Critica Sociale - Anno XIII - n. 17 - 1 settembre 1903

260 CRITICA SOCIALE che basterebbe un ritorno alle condizioni anteriori a quella data, per ,•edcr risorgere la produttività. del '.\Jez– zoi;iorno, e la floridezza di quella cultura esbmsi,•a ro• ,,innta a profitto del latifondo coltivato a grano. Ora, la tua affermazione ò troppo assoluta. Certo, ne')suno può contrastare che la chiusura del mercato francese abbia cinto un tracollo alle energie economiche del i\lezzogiorno 1 che, colpite proprio ili sul nascere, hanno sofferto anche più di quello che, in condizioni di vita adulta e normale, avrebbero dovuto patire. Ma questo fatto non basta a spiegare la terribile crisi vinicola, che ha continuato e continua anche dopo che si sono sti– pulati i trattati di commercio con la Svizzera e la Ger– mania, anche quando i nostri vini hanno potuto inva– dere l'Austria-Ungheria, raggiungendo in questi ultimi anni u11 1 esportn.ziono di poco inferiore a quella dol 1887, l'nnno d'oro doll'esportaziono vinicola italiana. Oli ò che all'estero si produce molto più vino di quello che non si facesse una volta. La li'raucia non è più nelle condizioni in cui era nel 1887, quando comperava esclu– sivamente da noi. Allora essa ))roduceva soltanto 24 mi– lioni e 338,000 ettolitri di vino, mentre già. nel 1893 ne produceva. 51.100.000. Anche l'Ungheria sta rifacendo i suoi vigneti; e, quasi non bastassero questi ratti, do– vunque il vino spagnuolo muove una invincibile con– correnza al nostro ( 1 ). Lo stesso è ))Or gli agrumi. JI principale mercato degli agrumi siciliani furono J)er lungo tempo gli St.ati Uniti d'America, ma ora - riferisco le parole del San Oiu– liano - 11 dall'America stessa sorge la più temibile con• correnza, che ha già depresso notevolmente i prezzi e che, tra non guari, ci farà perdere interamente, o quasi, quell'importante mercato li (t). Insomma, non ò )coito sperare che, tornando ai regimi doganali ehe furono più favorevoli all'agricoltura meri– rJionale, si possa di colpo ritornare a quelle condizioni di relativa prosperità. cho esistevano prima del 1887. Da })er tutto, nella serra calda <lei dazi di protezione, si sono anelato sviluppando quello produzioni ehe parevano dover essere quasi esclusivo della noiltra terra, per cui oggi non ))Otremmo riconquistare i mercati antichi nelle litesso favorevoli condir.ioni di una. volta. Tuttociò - tu lo capisci agevolmente - non vuol dire mantenere lo stat1,quo o OPJ>Orsiad ogni tentativo di aprire sbocchi nuovi e più ampii alla produzione me• ridionale. Io voglio soltanto temperare il tuo ottimismo e dimostrare che un nuovo regime doganale: favorevole al ,•ino, alle frutta, agli agrumi del Mezzogiorno, non può essere da solo il toccasana pei molti suoi mali. Certo, quando il Mezzogiorno potesse trovare una pH1 am1>ia arena allo sue lotte economiche, avrebbe modo di scuotere quel suo sonno di morte e di entrare in lotta col suoi nuovi o formidabili concorrenti. Ma la Jolta, so lo ricordino i nostri amici del Sud, non sarebbe nè facile nò 1>riva di rischi. ... Ed ora, giacchò tu hai posta la questione, permettimi di esaminare una tesi recentemente sostenuta dal Do Viti De Marco o che si rannoda al nostro argomento. 11 Do Viti Do Marco si ò valso 1 nel suo discorso di (1) Quee:lo ultimo t1.1Uo l'OlllYII l)llre raminoutl\lO dul C.\IHA1'1C dal• 1'•;1:;,wo1 11011 0 slud.lo J)ubl)llcato In ttuosta stos!a Rivista (l/llt1lla ti , tratloO cll co11111Jtrcio: ll!\11110, 1903, preHO la Critie<, Sockllt, li1•0 uuu). I:) Di 8.1.:1"ù1ULIA:l'O: /,ti co11dlz♦o11♦ p,·ut11ti dtll!