Critica Sociale - Anno XIV - n. 13 - 1 luglio 1904
202 CRITICA SOCIALE lario, sarebbe poi interessantissimo dimostrare - nuovo esempio delle continue azioni e reazioni che intercedono fra tutti i fenomeni economici e sociali - come l'organizzazione operaia sia essa stessa un potentissimo fattore del progresso economico. lfi basti qui ricordare che le esigenze dogli operai ten• dendo a ridurre, almeno in potenza, e finchè tutte le altre circostanze rimangono costanti, il profitto deg-li impl'Cnditori, costituiscono per questi un vali• dissimo stimolo alla introduzione di mc :r.zi sempre piì1 perfezionati di produzione. D'altra parte -- estrema riprova della legge di interdipendenza che g-ovorna tutti i fenomeni eco– nomici - se una produttività più intensa importa un salario più elevato, ogni ulteriore aumento di quest'ultimo tende, per sè stesso, a detenninarc una nuova intensificazione della produttività del lavoro. Ogni miglioramento nella situazione materiale del– l'operaio, permettendogli di procurarsi una nutrizione superiore per quantità. e qualità, cli soddisfare bi• sogni più v11ried elevati. di dedJcarc un tempo più largo alla propria istruzione, lo rende atto gradata– mente a compiere uno sforzo fisico e psichico sempre maggfore, ed a seguire con crescente elasticità lP continue modificazioni dei processi produttivi. Si ve– rificai così, un fatto che potrebbe parere, a prima vista, paradossale: il fa.tto per cui gli imprenditori possono, entro certi limiti, spender meno, quanto più pagano i loro operai; pel' cui, in una parola, i salari piì:1elevati diventano i più economici. A suffragio di questa apparente inversione econo– mica, milita oramai l'esperienza de 1 principali indu– striali contemporanei, la convinzione dei maggiori eco– nomisti. Fra le innumerevoli testimonianze che potl'ei citare a tale proposito, una sola ve ne ricorderò, ma recentissima e di non piccola eloquenza. Circa due anni or sono, un milionario inglese assai pratico di affari, il sig. A. ~Iosely, attuò un geniale e nobilis– simo progetto. Ben conoscendo i continui JJrogressi industriali con cui il Nord-America minacciit il secolare primato delP[ughilterra, egli µensò che sarebbe stata efficace opera cli ecluca:lione chiamare gli stessi operai inglesi a studiare le cause di un così grave fenomeno . .Rac– colse a tale scopo una Commissione composta cli 23 fra i pili inftuenti organizzatori delle principali trades-wlions, e, a proprie spese, la guidò a visitare i maggiori centri industriali ed i più importanti sta– hilimcnti degli Stati Uniti. Questa Commissione ha da pochi mesi pubblicate le sue relazioni, che io ho lette ultimamente, e che sono interessantissime. }[i basti ricordare al nostro proposito che, tra le principali cause della superio– rità industriale ormai raggiunta dagli Stati Uniti in conrronto dell'Inghilterra, essa enumera: il più ele– vato tenore di vita dell'operaio nord•americano; le più eque tariffe di cui egli gode nei lavori a cottimo; i sistemi in uso per stimolare l'ingegno inventivo ed interessarli agli eventuali utili delle sue scoperte. . .. Riassumendo: l'organizzazione dei lavoratori della ::rrande industria per migliol'are le proprie condi– ~ioni, lungi dal rappresentare un assurdo economico, e dall'essere perciò condannata ad una perpetua impotenza, si trova - per sè stessa - in pieno ac• cordo colle leggi economiche pili accertate, e può quindi produrre duraturi ed utili effetti. 11 fondo su cui si pagano i salari non è in alcun modo una quantità prestabilita ed immutabile i e l'errore fondamentale della teoria che combattiamo è quello appunto di aver creduto che la sua. grandezza potesse determinarsi indipendentemente da tutte le altre condizioni dell'equilibrio economico. Esso, in– vece, subisce tutta Jlinfluenza di tali condizioni; e fra. queste hanno molta importanza l'offerta del la– Yoro e la sua produttività. L'unica giustificazione della dottrina del fondo sa– lari, e la ragione vera. per cui essa ha potuto raC• cogliere e conservare durante tanto tempo un così largo consenso sto in ciò: che attraverso a gravissimi errori essa risponde,·a ad un concetto intuitivo, affer• mando anche pel movimento operaio l'esistenza di limiti necessari. Da tale punto cli vista ò lecito anzi affermare che il suo torto principale ha consistito nel rappresentare come immediati ed assoluti limiti che sono, invece, mediati e relativi. .Poichè, se è contro verità sostenere, come essa faccva 1 che, in qualsiasi determinato momento, il limite economico i~lle domande operaie coincida, senz'altro, col loro stesso punto di partenza j ciò uon toglie che, in ogni caso, esse non incontrino sempre veri e proprì limiti. Si può infatti affermare che per ogni imprenditore esiste in ogni dato momento un minimo di profitto, al disotto del quale egli tro,·e– rcbbe piì1 conveniente desistere dalla propria fun• zione, 0 1 quanto meno, trasferirla sOJJra un'altra in· dustria. Ora, siccome, in un regime di libera concorren·1.a, la funzione clell'impren<litore ha una importanza grandissima e corrisponde ad una vera. e propria utilità. sociale, ne segue che - almeno finchè per– manga un tale regime - ò nell'interesse stesso degli operai non toccare, nè tanto meno superare quel mi– nimo. Agendo diversamente, essi si priverebbero cli un fattore indispensabile per la coorcliuazione ed il suc– cesso delle singole economie di produzione a cui rispettivamente appartengono, e, collo sfasciarsi cli queste ultime, risentirebbero per primi le conse– guenze della distruzione di ricchezza che avrebbero provorata. Un esempio eloquentis5.imo cli quanto nccenno lo si è avuto due anni or sono nel basso Bolognese e nel ]1'errarese, in rapporto acl una ,,era e propria industria agricola: la coltivazione del riso. Le organizzazioni dei risaioli vollero imporre salari troppo elevati re– lativa.mente al margine cli cui, ai prezzi allora cor– renti, disponevano gli impreuclitol'i: e gli imprenditori, o lasciarono le risaie incoltivate, o le trasformarono per altre coltivazioni. rn entrambi i casi si ebbe una perdita di rie• chezza: donde una diminuzione nella domanda di lavoro, donde un acntizzamento della concorrenza fra operai od una riduzione dei salari ad un livello ancor più basso del precedente. L'Economia Politica non può indicare una tale formola, che permetta di determinare, senz'altro ed in qualsiasi caso, la linea precisa, su cui si elevino i limiti relativi dei quali parliamo. Poichè le condi· zioni clel mercato delle merci e clei capitali sono variabilissime; poichè in ogni industria, le diverse imprese presentano una scala di costi e di margini infinitamente graduata: il problema, se concepito nei suoi termini generali, riesce per sè stesso indeter• minato. Soltanto un esame concreto di tutti i coeffi– cienti, eia cui risulta in un dato momento la situazione di una data impresa, può rispondere al quesito con sufficiente approssimazione. . ' * La sapienia del movimento operaio consiste ap- punto nel valutare le condizioni economiche delle singolo imprese in rapporto a cui agisce, e nel sapere proporzionare ad esse ]P, proprie domande. Taluno potrebbe accusarci di soverchio ottimismo, se crediamo che i la,·oratori della grande industria - i quali sono pure i più evoluti - avrftnno la maturità. a ciò necessaria. Noi ci limiteremo ad affer– mare colla scorta irrefragabile dei fatti 1 che i criteri da noi accennati costituiscono da molto tempo la
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