Critica Sociale - Anno XIII - n. 7-8 - 1-16 aprile 1903

CRfTICA SOCIALE 121 strali: ciò non toglie che nella Critica si scriva che i f'rutticultori presenti e futuri in Italia sono in op– posizione d'interessi coi cerealicultori nazionali, an• che " perchè essi non temono la concorrenza sh·a• n1era, mu, anzi 1 hanno tutto l'interesse <Uesportare. " Ma vi è h~ frutta fresca che non teme Ja concor– renza estera, almeno sui mercati centrali d'J~uropa.; vi sono gli ortaggi ! A.nche questo è un pregiudizio; ed è un luogo comune il credere che Pftftlia abbia una specie cli monopolio come fornitrice dcli,~frutta fresca migliore ed a pii1 buon mercato sui mercati europei. Lasciamo da parte gli ostacoli doganali che si potranno - speriamo pure ciò che promettono gli anticerealisti - eliminare con trattati favorevoli al– P[talia: e lasciamo da parte altre difficoltà non pic– cole nò facili da vincere. Rimane, però 1 che ora - e la cosa ha tutta la probabilità tli non mutare - in l?rancia la frutta più bella, pii, buona e più ricercata è frutta. indigena, e il consumo è quasi per intero sopperito dalla produzione nazionnle: la Spagna e Pltalia concorrono pel resto, mentre, ad es., le uve più belle e più apprnzzatc pCL'le tavole vengono 1J dalle serre francesi o cla quelle del Belgio. La Spagna non acciuista, ma espoL·ta frutta. Solo la Germania, l'Alta Austria. o la Russia - ma limitàtamente e certo per poco tempo, dato lo slancio con cui, nelle regioni più favorevoli del Mar Nero e, dicono, ora anche nella Siberia, si spinge la frutticoltura - sono, ora.,nè troppo ghiotte nè troppo generose consumatrici della frutta italiana: ma solo di quelle frutte, come le pesche, i fichi, le prngne, le albicocche, che non l"iescono a buona maturazione nei climi troppo freddi di quegli Stati. Gli agrumi - perfino sui nostri merCl\ti ho visto aranci di Florida e di Sirht ! - che si consumano in guropa non sono più una. specialità italiann.. Oltl'C la concorl'enza dolla rngione mediterranea, cl'J~uropa, d'Asia e d'Africa, l'agrume italiano è combRttuto, con favore sempre crescente, dagli agi-umi che vengono dall'Australasia e dall'.A.merica. I'~ nessuno può pre· vedere se un lieto avvenire può essere riserbato ai nostri agn11neti 1 quando saranno compiti e generosi di produzione gli impianti che già son fotti, e man mano si estendono, nella l<'ederazione Australiam.1. Tnbrnto essa già ha chiuso all'agrumo estero - in gnrn parte di provenienza siciliana - il suo mer• cato, sa.turo della produ~ione locale. La frutta fresca nostra.le non è affatto• difesa sui mercati d'Europa da una condizione speciale di fa. vore che le assicuri il monopolio del consumo. Nep– pure la distanza della produzione dal consumo, ele• mento così importante e di prim'ordine per una derrata come la frutta fresca, è una difesa contrn la concorrenza delle regioni frutticole del mondo. Un par d'anni sono, il Governo inglese incoraggiò, con milioni e privilegi particolari, una Società che fece costrurre piroscafi speciali peL' importare in Inghilterra. " fresche come appena colte ,, le più ri– cercate frutta tropicali, specialmente banane, colti– vate e }Jrodotte nelll~ (Hamaica; e mentre i piroscafi della. Pe-n-insular aud Oriental Compa.1111 tutti gli au– tunni nel magnifico porto cli Jlobart (Tasmania) ca– ricano migliaia cli tonnellate di mele per PEuropa, già si studiano e si esperimentano - finora con non definitivo successo -- processi frigoriferi e chi• mico-tecnici cli conservazione delle altre frutta., anche le più delicate, che là si producono - e si produ– cono in un momento in cui si rende inutile il con• sumo della nostra frntta migliore - per inondarne rapidamente i nostri mercati europei. Così quelle lontane colonie hanno inondato di carne, cli burro, di latticini freschi, conservati col metodo cli asside– ramento, i mercati inglesi, con prezzi a cui la pro• duzione analoga d'Europa non può sottoporsi. B1h1ote fl lJ no ,arco Restano gli ortaggi; freschi e conservati. Notano gli autori che conosciamo, come e qual– mente i nostri prodotti orticoli dominano sovrani, e non sOYrani costituzionali, per tutti i mercati d'Eu– ropa: e che dovunque la loro ricerca e il loro con– sumo aumentano. Non vogliamo discutere la cifra che essi danno 11.d es. per l'Inghilterra. A noi sembra chiaro che, per a.vere cli quella cifra la vera espres• sionc, converrebbe metterla in rapporto colla impor– tazione similare da !