• s;cuw, :irnano, 1891 1 11ag. SI. Napoli ('), della nota proposizione del Say: les prod1,its s'échcmge11t contre les pr0l1"its 1 dandone anche una nuova e brillante dimostrazione. Ora, secondo quel teorema economico 1 ò evidente che 1 se noi riesciamo, con una politica liberista, ad aumentare l'im1>ortnzione di merci dal di fuori, noi dobbiamo, per pagare queste merci, esportarne all'incirca altrettante. Quale la eon'!eguenza di questo ratto? 11 L'importa• zione di merci forestiere sul mercato italiano -- dice il De , 1 iti - si risolve in domanda definitiva e reale di merci che produciamo ... e quirnli, dal facilitare la im– portazione di manufatti, noi abbiamo due benefici: quello diretto di comJ)erare più a buon mercato gli articoli del nostro consumo, e f(Uello indiretto di vendere a miglior prezzo all'interno e all'estero gli articoli della nostra produzione. li ~•ermiamoci qui e corchinmo di scrutar nel futuro. n De Yiti De i\larco dimostrn egregiamente la convenienza per l'economia. nazionale di adottare - qualunque sin. la politica doganale degli altri Stati - un regime di Ji. bertà, ma non dimostra affatto che 1>ossa derivarne sempre un vantaggio alla produzione agricola e special– mente a quella ,101Mezzogiorno. E, poiehò tu ti occupi del problemn meridionale in rapporto al regime doga– nale, permettimi di approfondire questo argomento. Supponi, e la supposizione purtropJ>o non andrà. lungi dalla realtà, che gli Stati .eon cui abbiamo i maggiori commerci non vogliano saperne di concessioni e si osti– nino nella. politica. protezionista, e specialmente - bada a. cotesto - nel la protezione agraria.. In Italia, marcò una politica quasi libero-scambista, verrebbero in mag– gior quantità. i tJrodotti industriali, mo,·en<lo concorrenza ai nostri, a tutto vantaggio dei consuma-tori. Verrebbe pure - ospite ben accetto - il grano a minor prezzo, falcidiando gli extraprofltti dei proprietari terrieri, e giovando allo classi poJ)olari e anche agli industriali per il minor costo della mano d'opem. J~bbene, questa maggiore import11.Zione inclustriale dovrebbe essa essere contro\.)ilanciata - como ho visto in alcuni giornali che commentava.no el'l'oncamonte la tesi del De Viti - con l'esportazione di prodotti agricoli P J,:viclentemente, se oltre lo Alpi e oltro i mari ili agrari rimangono, nei loro rispettivi paesi, paclroni del campo, uoi non po– tremo coi nostri prodotti agricoli aprire nessuna breccia nella loro tonaco muraglia. Piuttosto ci sarà possibile accrescere la nostra CS))ortazione industriate, sl eia spin– gorla. all'altezza della cresciuta importazione. I~allora? Allora la J>Olitica liberista ci anà portato a. questo: ad una benefica seleziono nelle industrie na– zionali. Lo industrie malsane, che ,•ivono di protezione, finirebbero col perire sotto l'impeto della benefica con– correnza rorestiera; lo industrie sane e vigorose invece, o prenderehl>ero maggiore slancio (le proposte dei seta– ioli lombardi e piemontesi per la libertà. di commercio sono un seguo eloquente) o, se non sono ancor nate, comincerebbero a sorgere con un rigoglio improvviso . lnsomml\i la libertà. di commercio inaugurata da noi, senza che J>otesse ottenere, come corrispettivo, di rin. tuzzare le pretese ingorde degli ngrart francesi, tede– schi, ungherosi 1 s,•izzeri, americani (e questo è più che prol>abìle), verrebbe in definitiva a giovare fissai poco alla nostra agricoltura o molto invece allo svilu1>J>O sano, largo, normalo doll1~ nostra industria. lo non so se qucsta conclusione potrà piacerti: per me ò surtlccnte n cotl\'incenni della necessità cli miti-

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