Critica Sociale - Anno XIV - n. 1 - 1 gennaio 1904

CRITICA SOCIALÉ tanto innocui nella. sostanza quanto ·nelle f'omw fu– ribondi. La sbunpa socialista - sah·c poc_hc ecce– zioni - fatica a. mantenere lo ,"lfatu quo. Le orga– nizzazioni professionali si s0110 ridotte di n?me!'o ~ le adunanze sono qtrnsi sempre deserte, s1cche si \'cdono Camerr del lasoro o Federazioni, composte di mioliaia e mifl"Jiaia di opcnli, \'iverc o meglio ,·cgctfrc s.olo pel ln,on ,·olore di 1~ochi ~enaci e YO– lontcrosi. Le sole Rocieb\ coopcrnt1''C) 111consumo o di Jayoro aumentano di numero e di imJ)ortanza, guadug1rn\1c10 sempre piìt i grandi c~ntri inc_lustri9:li 1 come i piccoli centri agricoli . ..\la I nostri Cormz1 non sono pH1 affollati come una volta. .Mentre.tuttR. una popolar.ione si levava cd accorreva ad ogni pub– hlica o privata riunione, ocrorre cli veder sempre le poche, medesime faccie nei Comizi ~li oggi 1 se .non c 1 è la sferza di un nome grande o d1 una qucstwne che cccczio1rnlmentc appassioni e trascini. La prova elettorale non è venuta ancora a sanzionare questa. f'rC'ddeiza che invade sempre più le varie membra del nostro partito, ma non è improhabile che il tcr· momctro delle elezioni segnali un grave abbassa– mento di tcmperatura·o u1u, :sta:1.ionarictà altrettanto g-raxc. .\ mc parC' puerile attribuire questo innegabile stato di ·cos(l alle inrrcsciosc polemiche che sono nate tra di ,ioi o alle dolorose rivalità personali che si sono manifestate nel seno del nostro partito. Piur– tosto e le. une e le altre hanno avuto la loro origine nel malessere che lo invade\·a sempre pii1. Certo le cause clehbono essere piì1 profonde. In parte la colpa ò della grande miseria delle nostre masse e della loro tenuissima educazione po· litica, ma una buona parte ò dovuta anche alla no• stra impreparazione. :Xon ostante l'opinione di quei cul'iosi positivisti eh<:'credono pii, alla forza delle idee che a quella <lei hisogni, credo che, i;;eJe masse hanno levato i loro lacrimosi occhi a noi, non fu per la l>ellezza rlassica della nostra fede, o per la virtì.1 magica della paroln, anche se fascinatrlce come quella sempre buona di Ca1nillo .Prampolini, ma per un'intuizione e una sperania: che il partito socialista fosse come il sa!Yngentc elci dolori e delle rinuncio, sotto il cui peso la grande collettività. dei lavoratori si incurva. Vistinto della gioia fu il grande lieYito. Del semplice sogno di una lontana felicità i lavoratori non ave– vano gn1nde bisogno; ne avevano già uno radicato da secoli di tradizione e cli fede. Vennero a noi so– vratutto per l'utile immediato. g difatti, appena sfruttata ad uno scopo di miglioramento J'organiz• zazione, o trnvatala inefficace ad nbhattcrc un grande ostncolo, i piì.1 11abbandonarono .. ·\ vincere questo scoramento, a suscitare una continuitì1 di speranze vicine, nella vita delle organizzHzioni, ll('l\C ammini– straiioni prossime o lontane, poteva soccorrere la azione g-agliarchl, pronta e sicura dei nostri rappre– sentanti. Ma essa - in buona parte - naufragò a ca~1sa della impreparazione dei più. Nei Consigli comunali - che sono piì1 vicini agli occhi della massa, specialmente nei piccoli paesi - l'azione dei socialisti fu quasi nulla. l<~ssisi chiari• rono - in gran parte - incapaci a portare una direttiva amministrativa diversa da quella degli altri partiti. E quando non ebbero la grande ventura di dait di cozzo nella disonestà o nella mag~iorc inca• pacità. degli eletti conservatori, si dovettero adat.tare ad una critica generica od a platoniche affermazioni politiche. E invero a noi manca un vero programma municipale che si plasmi sulle condizioni reali e si adatti alla diversa natura elci singoli Comuni. Per quanto riguarda la Provincia o Je Opere pie, all'in• fuori cli rapide raffazzonature locali, il nostro partito nulla. possiede. Ci troviamo di fronte all'ignoto. Politicamente, la nostra situazione non ò