Critica Sociale - Anno XII - n. 20 - 16 ottobre 1902

314 CRITICA SOCIALE Dopo avet· sentito il parere di molt.i industriali metallurgici, concordi tutti nella protezione, la Com– missiono accolse dazi elevati, che compaiono nella tariffa del 1887 1 costituendo una delle voci pill com• plicate e vessatorie nel suo ingranaggio. .·. Questa gigantesca protezione non si può dire che abbia esercitato un'influenza sensibile sullo sviluppo della. nostra industria del ferro. Le cifre del movi– mento commerciale ci dimostrano solo un certo in– cremento, fra il 188G e il 1892, nella importazione del ferro e acciaio grezzo: incremento che non su– pera i 300.000 quintali, e che segna il vantaggio ottenuto dalle acciaierie di Terni e di Savona e dalle poche altre. Quanto al t'erro e acciaio lavorato, in lamiera e in seconda fabbricazione, l'importazione decresce in modo poco spiccato: l'importazione di macchine si mantiene costante, malgrado che, come ò noto, in quegli anni le patrie industrie in generale non abbiano realizzato spiccati progressi. L'esporta– zione poi si restringe a una voce sola: minerali, di, ogni sorlci; di oggetti lavorati non vi è parola. O.ra, in generale, il movimento commerciale in sè e per sè non basta a costituire un indice sicuro dello svi– lup1>0di una data industria. Ma nel nostrn caso, dove Ja protezione è chiesta come mezzo unico per sviluppare l'industria e per salvarla dalla concor– renza dei prodotti similari stranieri, le cifre della importazione diventano un indice decisivo: qui ci autorizzano a conchiudere che la 1>rotezionenon valse a creare l'imlustria, metallurgica, in Ital-ia: ep– pure le si era fatta un'nnticipazione di capitale immensa! Una riprova l'abbiamo se ci occupiamo di vedere se, nel 1892 1 gli industriali del ferro erano soddi– sfatti del trattamento doganale del 1886. Quanto ai la.voranti la materia prima, essi si mo– stravano contenti dello stat11,quo. ]~ si capisce: il dazio sul ferro e sulla. ghisa essendo proibitivo, le materie prime venivano tutte fabbricate in paese, come pure in paese venivano fabbricati alcuni pro– dotti meno fini, quali, ad esempio, le rotaie per le ferrovie. Anzi, in tal ordine, il dazio altissimo ayeva portato il solito inconveniente di attirare troppo capitale verso l'industria protetta., sicchè si era sve– gliata. una certa concorrenza. Questa. però non agiva molto efficacemente, perchò limitatrt dal fatto del– l'essere l'industria, del ferro tale da richiedere forte capitale d'impianto. Ma, per quanto si riferiva all'industrio meccaniche, gli industriali non si mostravano gran cosa soddi– sfatti del trattamento ricevuto. Ecco come riassu– meva ron. Rubini, industriale in ferro non che re– Ja.tore per questa materia alla Commissione del 1892, le querele sue e dei suoi colleghi. Le cause clell'iuf'eriorità. dell'industria italiana in confronto delln straniera sono in parte di natura tecnico-fiscale-economica., e in parte dipendono dal migliore e pili antico assetto delle industrie rivali e da.Ila loro maggiore specializzazione; eia. ordina– menti nostri commerciali e di trasporti meno per– fetti, non che da fenomeni particolari e meno facil– mente sindacabili, derivanti da consuetudini radicate e dalla ripercussione eventuale degli altri dazi di difesa sopra la. capacità. ad esportare di talune in– dustrie, che ne sono l'oggetto, a prezzo minore della media generale dei costi dei prodotti che esse fab– bricano. Le infcriorifa per cause tecnico-fiscali-econo– miche si riferiscono principalmente: 1°al dazio modio e alle maggiori spese di trasporto, sino all 1 officina, delle materie impiegate, tenuto conto deì rispettivi cali di lavorazione, sii, che queste si procaccino al– l'estero, sia che si comperino in paese, ma aumen– tate corrispondentemente cli prezzo; - 2° a maggiori Bo ,ate 1.. no ti a o il1tercssi e ammortizzo