nella quale le sno fol'ze sindacali nascenti potevano trovare il fulcro sicuro; s'era riso o fatto ridere così sgangheratamente sui pannicelli caldi delle riforme o s'era così hen riesciti a far credere agli imbecilli - il cui nome ò legione - che la cooperazione di classe - la sola vin, secondo il senso comune, per la quale un prolotal'iato, che non siR.ancora maggioranza legale, può conquistarle quali convengono a lui - fosse l'antitesi) anzichè Pintegraziooe 1 di una n,·veduta e concludente lotta di classe; quei medesimi che, per tenersi meglio in arcione, sogliono lardellare di riformismo le con– cioni rivoluzionarie, avevano tanto parlato di ri– forme da" imporre,,, di conquisto da "strappare,,; i malinconiosi, che ammonivano della necessità di consolidare le liberb'1 nel paese, di frenare la sto– lida e inane impulsivifa degli scioperi, di intellet– tualizzare l'opera della resistenza operaia, erano stati così trionfalmente convinti di complicità negli eccidi proletari, di vergognosi compromessi di corridoio, cli connirnnza morale col capitalismo sfruttatore, quando - perchè l'esempio fruttificasse - non erano stati cacciati fuori a dirittura dalle chiostro del partito; si era insomma tanto vociato che il proletariato ern già tutto e che tutto poteva!... Di qui alla" dittatura del proletariato ,,, alla mobilitazione della piazza per rag-giungere i famosi " fini piì:1ampì., delle giornate milanesi di settembre, il trapasso era. così breve, che pretendere poi che la folla - e sono folle i partiti, e sono folle gli stessi Parlamenti - distinguesse tra coloro che avevano avuta così gran cura di con– fondersi fra loro, era pretendere l'assurdo. E non s'era forse osannato, su tutti i toni) ad ogni sconfitta di liberale o cli democratico - che era pure indirettamente la sconfitta nostra - inneggiando al " blocco borghese 11 che si costituivr1, indice delle nostre forze moltiplicate? Eccolo dunque \!invocato blocco horghcse, o Giorgi Dandin elci socialismo paesano; ora lo aYote bene sullo stomaco! Ah! fosse venuto all<t sua, ora, il « blocco bor– ghese,,, lo saluteremmo con gioia! Perocchò signi– ficherebbe che le forze coscienti proletarie sarebboro sviluppate a tal sogno eia costringere il capitalismo alle difese supreme. Poco allora ci importerebbe di 11110 scacco elettorale o parlamentare, poichè le gior– nate veramente rivoluzionarie sarebbero prossime. 1;; allora non sarebbe il caso davvero cli cercare sot– tili alibi g-iudiziarì nella distinzione fra la rivolu– :done in astratto o la rivoluziono in concreto, fra rivolu:r.ione e rivolta. Quando le forze delle due grandi e tipiche classi sociali fossero per pareggiarsi, e l'edi– fizio del capitalismo apparisse minato nelle viscere, e il proletariato fosse pronto e maturo per la suc– cessione, i filosofemi della viltà. dovrebbero pure - almeno allora - lasciar luogo pei socialisti a tutte lo audacie dell'azione. rrutto ciò - mentre scriviamo queste righe - non è che favoletta. Se il socialismo è scaduto in Par• lamento, esso lo è tanto piì1 nelle organizzazioni del lavoro. Le quali, pasciute di vento e di illusioni lusin– ghiere, esaurite dalla inane monotonia di una resi– stenza meccanica e fatalmente infeconda, corrose dalla diffidenza o dalla denigrazione educate in– tensivamente nel loro seno, di dominatrici che già furono, si trovano oggi disorientate, tenute in so– spetto, colpite <la paralisi. l•~ là dove - e non mancano gli esempi - un miglior seme fu gettato nell'avido solco JJL'Oletario, i coltivatori sospendono in aria gli arnesi del lavoro, e guardano il cielo sospettosi, incerti del domani.. Onde questo è il paradosso, scaturito dalla nuo- vissi ma politica di parte nostra: il blocco borghese, che deve essere, storicamente e logicamente, il pro· dotto della forza del proletariato pervenuta al mas– simo grado di svolgimento cosciente, è invece ora, in ltalia, il contnwcolpo del suo arresto cli sviluppo 1 del suo momcntr1nco indebolimento!., .. /;* 'Xon è ragione) pcrchè gli organi delle classi bor– ghesi ci squadernano sotto gli occhi, con giubilo acre, coteste constatazi~mi, che noi lo dobbiamo clis• simulare a noi stessi. E, in fondo, debbono esserci di grande conforto. Esse attestano che la " reazione ,, minacciante è altrettanto risibile e nwta - se sa– premo accortamente fronteggiarla - quanto la " ri· voluzione ,, YCrbosa che Pha provocata. Vuna e l'altra sono due mascherate. .No,noi non crediamo al famoso" blocco borghese,,, nato, peggio d'un settimino, troppo prima clel11ora sua. Questa sterminata e ineffabile maggioranza par– lamentare, che si leva e muggisce hovinamento contro le parole dei deputati socialisti, questo con• glomerato inorganico, che nessuna luce d'intelletto irradia, che nessun ideale cementa, destinato a sgre– tolarsi al primo urto di una qualsivog-lia grossa que• stione concreta, no, non è cosa salda, è uno scenario dipinto. Essa non ha neppure il convincimento delle sue paure e dei suoi sdegni: sdegni e paure tolse a prestito dai bottegai inferociti che determinarono lo scrutinio, e li infilò come s'infila una giubba d'occa– sione. Essa, che si atteggia a nostra implacabile avversaria, fu creata e messa al mondo da noi (e ugualmente può essere disfatta), il giorno che ci prese vaghezza) così, per capriccio 1 di giocare al triste gioco di spaventare i passanti. Lo spavento d'un'ora ha germogliato i suoi frutti: ma sono frutti di cenere. Può la parte radicale fare l'abile e la schifiltosa, e fa. taciturna sopratutto. Pensa essa sul serio cli guarentirsi un avvenire, di scampare dall'assorbi– mento, di sfuggire alle sirene che la tentano dall'altro lido, se le giovani forze proletarie insieme non la trattengano e non la sospingano alle reni? Può Jo stesso on. Giolitti) gran maestro di equilibrismo par– lamentare, che ora recita la commedia, per compia– cere alla platea, di confondere in un mazzo socia– listi e scioperaiuoli, può egli illudersi di edificare, sulla mobile rena di quella sua maggioranza di in• qualificati, di ascari e di scaccini, un frammento sia pur minimo di quel programma di libertà e di ri– forme che, salutato dalle masse proletarie italiane, lo fece essere qualcuno, per un istante 1 ncJla storia politica del nostro paese·? :Ma. nessuna delle forze reali, delle forze profonde, per le quali il proletariato italiano, sono appenn quattro anni, si accampò nella storia) nessuna di codeste forze fu vulnerata od elisa dall'improvvido sportismo di un giorno . .Passata la prima ora di sba– lordimento, quella meravigliosa situazione può ri– suscitarsi da noi. l\_ una condizione: che il partito socialista italiano ritrovi e riaffermi se stesso. Che esso risolutamente bandisca da sè - come al tempo delle origini - l'equivoco anc1rchcggiantc, che nuovamente gli si è filtrato nel seno. Gite ritor11ì 'insomma, alla, lotta, <li classe socialista, complessa e materiata. di cose, - lenta, onesta, sicura educatrice delPuna classe e dell'altra, - la quale da più Hnni ha trascurata, per correr dietro al romorio delle frasi, all'illusionismo co– reografico delle gonfiature, alla irritante trivialit.\ delle jattanzo e dei vituperii. Ifa, rincorrendo la parola, abbandonata la cosa. Ora gli organizzatori delle disfatte proletarie si ap– piattano o si addestrano in esercizii di prudenziale mimetismo. Poichè siamo tutti - dicono - flll'op-

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