Critica Sociale - Anno XIII - n. 7-8 - 1-16 aprile 1903

108 CRl'l'IOA SOCtALE pretesa di divenir capitalisti o proprietarii. Ora l'o• peraio che, meglio pagato, non migliora, e tosto, il suo tenor cli vita, ò per Pimprenditorn, e anche por l'economia nar.ionalc, una macchina che costa di pill e non dà in ricambio alcun aumento di prodotto. E così pure, se è vero che l'alto salario invita l'im1>renclitore a risparmiare con migliori processi tecnici la mano d'0J>era e a trovar compensi nell'or– ganizzazione 1>ii'1 perfetta dell'industria, è vero anche che <1uell1invito resterà inascoltato, se l'alto interesse del denaro renda troppo penosa l'anticipazione lunga e la lenta circolazione del capitale, se il mercato dei prodotti non offi·a margine per lo spaccio di mag– giori quantità cli es:si, se manchi una classe di operai istruiti e di imprenditori intelligenti e<l audaci che osino e sappiano attuare quei progressi industriali. L'alto interesso e il mercato ristretto fanno dell'alto - salario una causa cli disoccupazione 01>emia 1 pcrchè impediscono all'imprenditore cli estendere la produ– zione, nello stesso tempo che colla. macchina sosti– tuisco l'operaio ad alto salario. lJ la. mancanza di educazione ed istruzione tecnica negli operai e negli imprenditori lascia all'alto salario quel carattere dì un costo elevato di pro~luzione che impedisce di at– tribuirgli un'efficacia benefica sulla economia. na– zionale. Ora, nei paesi anglosassoni tutte queste circostanze favorevoli si possono riscontrare: o ad esse, piil assai cho agli alti sala.rii, si deve la virtil tecnica ed eco– nomica della loro produzione. La terra libera ame– ricana che infrangeva il monopolio dei possessori di capitale - la enorme ampiezza di mercato che seppe crearsi l'industria inglese - l'educazione tecnica meravigliosa di cui dettero prova gli imprenditori tedeschi - costituiscono circ ostanze ec cezionali che agirono come impulsi, ben 1 >iileffica.ci degli alti sa– larii, sulla iniziativa delle cla ssi produt trici. Quest$, iniziativa dunque, al pari della produttività del lavoro, non si mantiene nè si sviluppa, se non sia confortata dalla dis1>osizione di grandi masse di capitale ottenibile a buon mercato, e se non riposi sopra. una perfetta educazione sociale o tecnica degli operai e degli imprenditori. La qucmtitù <lel cctpitale e la psiche economica dei produttori: ecco le condizioni di fatto che decidono se buoni o cattivi saranno gli effetti della elevazione dei salarii sulla produzione nazionale. ·~•ate che un paese povero cli capitale ne diventi ricco, e nello stesso tempo fornitelo cli operai vòlti alla conquista di un pili elevato tenor di vita e di imprenditori intelligenti cd ener gici: e con c iò avrete fatto dav– vero il miracolo di trasfornrn.re l'elevazione elci sa– Jarii in una causa di progresso per la economia na– iionale. . .. Composto così il dissidio fra le due scuoio econo– miche, noi possediamo il criterio per risolvere 1'11ltro dissidio, non mono vivace, fra i pessimisti e gli otti– misti della pubblica opinione. Ha l'rtalia capitale disponibibile sufficiente, hanno i suoi produttori le virtì1 economiche richieste, pcrchè il movimento operaio, se vittorioso, ridondi a van. taggio della groduziouo nazionale? ~J se l'Italia non è oggi in tali condizioni, 1>0trà, per opera dei suoi figli, conquistarle domani? L'esame della realtà dove darci la risposta. Non ò giusto il dar molto peso alla lieta es1>e– rienza fin ad oggi constatata per la grande industria dell'rtalia settentrionale. La grande industria IHl trovato e ha saputo crearsi nell'rtalia del Nord un ambiente simile a quello che gode nei paesi anglosassoni, salrn, naturalmente, il danno d'esser giunta tro,,po tardi nella gara. l~ssa ha trovato forze motrici naturali e relativa