del ca.pitale d'impianto del– l'opificio; questo a sua volta essendo notevolmente piì1 elevato, così per f'atto delle spese di trasporto e cli dazio del macchinario ed altro, come per la necessità nell'opificio na.zionaJo di avere meccanismi, attrezzatura, forni, ere., in maggior numero e pii1 svariati per difetto di specializzazione ciel lavoro e di am1>iezza di mercato; il che porta anche ad oc– cupare pili terreno e ad estendere di pili le costru– zioni murarie; - 3° a maggiore spesa per consumi di\'ersi e per riparnzioni, rimonte, dipendenti dallo medesime ra:-tioni di cui al paragrafo precedente; - 4° a maggiori interessi sul ca.pitale immobilizzato nelle mnterie prime, a mezzo lavoro e finite; questo capitale essendo a. sua volta piì1 cospicuo per fatto del loro costo maggiore e della maggiore varietà di lavoro, che richiede l'esistenza cli stocks piì1 cospicui; - 5° a maggiori interessi sul capitale investito in crediti verso la clientela, sia che detto capitale ap– partenga all'industriale, sia che interYenga il ban– chiere a scontarli; - 6° al maggior costo del com– bustibile impiegato nella lavorazione direttamente e per generare la, forza motrice. Non si prendono a considerare le officine dotate di forza idraulica., giacchè, per quanto riHette l'industria metallurgica. e meccanica che muove masse e pesi ingenti, il vantaggio che ne discende è ripagato a usura dalle pii1 elevate spese di trasporto; tanto che le pit1 mo– der,ie e importanti indtallazioni Yi rinunciarono; - 7° eventualmente alla maggiore spesa di mano cl'o• pera; - 8° 11\lemag~iori tnsse che colpiscono l'in– dustria nazionale in confronto dell'estera; - 9° alle maggiori spese che incombono generalmente alla officina nazionale per trasportnro il prodotto finito sino a destinazione del cliente nella su~1 zonit di rnndita i11 confronto dcll,i merce proveniente clal– Pcstero, considerata questa già resa in uno dei nu– merosi porti italiani o transiti di confine, ai qua.li indifferentemente può affacchnsi per penetrare in paese. Questi motivi per l'on. Rubini si dimostrano tutti calcolando lo spese di produzione che uno stesso prodotto importa.va secondo che costrut.to in rtalia o 11ll'estero; con questo f.listema, ogni produttore, quando il bilancio gli torna male, avrebbe dilitto a pretendere un dazio corrispondente dal Governo! Naturalmente, in base a tutti questi elementi di inferiorità., l'on. Rubini chicdern. corrispondenti au– menti di dazio. I.e sue domande parvero eccessive alla stessa Commissione, la quale discusse ampia– mente le conclusioni del relatore. Questi però vinse su quasi tutte le voci e ottenne cho le macchine pili importanti non venissero vincolate nei futuri trattati di commercio. Vedia,mo ora corno i dazi passarono nei trattati dc] 1892. Con l'Austria, essa pure immersa nella protezione delle sue ferriere e quindi non interessata alla esportazione, i dazi rimasero supergiù quelli stabiliti dalla tariffa d0l 1887. Diversamente anela– rono le cose con la Gc1rmania. Essa era una delle maggiori importatrici in Italia dei prodotti siderur– gici. Jn confronto quindi dei ribassi da essa concessi a. molti prodotti nostri, l'Italia dovette vinco1are i ferri cli prima e di seconda lfwornziono e gli uten– sili e strnmenti usuali per arti e mestieri, con ri– duzioni di dazio oscillanti da 25 cent. a una lira Al quintalo. Furono però esclusi dal vincolo convenz'io– n11legli og;;ctti cli Ia.v,)rnzionc pili eletta 1 come quelli ossidati, smaltati, nichelati, laccati e simili : come desiderava la Commis.;ione 1 vennero inolt.re lasciate libere le voci riguardanti le macchine. Così pure con 111 Svizzera. si recero importanti con– cessioni, anche sulle macchine. Vediamo ora, al solito, come ha proceduto il nostro commercio in ferri dopo i trattati del 1892.

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