Critica Sociale - Anno XIII - n. 22 - 16 novembre 1903

CRl1'1CA SOCIALE 343 le difficoltà in tutta la. loro ampiezza teorica, senza tener conto dei limiti tanto 1>H1 precisi e ristretti in cui il quesito deve formularsi presso cli noi. Difatti, sul primo punto, perchè dovremo rassegnarci a stu– clh1rc soltanto l'aspetto tocnico•cconomico, anzi pill strettamente l'aspetto fiscale dcllft questione e ci sarà. contestato di riconoaccmc gli aspetti sociali, politici 1 economici? Certamente lo scrittore ha diritto di discutere una data tesi eia quel solo punto di vista. che gli sembra piit opportuno. Con tale indi• rizzo però egli non può fare molta strada sul suo cammino. La difficoltà di siffatti argomenti sta.a1>– punto nel considerare tutti gli aspetti della questione, ncll'a1>profondire i rapporti da cui è intrecciato il loro tessuto così complesso o nel decidersi dopo avcro bilanciato i singoli fattori e la loro diversa importanza. Ciò poi primo punto. Rispetto al secondo non va din1011ticato che, quando ai parla di nazionalizzazione dello ferrovie, si intende riferirsi e n.J riscatto e nl– l'escrcizio. Perciò tutto le obbiezioni mosse contro la nazionalizzazione non concernono il solo esercizio, ma riguardano anche il riscatto. fn Francia la po– litica della nazionalizzazione fu agevolmente com– battuta dalla lusinghiera pros1>0tth·a cli evitare il sacrificio dei riscatti aspettando la fiue delle conces– sioni. l~ le obbiezioni soUevate in Svizzera dal Droz e eia altri si riferivano essenzialmente alla inopportunità e ili danno di riscattare proprietà altrui. ~\(a non è questo il campo della discussione in rtalia e gli op– positori lo dimenticano troppo spesso. Le fenovie in ltalia sono orma.i per la. massimn pnrte 1n·oprietà dello Stnto. Da lunghi anni a.hbh1mo compiuta la parte maggiore del cammino per giungere alh, na• zionalizzazione, ed il problema che oggi si agita è soltanto questo: se dobbiamo noi condurre e gestire le nostre linee o se ci torna il conto cli lasciarle eser– citare da una Società privata. Ora, nou ò nò lecito, nò giusto il ripetere ancora le obbiezioni sollevate contro i riscatti e insieme dimenticare quali benefici perdiamo abbandonando l'esercizio delle linee riscat,– tate a chi non ne ò proprietario e quali maggiori ostacoli dobbiamo superare non l'isel'vando a noi stessi 1ft cura e la difesa d'un patrimonio acquistato con tanti sacrificl. Ed ora veniamo allo tesi teoriche. Si osserva che la evoluzione dei mezzi di tra sporto ha determinato il loro passag gio dallo Stato ai priva.ti , tostochè quelli acquistava.no una. grande im portanza capitalistica. Questa osser vazione non mi sembra com1>letamente esatta. Il Cabìatì si è arrestato ad una. fase della evoluzione; non ha però considerato le successive. Certamente, se egli si occu1>n soltanto della storia ferroviaria dì alcuni fra i paesi o gli Stati piì:t ricchi e piit commerciali d'J~uropa, la sua affermazione è vera. Non cosi quando lo studio si estenda a. tutti i mezzi di trasporto o di comunicazione, non quando si riferisca ai sistemi ferrovinri' cli economie ancora giovani e non a sufficienza proi;reclite. Se si rifà la vecchia distinzione fra mezzi di comunicazione liberi e mezzi di comunicazione orgnnizzati, la prevalenza del capitalismo privato non è effettiva che 1>er i mezzi di trasporto liheri e, primo fra tutti, la navi– gazione. :Ma nei mezzi cli comunicazione organizzati, Fazione del capitalismo privato non avrebbe po– tuto svolgersi senza il potente soccorso degli Stati. Pensiamo quanto gli Stati in Buropa hanno coopc– r11to a Ila costruzione ccl anche nll'escrcizio clei mezzi 01·ganizzati del trasporto, con lo SO\'V0nzioni, coi sussidi, con la garanzia degli interessi o del prodotto chilometrico! Una grande forma di mezzi di comu• nicazione e di trasporto, quella. per la trasmissione delle notizie, è da più d'un secolo in mano ai Go– verni, e lo divenne non appcnn, por l'ingente mole degli uffici da compiere, l'industria 1>rivata. è apparsa B1b I t