Critica Sociale - Anno XIII - n. 21 - 1 novembre 1903
CRITICA SOCIALE] 325 Già abbiamo avvertito come la politica delle grandi riforme, avulsa dal movimento schiettamente prole– tai·io, anzi offerta come un sostitutivo di questo mo– vimento, possa racchiudere un grave pericolo: di giovare molto più alla. borghesia che non al prole– tariato, di cui a11ziarresta l'azione più proficuamente rivoluzionaria. J~l>bene, questo pericolo scompare quando l'azione politica per le grandi riforme non si scompagna dal• l'organizzazione economica con tutto il suo deriso bag-aglio di riformette. Allora la grande battaglia politica non è tutto il movimento socialista, è soltanto un suo episodio. A.Bora le vittorie ottenute sul ter– reno politico si possono convertire in altrettanti vantaggi per ]'esercito proletario, che continua a mantenersi saldo, compatto, e sopi-a tutto distinto. Lo dannose illusioni, per cui ad ogni rumorosa lotta politica tutti gli elementi amorfi del proleta• riato e della piccola borghesia si gonfiano come uu mare in tempesta in attesa del continente da som– mergere, non sono più possibili. Il proletariato non crede che la vittoria politica sia soltanto una vittoria sua (se lo sue forze potessero tanto, esso non si M· resterebbe alle semplici riforme, per quanto grandi esse sia.no ), ma comprende che il trionfo ò dovuto alla conve1·genza transitoria cli pili interessi, ad una cooperazione di classe. Quindi non Hi illude d.i con· quistare il mondo, ma, come i socialisti francesi dopo il loro intervento nella lotta per Dreyfus 1 chiede sol– tanto alla borghesia, che esso ha aiutata, una com• partecipazione negli utili. È assioma, L'ipetuto fin dall'infanzia del nostro par– tito, che l'azione economica mantiene la nostra fisio• nomia di classe, mentre l'azione politica per le grandi riforme, appunto perchè deve trascinare dietro di sò la maggioranza legale del paese, snatura quella fisio• nomia. Ma questa azione politica può esercitarsi sen:t.a da1rno quando non arresti il movimento schiet– tamente proletario, quando non presuma di racchiu• dere in sè tutto il moto socialista, quando non faccia credere che l'esercito raccogliticcio, che le giova ur• ruolare durante il suo attacco, è convertito nlla sua fede. Le aJleanze non nuocciono quando se ne è consapevoli. È dunque il movimento socialista senza aggettivi - che proviene dalla confluenza dei due moti, eco· nomico e politico - quello che può trionfare così delPesclusivismo del moto puramente corporativo, come delle pericolose intransigenze dei nostri rivo– luzionarì. * .. Concludendo, possiamo domandarci: che c'è di sostanziale nella lotta che le due tendenze (dei rivoli secondart non intendiamo parlare) combattono entro il nostro partito? Jaurès ha creduto di rintracciare la legge della crisi nel diverso atteggiamento che le due tendenze del socialismo europeo assumono di fronte ai partiti democratici. La crisi del socialismo italiano sarebbe quindi derivata dal diverso contegno dei socialisti verso il primo Ministero Zanardelli. Il che, se si badi soltanto ai fatti esteriori, può sembrar vero. Ma io credo d'aver ampiamente dimostrato che la crisi italiana ha la sua radice in un dissidio più profondo e più grave. In Italia vi è un'ala. del partito che si mantiene fedele all'azione antica, che non vuol abbandonare per le grandi riforme quelle derise riformette che accrescono la forza di organizza1.ionc del proletariato; che non intende dimenticare, per la lotta contro i "succhioni ,n le sue Leghe, le sue Camere del fa,. varo, le sue umili e pazienti battaglie per i vantaggi immediati, anche se in queste battaglie non può gridare ai quattro venti le profezie socialiste; che :1 e no B1arco infine non vuole far prevalere un'azione sull'aHra, ma l'una e l'altra vuole fondere insieme, onde CO· spirino ad un fine unico: il socialismo. ])i contro vi è un'altra a.la , che crede inutile per– dere il suo tempo nelle lotte economiche per gli orari, per i salari, per tutte le quisquilie onde è in· tessuta. l'umile vita del lavoratore, e preferisce agi– tare nei Comizi le grandi riforme, raccogliere le simpRtie più diverse agli ideali lontani, stringere in fascio tutte le forze proletarie e non proletarie per un'opera di epurazione della borghesia, che si afferma valere cento volte di più di una legge a tutela del lavoro. Fra queste due ali il dissidio non è più teorico ma è anche pratico. L'una si industria a mantenere al movimento socialista il suo carattere di classe, e vien chiamata (oh ironia delle parole!) transigente. L'altra lavora a distruggere, con l'organizzazione eco• nomica, la fisionomia proletaria del partito, per tra– scinarlo acl una azione che è semplicemente demo– cratica; e si intitola intransigente. L'una lavora ad un'opera. vasta, complessa che ha molti fili nella sua tmma. L'altra tesse un filo solo e rompe allegra· mente tutti gli altri. Dove andremo? Io non faccio il profeta, ma credo che, se la tendenza, che si proclama rivoluzionaria, dovrà prevalere, e se le nostre organ izzazìoui eco· nomiche - specie le contadine, che hanno ancora tanto bisogno di noi - saranno relegate come stru• menti fuori d'uso nel museo della nostra storia, o peggio saranno tollerate appena con lo stesso disde– gno che oggi si affetta per le riformette, allora ciel socialismo proletario rimarrà ben poco in Italia. Re– steranno le frasi, le formule, i civettuoli ideali lon· tani, ma lo spirito e la sostanza del socialismo pro· letario esuleranno ben lontano da noi. Rimarrà. la maschera vuota. IVANOI-: BONOMI. I SOCIALISTI DIFRONTE Al POTERE In vista del Congresso di Dresda, Giovanni Jaurès pubblicava testò nella Petite RépubUque alcuni dei suoi magnifici articoli sulla questione che oggi ap– passiona più vivamente gli animi dei sociaJisti in Germania, in Francia, in Italia; sulla condotta cioè del partito di fronte alla possibilità di una parteci– pazione d_iretta o indiretta al Governo. Il problema, che in Francia aveva già fruttificato il caso Millerand, in Germania germogliava appena sotto la forma del dibattito pro o contro la partecipazione alla Presi– denza del Reichsta!J e relativi contatti cli cerimoniale colla Corte e coll'Imperatore. Gli articoli del Jaurès, ci sembra, non potranno non interessare i nostri lettori. r. La vera. q nestione. t~ certo che il Congresso socialista deciderà a grnnde maggiornuza che il Partito dee far valere il suo diritto al posto di primo vicepresidente, ma che nessuna con– diziono esso deve accettare, eccetto quelle prescritte dalla Costituzione e dal Regolamento. Lo steaso Volimar ha annunciato che coloro, che pensano con lui doversi occupare quel posto anche a 1>rezzodi alcuni doveri di cerimoniale, sarebbero in minoranza al Congresso.Vol– fango Hcino, uno degli amici di 13ernstein 1 dichiara ch'è d'accordo con lui sul fondo clella questione, ma gli rit\)provera di aver accesa troppo presto la controversia, mentre ancora troppe ragioni di sentimento si oppon-
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