Critica Sociale - Anno XII - n. 12 - 16 giugno 1902

184 CRJTICA SOCIALE pii1 Coopera.tive, esse produrranno quanto più è pos– sibile per la concorrenza, e data una sola Coopera~ tiva, essa regoleri\ la produzione nè più nè meno d'una intraprnsa capitalistica che sia riuscib~ a con– quistarsi il monopolio, come a.vviene nei Sindacati degli Stati Uniti. Quanto alla. legge di distribuiionc, ò vero che nel sistema cooporat,ivistico cessa la funziolle parnssitaria. dell'imprenditore, nrn non si abolisce il profitto dei coopera.tori a danno dei compratori dc! prodotto, ec– eetto che questi non ai trovino in condizioni tali da poter fare a meno di quel prodotto, o se lo possrrno procuraro per a.ltrn via. Il pericolo delle Cooperntive cli produzione - dirò poi delle Cooperative di con– sumo che hanno altra natura - sta appunto nel dar luogo a un sentimento egoistico nei coopemtori non più dell'uno contro l'altro, ma di tutti verso coloro che sono fuori della. Cooperati ,·a. E se le Cooperative si faranno concorrenza fra, loro non è c,·idcnte che finiranno col ridurre il salario al minimo possibile e ad attuare quella legge bronzea. del salario che in regime capitalistico si ò dimostrnta ineffettuabile? Se poi le Cooperative di uno stesso genel'C di produzione formeranno un Sindacato, si avranno gli stessi inconvenienti che si lrnnno oggi coi Sindacati cn.pitalistici. Anzi si avrà. di peggio, poichè non si miglioreranno i metodi dì proclmdone per deficienza cli capitale. rl cooperntivismo porte– rebbe col tempo a. un corporativismo simile a quello medioevale che sarebbe, è vero, la. negazione del capitalismo borghese, ma. sarebbe anche la negazione d'ogni progresso e d'ogui solidarietà. Debbono du11que i socialisti combattere ad oltranza. il cooperativismo? Nessuno ha. mai sostenuto simile errore. Nei piccoli paesi dove l'artigianato va sempre piì1 immiserendosi nell'ozio e nella più stupida con– correnza, le Coopera.ti ve e/te abbiano hisogno cli JJic– coli capitali possono fare del bene abituando i la.\'O– ra.tori alla solidarietà di classe. Ma è ncces!:lal'io man– dare di pari passo l'educazione socialista, perchè i lavora.tori s11ppiano bene che la soluzione del pro– hlema sta nella collettivizzazione delht ricchezza, perchò essi non si facciano troppe illusioni e all'oc– correnza abbiano la forza di sfollare Ja piccola Coo– pera.ti va del paese nat,io quando lo smercio non sia sufficiente a smaltire tutto il p1·odotto. E ora qualche parola sulle Cooperati\,e di consumo. Queste differiscono e!:lsenzii1lmente dalle Cooperati,•e Ili hworo per l)il1 motivi. fn primo luogo esse com– prendono i lavoratori di tutte le categorie. [n secondo luogo esse non richiedono l'..tnticipazionc del salario a tutti i cooperatori. Finalmente - e ciò fissa il carattere essenziale delle Cooperiltive di con!:lumo - esse non mettono sul mercato la merce lavoro dei cooperatori e neppure i prodotti di questo lavoro. l~sse non fanno che rendere meno costo:sì i prodotti necessari alla vita. e tutti gli altri beni di godimento. Questo potrebbe ottenere anche una grande azienda. capitalistica, ma è evidente che, quando l'azienda capitalistica fosse riuscita a vincere la concorrenza, a.pprofitterebbe del monopolio a tutto suo vantaggio. La Cooperativa di consumo invece non può mai in– correre nei vizi di qualunque alfra azienda. - anche Coopernth•a di lavoro -· poichè non può mai dar luogo it sfruttamento, sia nello stato di concorrenza, sia in quello cli monopolio. 