r1 Gino B;arro insufficiente al còmpito suo. Lo stesso telefono, quanto più acquista in diffusione e in estensione, diventa strumento della attività di enti pubblici. B, ritornando pili specialmente alle ferrovie, se queste hanno as– sunto un ordinamento a caratteri prevalentemente privati in Francia, nella Oran :Bretagna e negli Stati Uniti d'Ameriim, non si dimentichi che per la maggior parte cl'~uropa le ferrovie sono proprietà. dello Stato e dallo Stato vengono esercitate. Pre– scindendo dall 1 Italia e dalPOlnnda, cho si sono limi· tate a costrurre o riscattare le loro linel;), la naziona– lizzazione delle ferrovie è ormai un fatto compiuto in moltissimi Stati germanici, nel Belgio, nella Svizzera, nella S\•ezia, nella Norvegia, nell'Ungheria, nella Ru– menh,, nella.Bulgaria, in taluno provincie dell'Austria e in parte sempre più estesa della Russia.. Siffatti esempt dànno poi elementi così per concludere, che nell'ul– timi~ e pitt recente fase dell'evoluzione l'industria ferroviaria viene assunta dallo Stato, come per affer– nrnre che l'assunzione da. pnrte sua può anche rispon– dere allo necessità. economiche e politiche cli aggre– gazioni non ancor penenute ad uno stadio completo di svolgimento economico. Perchè niuno potrà conte– stare alla. Germania, alla Svizzera, alla stessa Austria cli a\•cr conseguito il pili alto grado di maturiti1., almeno se si considera la evoluzione economica in relazione alle manifestazioni che essa ha nvuto fino ai giorni nostri. Jnversamentc, è cli gran significato il fatto elio economie il cui sviluppo ò ancora tardo e in parto primitivo, quali l'Ungheria, la Russia, la Bul– garia, la. Rumenia, o dove lo condizioni di coufigu– roziono ciel suolo favoriscono maggiormente un or– dinamento monopolistico, siccome sono la Svezia e la Norvegia, preferiscano l'esercizio cli Stato all'eser– cizio 1>rivato. Ciò sta. a dimostrare che, o il capita– lismo privato esigo compeni:li ecccssivi,o esso si mo– stra impotente a ridestare lo attitudini produttive del 1molo e elci lavoro, lasciando all'azienda pubblica, tanto più sicura della. sua eeistenza e della sua du– rata, cli affrontarne gli ostacoli o i rischi. Una seconda premessa teorica è quella che si vorrebbe indurre dallo stesso leggi generali della distribuzione e della produzione della ricchezza, sic– come vengono sintetiz:-mte 11ell 1 eq unzione dello scambio. Posto che l'utilità. massima si raggiunga, osserva il Cabiati, quando si sia ottenuto l'equilibrio sui mercati, o fermo il principio che, cinto un corto prodotto, non ò affatto arbitraria la ripartizione che si può faro di esso fra gli elementi produttori, per dimostrare cho lo Stato come produttore potrebbe distribufro più equamente i risultati ciel prodotto, conviene provare altrcsì (continua sempre il nostro contracl• dittore) che lo Stato avrebbe ltl. capacità di produrre diversamente la ricchezza.. Ua questa conclusione, malgrnclo 1'rtpparentc rigore della sua formolazione, nppnre a me alquanto eccessiva. O erro o a mio g-iuclizio essa subisco la couseguonza cli una appli· cazione i11op1>ortuna e troppo generale clel metodo matematico, mentre d'altro canto incorre nell'nrore di voler giudicare in condizioni cli statica un pro– hlema. essenzialmente dinamico. Rispetto al metodo matomalico, rimango un po' impenitente. Come ho tentato di dimostrarlo parecchi nnni fa ( 1), io ritengo il metodo matematico egregia• mento adatto ad esprimere, iu una forma più esatta e meglio rappresentativa, i singoli clementi già forniti dal metodo logico. Sono anzi convinto, che esso riesce a coordinare in formale pili complete e più evidenti l!iluno tosi della teoria economica, alla cui climo- 8trnzione eravamo gilLarrivati mcrcò il ragionamento e l'osservazione. Lo ritenf('O invece impotente ad arrivare a nuovi dsultati quando si tratta di apprez• zare la diversa importanza cli fatti e di elementi ( 1) Studi sulla ltoru-a dtl ralo,·t. Torino, 1800, png. 12.3 e seg.

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