comodità. di trasporti e di sbocchi; si è procacciata un regime doganale favorevole, ha approfittato dei primi risul– tati nell'istruzione tecnica) ha assorbito le prime accumulazioni offerte dal risveglio economico del paese e, per ragione della crisi, allontanate dall'a– gricoltura. Bssu ha avuto così finora, in questo primo periodo del suo sviluppo, alimento suffi– ciente d'uomini adatti e di capitali: e perciò ha sop1>ortato fin qui, senza gravi danni e senza. troppe lamentele, il nwvimento operaio e l'elevazione dei salarii. Così - mentre, dal 1881 al 1898 1 il numero annuale delle giornate di sciopero di\•eniva dieci volte maggiore, e la media dei salarii saliva ciel 15 1>ercento - nello stesso periodo si triplicava il red– dito industriale e commerciale colpito dall'imposta cli ricchezza mobile, e si raddoppiava il capitalo ver– si~to nelle società. per azioni. Ma oggi la grande industria esco clall'infauzia. 1 e l'ttgricoltura non sa liberarsi dallo crisi vecchie e nuove: quella ha bisogno di ambiente più largo e di risorse maggiori, que3b\ deve profondamente tras– formarsi. ro non divido le idee di chi sogna e consiglia per l'ltalia la pre1>onderanz!l dell'industria sull'agricol– turn, nè di chi si illude troppo sulle pretese supe– riorità nostre quanto allo risorse naturali del clima e del suolo. urta.Ha non è talmente ricca di queste risorse da poter essere paoso prevalentemente agri– colo, nò ha la 1>ossibilità. di arrivar fra le prime, essendo entrata quasi ultima nella gara internazio– nale dell'industria. Il problema economico italif1110 è, a. parer mio, ben diveròo. Bisogna che l'rtalia proceda colla maggior volo– cifa ed energia. alla trasformazione della. piccola in grande industria e alla riforma dei sistemi tecnici ed economici relativi all'agricoltura. I~l'identico pro– blema così per l'industria come per 11agricoltura. Questa deve (mi si permetta il neologismo) inau– striatizza.rsi: deve cioè produrre non più pel piccolo rnoMato locale, ma pel grande mercato nazionale: deve fare mi11or fidanza sulle risorse ciel suolo e sulln. forza bruta clel lavoro, e far ricorso maggiore al capibtle e ai processi tecnici razionali: deve orga– nizz11rc la confezione e il commercio dei suoi (>ro– dotti, riformare i suoi contratti e dar loro forme pra tiche 1 semplici, elastiche. B mentre l'a.gricoltura diventi così tecnicamente ed economicamente un'industria, l'industria d'oggidì deve cessare d'esser casaling11, frazionata troppo nel piccolo mestiere, vincolata alle abitudini della clien– tela del campanile: e invece deve concentrarsi, per– fe1,ionare i processi tecnici, adattarsi al grande spaccio. Urtalia è paese a popolazione così densa, che il mercato interno potrebbe esser sufficiente aJla sua produzioue territoriale e manifatturiern, anche so por– tat!t ad Alto gr11do di intensificazione. Conquistato il mercato interno, essa potrebbe non preoccuparsi troppo del mercato interrrnzioaale, salvo per quel che compensi le importazioni necessarie. Ma per ot– tener ciò bisogna appunto che la produzione nflzio– nale tutta si trasformi, si riorganizzi e si intensi– fichi. g perciò appunto l'l'talia ha necessità. di pos– sedere gran <1unntità di capitale disponibile e grandi virti1 economiche nelle eia.asi produttrici. Il problema odierno dell'economia italiana ò ehm– quo tutt'uno col nostro problema relativo al movi· monto 01>eraio. Sia per trasformarsi come dovrebbe, sia per sopportarP. felicemente le ascensioni del red– dito operaio, la produzione naziorrnle nostra ha bi– sogno .... cli quel che manca oggi in rtfllia .... di quel che l'ftalia può a.vere domani: cli grande educazione economica nelle classi produttrici e cli grande impulso all'accumulazione del ca1>itale.

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