8ssa opera verso i capi– tali impiegati nelle aziende commerciali ciò che ope rano le Leghe cli resistenza Yerso i capitali impiegati nelle industrie e nella agricoltura. E tale azione si presenta come neces!:laria 1 perchè una resistenza contro il capitale commerciale sarebl,e impossibile per altra via. La profezia con cui Enrico Leone chiude il suo articolo mi suggerisce un'altra osservazione. Non è facile prevedere quale sarà via via l'azione che spie• Bib ,oteca C no B,arco gherà il partito socialista per raggiungere i suoi fini. Esso seguirà. naturalmente - come la corrente di acqua che scende al mare - Ja via della minor re– sistenza, e questa è spesso tortuosa e !:ltrana. Intanto, mentre ù chia,ro che ci av,•iamo alla rnunicipa.Jizza– zione di molte aziende, sia.mo hen lungi dal veder crescere l'importanza. delle Cooperatiw'l di lavoro. GREOAIUO. ILPARTITO AGRARIO INGERMANIA IJJ. Gli agrari e la politica commerciale. Nei due precedenti numeri già potemmo intravedere l'azione deleteria che il partito degli agrari tedeschi ha esercitato sui due c:Iementidel laYoro e del capitale. Ai danni di quest'ultimo concorsero certamente altre e ben piì1 complesse ragioni, che io flintetizzerei nel nome di crisi, se tale vocabolo, uscito dal domi11iodella scienza per passare nell'uso volgare, non fosse oramai divenuto uno di quei tanti termini di luogo comune, sotto i quali si nasconde la completa ignoranza del contenuto. Che è una. crisi? 1\loltiscrissero dimostrando che essa di1)ende da un ecce~so in più o in meno di produzione: altri fecero dipendere il fenomeno doloroso da })ertur– bazioni nel eredito. A Jtri 1 con audace anticipazione, dalla osservazione statistica. incompleta si credettero autoriz– zati ad attribuire alle cri.~iuna funzione periodica, quasi indipendente dalla. \'Olontà umana. A me sembra che il concetto pii'1esatto cli crisi sia quello cli liii perhtrba– mento cli equilibrio. E allorn lo studio cl! essa diventa affntto meccanico, quando si abbia una chiara concezione degli elementi variabili e dei coefficienti costanti che entrano a costituire le grandi equazioni de!l'equi!lbrio nei mercati. Certamente, la Germania fu ed è scossa da. uua. crisi. Per non dir altro, gli eflètti li scorgiamo nello stesso movimento .commerciale. Abbiamo lasciato, in principio <li questo studio, l'importazione in Germania nel 1900 a tonn. 4Ti.!.ll'0.000 e l'esportazione a tonn. 32.700.000: queste cifre nel HI0I, anno in cui gli effetti della crisi si fanno sentire, le ritroviamo decresciute rispettivamente a -14.300.000 e a 32.300.000, indice sicuro di diminuita produzione e di scemato cOn.'!umo. Che se a queste cifre uniamo quelle dei diminuiti affari di Borsa e le altre J>iì1 affliggenti dellttdisoccupazione, abUiamo un quadro ap– prossimativamente dimostrativo ehe, dal J87fl in poi, la Gel'mania non aveva subìto un crollo piì1 duro nel piìt intimo del suo sistema economico. Sarebbe troppo gr~ar la mano sul partito agrario, che ha già. tante eolpe 1 se ad esso solo si attribuisse la. responsabilitt~ della crisi: e, oltrcchè eccessivo, sarebl,e falso. Non colpe, ma. fenomeni di tutti i generi concor– sero a produrre lo squilibrio. Come ha brillantemente descritto il signor Selden nell'ultimo 11umerodel Quar– lerltt Journal o{ N;onomics (febbraio), il credito, se .ii per sò non produce certe crisi, sempre però le aggra.va : è di questo aggravio che in Germania la colpa va al partito agrario. - JI quale però ne ba portato già le conseguenze. Sa– rebbe assurclo nega.re che l'agricoltura tedesca attraversò llnnatc ben dure 1 dopo la dimostrazione evidente che ne ha dato i! Von der Goltz in Vorles1mgm fiber Aymrtt:esen w1d Ayrarpolitik (J·ena, !S90),e si può anche age\'Olmente ammettere che gli ultimi due raccolti, in cui la natura.

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