Critica Sociale - Anno XIV - n. 4 - 16 febbraio 1904
56 CRITICASOCIALE Ì~ questa 1 in buona parte, la storia doila nostra legis– lazione sociale. Essa fu, bensì, accennata dal libernlismo sonoro e vuoto di cinquant'anni fa 1 ma sonnecchiò flno a quando non venne a <!arie colore di attualifà e di urgenza il proletariato ag-guerrito sotto h\ bandiera della lotta di classe. Oggi il fatto si rinnova per la que.citione del lavoro risicolo. Sono noti i precedenti. Nel 1866, come lo~ica. conseguenza. clella convinzione prevalente che la collirnzione del riso fosse da consi– derarsi non coi criteri comuni, ma con critcrì di ecce– zione, veniva votata una legge per disciplinarla. La legge - scmplici,;8ima poggiava. su questi <'nr- clini: la coltivazione del riso non è da proscriversi in modo as~oluto, ma non dC\'e essere libera come ogni altra cultura agraria. E-.•rn è permessa quando si man– tenga a dcterminatP db:;tnnze dagli aggregati rli abita– zioni e soddisfi a speciali requisiti it!ienici. A precisare quelle e questi p1·oncdernnno speciali regolamenti pro• vinciali. I regolamenti J)rovinciali non tardarono ad essere apJ)rovati e - qunl più, qual meno - si ispimrono ai concetti igienici, alle teorie sanitarie allora prevalenti e ai risultati dell'osservazione empirica. Quasi tutti sta– bilinmo una distanza delle risaie dall'abitato, in baiie alla popolazione, tenendole a rispettose distanze dai centri popolosi e lasciando che quasi lambissero i centri minori. I precetti igienici ebbero di mira il deflusso <telle acque, la putrefazione delle erbe, le condizioni delle case, la situazione dei pozzi. Un solo articolo con• teneva quello che oggi si direbbe una clausola sociale ed era formulato così: 11 I lavori delle risaie dovranno cominciarsi soltanto un'ora dopo il levare del sole erl essere sospesi un'ora prima del suo tramonto. ,, Dopo l'immane sforzo della legirerazione capitò ciò che doveva capitare, in quegli anni del paradiso capi– talistico: nè della legge nè dei regolamenti non si pal'lò più. J proprietari invasero le zone proibite, e, per tren– tott'auni, fecero il comodo loro, non pensando 1 neppure per pruclenza 1 a chiedere l'abrogazione della legge. :na il rlolce sonno ebbe un brusco risveglio. Un giorno i sovvertitori, intenti a richiamare i risaiuoli da un la– voro rli iloti a un lavoro di uomini, scopersero in un polveroso cantuccio della storia legislativa quasi pre– adamitica il Regolamento Cantelli. Rimasero dapprima - gli eterni ingenui! - non poco sbnlorditi, ma, preso coraggio e constatato che non si trattava di uno scherzo di cattivo genere, si affrettarono a comunicare la buona novella ai contadini: non c'era bisogno di una legge che, almeno in parte, li difendesse. La legge esisteva ... da circa mezzo secolo. Xon si trattava che di appli– carla. Applicare una legge sociale! Successe il finimondo. I conduttori cli fondi la denunciarono alla J)Ubblica ese– crazione, in nome - ben s'intende - della libertà. Le autorità uon poco rannuvolate - si acconciarono a fare, dopo 38 anni, la prima contravvenzione e, per colmo di ironia, dietro denuncia dei nemici dell'ordine. ?ifa la. magistratura si affrettò a ristabilire l'equilibrio, in nome - badate un po' - della costituzionalità. Ma non ò tutto: i risicultori si diedero a bombardare l'antica legge e l'iuvocazione del suo rispetto, con rela– zioni, con monografie 1 con libri, con opuscoli, con me– moriali e, mentre intonavano il canto della vHtoria, du– bitando che il moribondo non volesse saperne di morire, imaginarono una grande, spettacolosa. rappresentazione coreografica, da cui