Critica Sociale - Anno XIII - n. 14 - 16 luglio 1903
CRITICA SOCIALE 213 a.ssolnta, incalzante, e, " hen conoscendosi la vostra 111Jncg.1ziono in pro del pnrtito n, non si duhihL punto che piglicroto il trono senza t:-mhtro un minuto. Hi specuJa sulla vostra supposta vanità, promettendovi una folJa innumerevole, un entusiusmo non mai prima vcduto 1 promesso che, a dir vero, litigano un po' colla immancabile dichiarazione che in quel luogo urge il bisogno della propaganda, per formare lo "coscienze,,, che pur troppo fanno difetto. Ma voi andrete là. o farntc il miracolo. Tn molti cli cotesti compagni, massimo di provincia, dovo essersi for– mata, del com1>ngnopropagandista, questa singolare idea: che egli sia una specie cli vetturale di piazz,~ che sta lì, sul suo serpe, ad attendere il cliente, o uno di quei cani cli lleine che, sdraiati in mezzo alla via deserta, supplicavano coll'occhio la pc<htta ciel passeggicro. Che ciascuno cli noi abbia i suoi im· pegni prefissi, il suo lavoro quotidiano, le cure della professione e dCllit famiglia., il i)isogno di riposo e di raccoglimento per pensare, studiare, preparare qualche cosa cli meglio che non sia la. riedizione stereotipa dei soliti imparaticci dogli opuscoli a un soldo, è cosa che non sembra sfiorare il loro cer"ello. ln fondo - dico bene lo Zerboglio - uno dei fat;.. tori principali cli cotesta mania delle conferenze ..... improduttive non ò altro che la noia. Nelle piccole citti\ e nei borghi la politica langue, l'organizzazione operaia o non può farsi, per mancanza di materia prima, o ò già. fatta. materUtlmente o non si riesco a infonderle vita, a farla operare: nel Circolo si è già esaurita l'accademia. degli ordini -del t:iorno di plauso e di protesta, la commedia dei "oti di biasimo 1 la farsa dei pettegolezzi. Il teatro ò chiuso, le serate sono eterne, e una buona" conferenza cli propaganda,, sarebbe un 1>assatempo delizioso. Noi tutti, pieni cli faccende fino al collo, costretti a sgohbare la notte fino all'alba per liberare il tavolino dalla valanga quotidiana delle carte, non sappiamo figurarci quanto l'ozio sia padre dei vizi. Che questo sia spesso il mo"cnto dell'invito ve ne accorgete taJvolta dalla qualità i.lei pubblico. Eravate andato per parlare ad operai e contadini, ma que~ti sono occupati o sfiniti di stanchezza, hanno altro per il capo e restano alle loro case: vi trovate cli fronte a un pubbJico cli piccoli borghesi, rivenduglioli, gar• zoni di bottega o professiooisti scioperati, ai qmdi non avete nulla da dire e cho pure dovete i.raxc– stire eia " proletariato autentico,, per spendere in qualche modo la vostra concione. Costoro, è giusto confessarlo, vi applaudono scnzu. economia, e vi sono cordialmente grati fino alle lagrimo dell'eretta di svago che aYete loro procurata gratuitamente. Fato in questi casi di provocare un'interruzione clel dole· gato o brigadiere di servizio (sarebbe anzi prudente mettersi d'accordo con esso in anticipazione) e allora l'entusiasmo salirà. al diapason piìl alto: tutte le ri· bcllioni di farmacia, latenti in quei cervelli sonuac• chiosi, si desteranno di conserva, e dell'incidente si parlerà. fino al Natale od alla Pasqua successiva. Vi è qualchccosa di più triste, o ciò non soltanto in provincia o nelle borgate minol'i: la persistente impreparazione del pubblico ad ogni discorso fatto di studio e di pensiero. Se voi non siete un mercante di luoghi comuni, uno spacciatore di volgarità stereotipe e un eccitatore triviale di passioni plebee, se non esibite il solito paradiso artifichllo della società. futura, se non ve la pigliate col Governo che dovrebbe fare o non fo, coi signori e coi preti, pa rassiti e dissanguatori del povero, se avete stuclia.to un nrgomento che attiene alle condizioni reali e co ncrete deJ paese a cui vi dirigete, se dito ni lavoratori non ciò che devono atiell(te,·e, ma ciò che dovrebbero fare e il modo che dovrebbero tenero per venirne n capo, voi \'i avve• dote subito, dulia crescente freddezza. dell'uditorio, a