Critica Sociale - Anno XIII - n. 6 - 16 marzo 1903

CRITICA SOCIALE soldi necessari' a far vivere, in attesa dei trionfi della coltura arborea specializzata, le popolazioni meridio- 11ali. Per le ch\ssi abbienti e, sopratutto, pei cosicletti latifondisti siamo avvezzi a sentire I'" eant in malcun crucem .,, ; ma 1>er i contadini? Sentiamo l'obbie;,.ione necess,uia che, alla trasror– nrnzione immediata, oppone la trasformazione gra• duale e successh'a. E, se noi avessimo scritto gli ar– ticoli contro il così detto protezionismo cerealicolo latifondista meridionale nella Critica, forse diremmo che, parallela alla. graduale abolizione llel dazio sul grano, da compiersi, fino a ridurlo a lire 1)50 il quin– tale per solo scopo fiscale, in un quinquennio, do– nebbe condursi la trasformazione delle colture. Subito è da dirsi che, nò oggi, nè forse mai, ma certo non per or,1, la coltivazione dei cereali in Ita– lia, e pili particolarmente nel iiczzogiorno - e non per ignavia, ignoranza. o nogligen,m cli proprietari e di coltivatori - e neppure in nessuno dei paesi del– l'Europa occidentale, compresi~ Prnghilterra, può produrre a così a. basso costo che, colla aggiunta ciel dazio fiscale di 1,50 per quintale, la concorrenza dei paesi a coltura estensiva e di suoli nuovi sia vinta. Quindi, la grnduale abolizione del dazio deve coin• cidere coll'abbandono assoluto della cerealicoltura e di quei limitati lucri ch'ella può dare, appena il da• zio sia giunto al limite cli riduiione, pcl quale, ag• giunto al prezzo del grano estero posto nei nostri porti il qua11lwn elci daiio, il prezzo che ne risulta sia pari al costo di produzione ciel grano in Jtalia, piit una quota di profitto pari a quelJo che 1>otrebbe ottenersi in qualsiasi altro im1>iego produttivo. Così, per quanto 1>ossaessere grncluale la trasfor– mazione, essa, dovrebbe compiersi, ad un certo mo– mento ed entro il quinquennio, mentre ogni mezzo di vita sarehbc stato tolto alla agricoltura delle regioni meridionali del paese. Ad ogni modo, nella ipotesi che la trasformaz ione graduale potesse avvenire nel < 1uinqucn11.io, esclu– dendo dal calcolo il costo della trasformazione d ei 330 mila ettari, in coltura ortense - perchè questa, per la sua qualità tecnica, non può entrare nel conto che pel primo anno -- occorrerebbero sempre circa 13.500 milioni (L. 13.482.550.000); che, distribuiti nel quin· quennio, e senza calcolare la perdita. graduale cliogni reddito dalla terra, e il costo ingente della annua cura cducatl'ice dei nuovi impianti, necessiterebbe un capitale annuo di 2i00 milioni. 1◄:ppoi, gli interessi annui cli questo capitale con che potrebbero pagarsi, nell'ipotesi juris et <lejure che d ovesse ess ere chiesto al credito? Ma voglia.mo essere anche J)Ìlt generosi. Infine, si tratta d i cercare tra le proposte e la loro critica ciò che veramente sia. scrio e 1>ossibile, per giungere al punto in cui i frutti della prognosticata trasforma– zione non sieno più favolosi delle mele dell'orto delle J~speridi; e non siano pieni soltanto delle Yane ce– neri di una gigantesca illusione. Vediamo il caso di una trasformazione ottenuta. longioretempore. Si ricordi, pel'ò, che le miserie della classe agricola - e non dei soli contadini - sono così gravi e così impellenti nel Mezzogiorno e nella Sicilia, che le graduali e le lunghe trasformazioni, benchè dirette a sollevarle, hanno piuttosto signifi• catodi una trista ironia che di un verace sentimento di bene. Poi, ancora, ò da ricordare che tutt'intorno pc! mondo, nella Nuova 1/.elanda. e nella 'l'asmania, nella Florida e nella California, o nelle isole J lttvai e nelle 'l'tflti, ora nella Crimea o piìl tardi nella Siberia, si impiantano rapidamente nuovi frutteti, nuovi Yigneti e nuovi agrumeti; che gli agrumi si coltivano e si 1>ossouocoltivare con successo nelle pii, diverse e lontane plag-he temperato del mondo, dalla Colonia ciel Capo al Oiapponc ed alla Cina; dal Mes– sico e dal Brasile alla Persia: sicchè, questa gradua- B U lt r.;d 1...:1111 t.) e IGCJ lità. cli trasformazione rischierebbe cli essere condotta e finita, proprio quando la stessa concorrenza, che O.!?giobbliga, per poter sfruttare le terre cerealicole italiane, all'elevato dazio cli difesn., colpisse a morte le nostre nuove derrate. Ma di ciò piì1 avanti. 