doveva risulta.re - per opera di appositi artisti di cartello . come qualmente non esista nessuna differenza tra il lavoro di risaia e un mef-le ai bagni di mare o in una stazione climatica. li C'ongresso si tenne a Mortara. Jn esso si dimoRtrò, come uno più uno fa due, che la risaia. è poco meno che un pnradi:,o terrestre e che le sco1>ertc della scienza - guardate che fortuna miracolosa! - erano riuscite tutte secondo gli iuteressi dei risicultori o contro i pre– giudizi dei risaiuoli i e allora i conduttori di fondi pre– sero coraggio o chiesero che il lavoro risirolo fo.<1qc considerato al livello di ogni altro lavoro ngrario, o - f<11decle tnim:r - che fos:-cro abolite tnttc qnelle limi– tazioni che impedi:,cono ai lavoratori di approfittare di tutta la manna celeste• ('hC i 1,roprietarì vogliono loro offrire. Dnl loro canto, i risaiuoli - pur tro11po con mollo minore e11ergia e preJ)nrazione dei capitalisti - chie– sero, dapprima, il rispetto puro e semJ)lice della legge del 1866 e dei regolamenti del 1869. Pit1 tardi - fatti più accorti - invocarono una nuova legge che, pur te– nendo fermi nlcuni concetti protettivi della J)rima, fa– cesse tesoro, a vantaggio delhL mano ll'opera, senza ec– cessivo danno degli imprenditori, delle conclusioni serie, positi\•e, non partigiane 1 della scienza. 11 Ooverno 1 sul principio dell'agitazione, per pre ... sione del Segretariato nazionale della resistenza, richiamò la atte11zione delle autorità sulle vecchie leggi, delle am– ministrazioni provinciali sui regolamenti, inYitando n migliorarli, ed ora si appresta a presentare al Parla– mento uua legge organica che tenga conto cli mezzo secolo di J>rogresso economico e scientifico. L'Ufficio del lavoro sta elaborando la nuova legge. Ln t•·isaia, e la nutla'l 0 ia. Una legge protetti\•a della mano d'opera ha i suoi criteri direttivi nettamente determinati dalla natura dell'ambiente e dalle condizioni peculiari in cui il la– l'Oro si compie. A queste fatali necessità non si J)UÒ sottrarre u11a legge sui lavoro risicolo che si trova, per ambedue i riguarcli, in una situazione affatto caratte– ristica. La leggo del JS6ù, ed i regolamenti che ne furono immediata conseguenza, si preoccuparono, quasi unica– mente, dell'ambiente fisico. I legislatori di allora, ben convinti che fossero stretti i rapporti tra risaie e fcbl>ri intermittenti, concentrarono i loro sforzi a locnliz~rnro e a diminuire il male. Si ere leva, in quello scorcio di tempo, che la malaria fosso dovuta a un miasma con– tagioso che quasi vapordsse dall'acqua stagnante, J>ren– desse alimento dalla putrefazione di sostanze organiche e fosse trasportato e cliffuso sulle ali del vento e, per ciò, si volle che le risaie rimanessero a rispettosa. di– stanza dalle abitazioni, che avessero acqua corrente, che fossero munite cli fossi di scolo, che le erbe sarchiate fossero distrutte. Le ricerche sperimentali di questi ultimi venti a.uni - le J)rime comunicnzionì del Laveran sono clel 1880- hanno portato una vera ri\'Oluzioue in questo campo. La malaria non è originata eia un miasm:1, ma da un parassita, bene indi\•ic\uali1.z :1.to ,che vire a spe.-.e dei globuli rosi:;i.Eslìo non penetra in noi coll'aria inspirata, coll'acqua o cogli alimenti ingeriti, ma esclusivamente - In. scopertn 1 come ò noto, è recente - per la puntura dì speciali zanzare, lo Anopheles. La scienza. ha messo lo mani nell 1 invisibile 1 introvabile, imponderabile miasma. Esso ha. preso la consistenza di una infezione che ubbi– disce - come ogni alt1·,1 - a. leggi particolari. La col-
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