~Itri paesi ed anche con la pro– duzione locale orticola d'Jnghilterra: e vedere e studiare quanto è cresciuta la nostra e quanto son cresciute le altre importazioni nello stesso periodo: e come si sviluppa la produzione orticola nell'In– ghilterra. Ma, a parte questo, non è supponibile si possa ignorare che ad es. i cal'Ciofì, i piselli, i finocchi, i fagiolini, i pomodori ed altl'C verdure delle pilt cer– cate che si consumano in Sicilin, in dicembre, in gennaio ed in febbraio, pro,•engono da .Malta, J)l'O· vengono dalla Cirenaica, dalla. 'l'unisia, dall'Algeria: che cla questo regioni provengo110 anche molte di quelle frutta., come le nespole del Gia.ppone, che si producono pilt tardivamente anche in Italia; che da quelle regioni, ed anche dalPb:gitto 1 tJUantith gran– dissime di tali vtH'dure vanno, con rapidi postali, a versarsi 1 pei porti di Marsiglia, di 'l'rieste, di Fiume, sui mercati di 1francia e Ingl1ilterra 1 di Austria e cli Germania. E: per il consumo locale non bisogna far i conti troppo larghi, perchè il vegetarianismo non ha poi troppi seguaci in ltalia e la produzione attuale è pili che sufficiente per gli ortaggi, diremo così, po– polari, al consumo nazionale. La Russia è, poi, un mercato che deve sfuggire alle nostre importazioni agricole ed orticole: la fer– rovia transsiberiana ci abituerà, fra po<'o,a fremere della Siberia, non più come di un luogo di dannazione, ma come dJ una fucina naturale dove si prepareranno le più colossali sorprese ai criter'i' cli roubine dottrinaria con cui si considerano fra noi certi fatti economici. Oramai le industrie casearie del nord d'll:uro1>a ne sanno qualcosa per la produzione e il commercio del burro. Per gli ortaggi conservati, le cose, a primo aspetto,· sembrerebbero anelar meglio. Ma questi, oltre ad avere la concorrenza degli ortrtg-gi freschi, che sono sempre i prefel'iti, offrono modo, ai produttori più (listanti dai mercati cli consumo degli ortaggi freschi, cli fa.re una concorrenza semprn più grave agli or– taggi conservati cli nostra produzione. Ofa ora pre• pondera nel nostrn consumo, per certi ortaggi con– servati, la !ll{!rce estera: così buona parte di ortagi:ri sott'aceto o in salse piccanti vengono dal di fuori, fino clalP[,Hlia: e chi è stato a Parigi, od a Londra, od a Berlino 1 od a Vienna, e ha gettato l'occhio cu– rioso nelle ,,etrìne delle opulenti clutnuteries di quelle capitali, avrà constatato che i legumi e gli ortaggi conservati, provenienti dall1Ìtalia, vi sono una rarità. Ed anche la speranza che un pii, esteso consumo possa riuscire favorevole alla merce italiana non va certo nutrita con troppo culto, pel fatto che lo stesso favore può essere usufruito da og·nuno degli altri concorrenti e che l'estensione delle colture orticole non si verificherebbe nel solo paese nostro. Si avverta che gli incrementi probabili del con– sumo nazionale, dipendenti o eia variazioni demo– grafiche o da innalzamento di t1:Jnoredi , ita nella popolazione 11ostra 1 devono valutarsi certamente quali coefficienti favorevoli al.la produzione di tutte le cler• rate ag-ricol"e speciali di cui si è fin qui parlato: coeffi. cienti, anche, adatti a diminuire la quantità di jali derrate rivolta all'esportazione. Ma si comprende, altresì, che nel seiennio entro cui, a partire dal 1904, dovrebbe ridursi il dazio

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