11 1>rof.Ohino Valenti in un suo bre,·e articolo, ap1>arsonel Giorm,le degli Hconomisti (novembre I \J02) intorno al Credito e al fabbisogno di capitale della ayricollura italiana, con assennati e prudenti calcoli 1 valuta che, scmm nnnientaro alcuna, delle coltmo attuali, senza esagerarne altre, per migliorare e in– tensificare ht tecnica. agricola attuale nelle varie col· ture, migliorare e conquistare dall'incoltivazione una. 1>arte di suolo, che meriterebbe di essere veramente bonificata, occorrerebbe un periodo eia 30 a 50 anni ed una spesa intorno ai setto miliardi. La somma. non è aOiitto f1tvolosa, dato che ossa. si spargerebbe su tutta .l.tfl.lia.conforme alle peculiarità agricolo regionali, e si diviclereblJe in cosl lungo periodo da, rendere, in certa guisa, abbasbrnza. facile e pra– tico il periodico devolversi allo scopo prescritto delle annue somme. necessarie. Nè il Valenti rimane in– cauto contro la situazione agricola it11liana al ter– mino del periodo cli trasformazione ; perchò egli avverte che nel suo calcolo si postulano permanenti le condizioni migliori attuali sl tecniche, che finan• ziarie e commerciali della nostra agricoltura. Ciò può parere poco rassicurante ai pessimisti: dato che po– trebbe avvenire che, al termine della trasformazione, quando tutta la nuova spesa. sarà-compiuta, le con– dizioni agricole mondiali, tecniche e commerciali, fossero mutate così eia rendere disastrosa la sofferta spesa. Aci accogliere, per la trasformazione agricola. del Mezwgiomo e della Sicilia, il lungo periodo indicato dal Valenti, vogliamo fondarci sul periodo piìt breve, trent'anni, e valutare solamente la spesa. viva d'im• pianto delle colture speciali, esclusa. l'ortense, ed esclusa, pure, la somma - di miliardi, pertanto - delle 1>erdite di reddito e delle spese di coltivazione nel periodo infruttifero minimo dei nuovi imphmti. ])ippiù -- nella intenzione di non aggravare troppo il patente facilismo dei consiglia.tori delle rapide e ra– dicali trasformazioni - vogliamo ancora calcolare che, nel trentennio cli trasformazione, la. prima metll del periodo, compita metà della trasformazione, pro– duca, per la favorevole situaiionc nuova promessa dagli scrittori della Ct'itica, allo nuove colture ar– boree ed ortensi, metà del cnpitalc occorrente alla trasformazione elci residuo suolo, eia com1>icrfli nel successivo e ultimo quindicennio. Non si potrà tac· ciare noi cli voluto impicciolimento dell'esito di tali trasformazioni, qua1Hlo offriamo come profitto, da impiegarsi in ulteriori impianti, una somma clioltre 3270 milioni rica,·ati eia meno che 2.\J00.000 ettari di suolo in quindici anni, almeno cinque dei quali non hanno fruttificato. Dunque, a strappare alla cerealicoltura, che vive di lagrime e di dolori ciel popolo, il Mezzogiorno d 1 Jtalia e 1a Sicilia., compiendo la trasformazione in un trentennio, occorrono più che dieci miliardi di lire (L0.122 milioni). Riduciamoli pure di piì1 che un altro miliardo, per calcolare con scrupolo tutti i successivi aumenti di reddito autonomo destinabile alla ulte– riore trasfornrnzione, aumenti che si Yerilìcauo man mano che aYanza. la. trasformazione stessa. I novo miliardi, eh.e dovranno essersi spesi, ricorrendo al ere• dito, nel trentennio, danno un fabbisog-no annuo medio di 300 milioni. La somma pare rclativnmente piccola: ma essa - mentre non comprende quella per lari– duzione ad orticoltura irrigua molto intensiva dei 330 mila ettari che a questa spettano - si aumenta d'anno in nnno, cd in capo a cinque anni si sarà sostenuta una spesa yiva di 1500 milioni che, a mala pena, potrebbe dare un piìi che limitatissimo reddito

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