Critica Sociale - XIV - n. 16-17 - 16 ago.-1 set. 1904
248 CRITICA SOCIALE fermtl biennale e e.lei prO$Simo voto per l'imposta sul reddito. !~eco alcune linee dolio sforzo compiuto. Giammai non avevamo assi:-Jlilo a questo spettacolo, di un mini• stro della marina che, nei nostri grnndi porti, accetta inviti a banchetti da operai socialisti rivoluzionari che lo ricevono colla loro baudiera rossa, e il domani, neg-li opificì in cui era :,;lata stabilita la giornata di otto ore, con l'autorih\ cho deriva loro da cotesto ravvicinamento col capo del loro dipartimento, discutono cogli inge– gneri, cogli ufficiali, cogli stessi ammiragli. Yoi l'altro giorno, Bebel, parlavate di scioperi. Una semplice osservJ.zionc. \i è oggi in Francia, da qualche anno, un fatto nuovo: ora le interpellanze in fatto di scio– peri, degli scioperi agricoli nello vigne del Mezzodì, di quelli degli operai e marinai del porto di Marsiglia, da chi sono fatte? Non sono più fatte da. noi, voi mi direte, perchè noi siamo intorpiditi, addomesticati. Ma sono fatte da altri, dalla OppO!:,izionereazionaria e borghC!-:('. :-:0110, per la prima volta, i padroni che ioterpollanu sulla condotta degli <.cioperi, sui 1>rotesi eccessi degli operai 1 e io non protendo già che il noverno vi si presti o o~ponga la proprietà borghese agli a~salti degli scio– peranti, ma dico che, dovunque la sua ar.ione può farsi valere e le ime istruzioui sono obbedito, esso la!'lCiagli scioperi svolgersi in tali condizioni, che chi proteslu è la reazione ca1>italista e padronale. È ben questo un fatto nuovo che attesta l'influenza !'IOCiali'-tasui pub– blici poteri. La, po1'ltir'a 'inter11a~io11.a/e. E ancora un'ftltra grande questiono: quella della pace europea. :\li sorprenJe, lo dico con ri~petto, ma con franchezza o tristezza, che i nostri compagni socialisti degli allri paesi, e gpecialmenle di Germania, non abbiamo inteso ahbn-itanza gli sfond da noi fatti in questo senso (l llOn li abbiano riconosciuti. \"oi ben 1-npote che cos'è che in !:'rancia minaccia spesso la cau-ia della pace. Sono i calcoli, si dice, dt>lln classe borghl'SO e capitalista. Non contesto che un pericolo permanente dello scatenarsi della guerra derivi dalFantagonismo degli interessi ca– pilali,;ti e dall'acre ricerca dei lontani ~bocchi. Ma noi abbiamo inoltre in !-'rancia un'nltra cagione di pericolo: ò una democraziiL ccs;arisla 1 sciovinista, bellicosa che, :-;ottoapparenza dt rivoluzione, tenta di sfruttare i peg- 1,,tfonistinti, una democrazia che s'era aggruppata at– torno al generale Boulanger e che costituiva per l'En• ropa una minaccia di guerra e per la Germania una minaccia di reazione militarista. Era questa la l'agiono 0he Bismark invocava per ag– gravare i carichi militari. E quante volte qu~sta nostra demagogia rialza la testa, urla nelle vie, invia in Par~ lamento i suoi rap1)resentanti, i suoi declamatori, il còmpito dei nostri compagni socialisti di Germania cli– venta più clirficile. E quando noi in Francia, a rischio della nostra popolarità, sotto i rumori, le betfe, gli in– snlti (applausi p,·olungati in lttlla la sala), quando noi 08iamo dire che il patriottismo demagogico e sciovinista non è che una menzogna e un ira nello; quando noi osiamo dire alla Camera, sollevando contro di noi la quasi unanimità, che e criminoso mantenere, anche nel silenzio, un pensiero di riparazione colle armi; quando noi allontaniamo dal potere questa democrazia ce!'larista cho non potrebbe durarvi se non scatenando la guerra al di fuori; quaudo facciamo ciò, noi rendiamo più fo. cile la lotta ciel Rocialismo uuiverl'lale contro il milita– ri~mo. Eccola, la solitlarietà socialh1ta! (vivi applau$i). Ed ecco porchè - con una parola avrò ti nito su que:-ito punto - noi aiutammo con tutta la nostra simpatia, con tutti i nostri sforzi, con tutta la nostra azione poli– tica e parlamentare, il ravvic10amento 1 la conciliazione della }..,rancia sia pure governativa, con ntalia !'lia pure governativa; della :E'rancia sia puro governativa, con l'Inghilterra i--iapure governativa. Anzitutto perchò ò in queRto racco!'ltamonto dolio libere nazioni occiden– tali una guarentigia di progrer;;so e di paco per l']i:u– ropa. E di più, ò questo il mezzo pili efficace - voi mi dovete ben intendere - di rallentare i legami cho univano la J,...,ranoia e la Russia. li nostro paese, vinto ed avvilito e che, colle alluci– nazioni della disfatta, si credeva minacciato anche quando non l'era, aveva giustificato la profezia di Marx e d 1 Engels quando dicevano a Bismarck:• la conquista dell'.Alsazia-Lorena getterà. la E'rancia. in braccio alla Ru<.sia w Oiammai noi de;;istemmo dal protestare. E, personalmente, io fui meraviglio.lo del difetto di me– moria di alcuni rivoluzionarii russi. Es.si avrebbero potuto rlcordal'O che, al momento dei massacri di J{i– schineff1 noi protestavamo con loro coDtro gli atti di barbarie. Le cose hanno mutato - a grande onta. elevo confessarlo, d'una J)arte dei nostri concittadini, perchè, !'leessi abbandonarono 1 da qualche settimana, la causa della Russia 1 non è porchè essa sia divenuta più libe– rale1 ma è perchò fu battuta. Ma vi fu un'altra ora, in cui lo sciovinismo <11una parte ancor troppo forte del proletariato, che Drnmont e Rochefort, 11antisemit.ismo e il cesarismo, trascinavano seco; ,,i fu uu 1 altra ora, in cui la. turba si precipitava clietro la Uussia ed era malagevole far intendere una parola di ragione e di giustizia. li ra[>presentante giap– ponese può escludere noi. Noi siamo di quelli che non l'hanno escluso. Di fronte al proteso pericolo giallo. noi non serbammo, fra lo czari,smo russo e il capitalismo giapponese, quelh\ facile neutralità che dispensa da prendere nnt\ risoluzione corag~iosa. Noi abbiamo, soli, salutato pei primi il risveglio del Giappone alla vita o alla luce. ~fa noi sappiamo bene che il miglior mezzo di ral– lentare i vincoli troppo stretti che incatenavano il nostro paese alla Russia consisteva nel ravvicinarsi all'Jtalia e al\'l"nghiltorra, popoli liberi. l'Jo:-i,in tutti l sensi 1 con tutla, la nostra azione, noi lavoriamo a consolidare la. pace europea. \"oi lo vedete, cittadini, la nostra opera fu laborio~a e forte. Da cinque anni non invano ci accanimmo alle riforme. Assicurammo il successo alle leggi sulla laicità. della: scuola, liberammo una parte dello Stato, ci np– prestiamo a liberare la.nazione tutta. quanta col grande atto ùella separ azione. E n on per questo abbiamo tra– scurato nè il J) roletaria .to, nè Fopera òi giustizia: ntl l'opera di pace. J_!iu.,tipemleuza nelra::iou.e. Convieu giudicare l'opera nostra nel complesso. }';t– cemmo noi dei ~mcrifizii per ottenerla? In quali condi– zioni abbiamo agito? Come ottenemmo questi risultati? 'l'estè Vaillant diceva cho, s'egli coi 13 voti della sua frazione aveva salvato il )Jinistero, vittorio~o per soli 11 voti, non perciò avova alienato la sua indipen– denza. Ed è voro. Poco fa Vandervelde, perchò ~·era alluso a quel ch'egli aveva detto - che, cioè, fra due o tre anni, ae il partito clericale è battuto dai liberali
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