migliore. Ahbhuno avuto - l'ipetuta.mentc - cliscorai splendidi alla Camera su tutti i bilanci, ma, quando li leggete, trovate il pili delle volto, un gran vuoto: la pRrto tecnica' \'i manca quasi affatto. Anche noi - partito rivoluzionario - viviamo di tradizione! Che sia la nostl'a politica estera sarebbe diflicile definire. Non ostante le declamazioni internazionaliste, essa ap1>arc piÌl legata alle , ccchie _tradizion~ sentimentali pa· triottiche, che ai bisogni moderni del nostro prole· tariato. Nella politica interna, il punto comune, certo, indiscusso, chiaro si ferma al '48, alla libe~tà. Al: Pinfuori di essa abbiamo tutta la gamma dei colon e dei suoni; ma. ci manca un criterio direttivo, .nt• torno a cui si orientino tutte le forme <lolla nostra attività, in modo da ottenere un tutto o_rga~1ico, efficacemente innovatore. Anche quando c1 siamo avvicinati ai gra::-Ji problemi nazionali, lo abbiamo fatto imperfettamente. Il problema scolastico è pili che tutto il problema degli insegnanti. -1':;qualche cosa ma non è tutto. AI problema ferroviario - a cui ;iamo discretamente preparati pel valore cli al• cuni uomini -· siamo giunti più per Pimpulso di ùnn classe direttamente interessata, che per una visione degli interessi g·enel'alÌ ad esso collegati. Della <1ue• stione agraria, che ha - per l'HaJia - un ·valore C'norme, non ci siamo occupati che per una critica comparativa, ma un programma organico, che possa risplendere come una mèta vicina ai milioni di con tadini e ai piccoli proprietari interessati, non c'è. ~ella politica economica, solo in questi ultimi tempi il nostro partito si è messo sotto una bandiera, quella del libero scambio, ma Yi ò entrato per l'impulso di pochissimi e senza' esaminarne la portata: se - ad esempio - il libero scamhio si attagli a tutte le industrie, a tutte le circostanze. Nella stessa que– stione tributaria, che pure è - cli continuo - sulle nostre labbra, non abbiamo che elci concetti nega• tivi: dal lato ricostrntrivo i nostri pareri si elidono a vicenda. • Questa è una ben amara confessione, ma non ha mancato cli farsela ognuno di noi quando - hal'l.ato dalla vita fervida dei Comizi nella realth delle pub• bliche amministrazioni - si è trovato a. tu per tu colle proprie responsabilità di fronte al partilo e di fronte ai mille e mille proletarì 1 che guardano a noi come ad una rinascente speranza. J~d ò questo stato di cose, questa nostra impreparazione, che costituisce la nostra grande debolezza. Vi sono di quelli che credono che il miglior mezzo di tirare innanzi sia quello di quasi imbevere il pro· letariato di ideale socialista. Una volta saturato, è reso cosciente 1 e andiamo diritto al socialismo. Io credo invece che sia cosa tutt'altro che semplice arrivare a tanta sintesi. Quando parlate a un prole· tario di collettivismo, egli pensit invece alle cose vicine, al bcncs~erc immediato; ò solo dopo anni ccl anni di propaganda e di pratica che riuscirete a fargli entrare il concetto della finalità a cui 'doh– biamo tendere, che non dobbiamo sacrificare. Dob– biamo quindi conquh,tarlo, mostrando che conosciamo la sua vita reale e i suoi bisogni positivi, e tratte• ncrlo con una catena di succe3sivc riforme 1 mostran– dogli come tutte siano coordinate ad una finalitì1 liberatrice. Questo, del resto, è in perfetta. armonia colla nostra dottrina. Non affermiamo noi, ogni giorno, che, piì.1 <lolle idee, dei senth11enti 1 valgono gli interessi, che anzi questi sono i segreti animatori della vita (~ della lotta sociale? n resto non è che decorazione. Perchè dunque dovremmo credere che sia proprio Piclea socialista ad a\·ere quella forza che non hanno l'icleci JJatriotli<'a, religiosa e fila1111"0JJica? Un socialista belga mi diceva cli recente: " a mo pare che noi dobbiamo sovra.tutto suscitare degli interessi, attirare a noi i lavoratori per mezzo di un

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