che non siete mtpito o che sopratutto 11011 siete ,,;eu• lito. 1\ gente, elle 11011 udì mai l'espressione di un pènsiero pm,itivo e complesso, cho si::1tc111aticamc11lo non legge giornali nò libri, il \'Ostro frasario ò arabo, per piano e popolare che vi ingcgaiato di essere, non suscita nè imagini nè associazioni di idee, e il di• scorso passa SO\'ra quelle coscienze come acqua sul marmo. A.v·vcrtito, dal senso che è in ogni oratore, della. refrattarietà degli uditori, clcll'assenza di og11i vibrazione reciproca fra essi o voi, mentre stanno a rice"ere il fiotto delle vostre parole come una mu• sica che li intontisco dolcemente senza lasciare 111• cun solco nel loro spirito, tentate di riprendervi ab– bordando il luogo comune, la platealità idiota, la frase ad effetto che vi avvilisce, ed ceco subito ri• stabilito il conta.tto 1 riaperta la corrente, rianimato l'ambiente, l'entusiasmo risorto. Voi pensate al motto del filosofo che, sentendosi applaudire, si domandava: che bestialità ho dunque detta? Triste constatazione, ripeto 1 porchè vale a climo· strare come l'opera dei Circoli sia stata, in troppi luoghi, negativa, o quanto ancora è da fare perchò la. stroml>azzata." forza politica,, del proletariato cessi cli c::;sere una millanteria e diventi una. realtà. La con– ferenza dell'oratore di grido non può avere valore (sillvo il caso cli ambienti elettriz,..,ati, e cli lotto n scadenza immediata, come nei periodi elettorali) iso non come inizio di un lavoro da farsi, por scuotere gli spiriti e suscita.re lo curiosit..\ intellettive, o come sintesi cli u n lavoro g ià fatto da condursi a ulteriori conseguenze schiudendo nuovi aditi alle menti ed ai cuori: ma ò seme sparso sulla. rena se non la se• condi o fecondi l'opera. assidua e pratica che non può esser fatta se 110111 su tomi coucretii dagli elementi lo– cali. Or questa ò l'opera appunto che {JUasidovunque è mancata finora al partito. Continuando così, sbit– lordeudo la massa collo grandi frasi e cogli spetta– coli fastosi delle così dette " buone giornate por la 1>ropaganda ,,, senza intessere la trama paziente cli un lavoro quotidiano, che susciti davvero le coscienze e lo attitudini a pensare o a fare nel proletariato) noi abbiamo dipinto un vistoso scenario di pa1·tito,._ senza consistenza, e rischiamo di faro qualcosa che e assnJ poggio elci nulla: pcrchè getta nella testa idee falso o facili illusioni in contrasto colla faticosa reRlti\ del processo storico. (n nessun altro periodo il partito socialista ebbe così urgente bisogno di raccoglimento e di studio, quanto ora, che, bene o malo, le sue questioni lo lrn. poste, ha \'into la lotta della libertà, ha assicu• rato la \'ita alle organizzazioni) ò entrato nei Comuni o nel Pnl'lamcnto, e deve creare a sè e ad altri lu piattaforme dell'azione immediata. :Ma di fronte a quale questione si può dire ch'csso abbia prepara• zione adeguata, per potere esercitare un'azione cri· tica efficace o dare un vigoroso impulso alle cose·? Guardate i nostri giornali, non esclusi i maggiori, e troverete la risposta. È perciò che, allorquando lo :lierboglio insiste sulla fatuità di un lavoro cli pro– paganda meccanico, che esaurisce inutilmente le mi– gliori forzo ciel partito, egli può bensì sembrare - per la. fornu~ che dà al suo pensiero - un individuo sem1>licemente seccato, ma in realtà pone il dito sulla massima piaga della. nostra Rzione di partito. E, in Yerità., quella che fu proclamata. lotta di ton· clenzo è, anche sotto questo aspetto, una lotta cli ton<lenze bensì, ma di tendenze esclusivamente mo· rnli: fra. coloro, che della impreprtrazione e de!Pigno· ranza generale fanno loro pro, o coloro che vorrob· boro lavorare a. toglierla di mezzo: fra la propa– ganda educatrice, che suppone lo studio e la pa· zienza tenace, e quella propa_r,"8.ndaal bengala. che lo Zorboglio, con parola mite, chiama improduttiva, ma che, al contrario, è produtti"a di male. LA CJUTICA SOCJAJ~E.
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy