Critica Sociale - Anno XII - n. 12 - 16 giugno 1902
CRITICA SOCIALE 183 il rispetto 1,lle sentenze arbitrali, il riconoscimento giuridico delle associazioni - quale è proposto dal- 11Alcssio - ci è atfatto superfluo. A noi basterebbe che lo associazioni operaie fos– S0l'o riconosciute come esistenti cou un atto molto simile a quelli dello atato ch•ile. Basterebbe cioè rhc nl Ministero di Agricolturn, ed .lndustl'ia, o al– l'Ufficio del lavoro - <JlHrnclo il .Parhunento termi– nerà di approvarlo - esse venissero inscritte, dietro la semplice 1>reseufazio11e dei loro statuti e, se si vuole, del nome dei loro amministratori. E che questa prova della loro esistenza sia pili che sufficiente a conferir loro molti diritti, Io ha affermato una autorità. nou sos1>etta)il senatore Cer– rutti nella sua Relazione sull'Ufficio del l&voro. fn quella Relazione infatti si rifìut.ano lo rappresen– tanze delle Camere elci lavoro e delle Leghe conbi• dine, non perchè si \'Oglia. priQJn. dare a questi enti h\. facoltà di persone giuridiche, nH~ pcrchè si im– pugna la. loro esistenza, 11011 compro,·ata da alcuu documento ufficiale. Hisoll:it così la prima o grnvt' questione del rico– noscimeuto da parte dello Srnto delle organizz,tzioni di classe, è anche agevolato il modo con cui una speciale magistratura può giudicare dei conflitti col– lettivi. Bastcn'1 inlatti stabilire che davanti a questi Collegi di probiviri o '..l'rilurnali arbitrali, le associa– zioui, la cui esistenza è riconosciuta, possano com– pnrirc mediante le loro legittimo rnppresentanzc. l\la qui si presenta. un problcnht più grave. Il g'iu– dir.io arbitrale deve essere invocato sempre, o può ess ere htsciato alla volonti\. dello due parti? :i,; nel cnso che debba essere obbligatorio, quali saranno le peno per coloro che non vogliono ricorrervi? Così pure, <1uali saranno le 1>cnc per coloro che non si :lssoggtitteranno alla decisione degli arbitri? Al primo quesito noi risJ>ondiamo subito che, nella difficolth. di rendere sempre obbliga.torio il giudizio (il che vorrebbe dire reprimere ogni conflitto non preceduto da un giudizio degli arbitri) ci acco11ten– tercmmo cli renderlo obbligatorio quando una delle parti lo richieda. }] qui sarebbe opportuno stabilire dello f orti ammende per coloro che chiamati in gin• dir.io, sì rifiutassero di comparirvi, aggiungendo, per le associazioni che non volcsticro adiro al .'l'ribunalo arbitralo, la temporanea sospensione del loro rico– noscimento da parte dello Stato. ~è queste sanzioni penali sono eccessive. La norma che è su1>remamente utile introdurre nei grandi con– flitti collettivi è quella che stabilisce l'esperimento doll'arbitrtlto prima della guerra devastatrice. Ora non sarà mai troppo il pretcuderc che, quest-a.uorma sia ris1>ettata., e che coloro che vogliollo sottrarvisi siano puniti come trasgressori di uno dei canoni fondamentali dellR convivenzt~ civile. Ma, reso quasi obbligatorio l'es1lerimento dell'ar• bHrato, non crediamo affatto che si debbano pro– porre sanzioni penali per quella 1>arte che si rifìu• tasse di ottemperare al lodo arbitrale. Le sanzioni troppo miti non ::aggiungerebbero autorità. al giudi– cato, e le troppo severe 1\bolircbbero in sostanza la. libertà di sciopero, cioè una. delle armi più poderose del proletariato moderno. Noi crediamo fermamente che la sanzione più ef– ficace sia ancora, nel periodo attuale, quella data dalla opinione pubblica. Un giudizio arbitrale fa.vo– rovolo ai lavoratori aggiunge alla loro causa un aiuto morale cli così gran poso cl[~ determinare spesso la loro vittoria. Ad ogni modo, se occorresse proprio· dare al giu– dizio degli arbitri un mezzo 1>er renderlo efficace, uoi non vediamo perohè non si dovrebbe cercare la sua sanzione proprio nello sciopero, cioè nella guerra a1>erta. Questa guerra infatti può svolgersi in condi– zioni favorevoli ai IM•oratori o in condizioni favore- G, B n voli ai )Jroprietari, 'e h, log,ge può a suo folento creare l'una o l'altra cli queste condizioni. Prcnclinmo ad esempio il caso cli uu lodo arbitrnle non rispettato dai lavoratori. La. legg-o potrebbe i11 questo caso dichiarare non giusto lo sciopero, o quindi tutelare - come fa oggi - la libertà del la– voro, cioè la proter.io110 armatn. del krumirag::io, st.rnmcnto con cui lo ,'tato moderno attenua e spesso cancella. la libertà. dello sciopero. e, al contrario, fossero i proprietari a ribellarsi al giudizio degli arbitri, lo scio1>ero dei lavoratori potrebbe essere dichiarato giusto cd obbligatorio e quindi protetto contro il 1>eri coloche i padroni s pc-– culino sulla ignoranza e sulla clisorg:rnir.zazio ue lii altro masse proletarie. Corto, questo concetto ò molto nrclito e non ha spornnr.i~ cli introdursi per ora. nelle legislazioni mo– derne. Ma un accenno di qtrnntu noi - precorrendo l'fl,v,•onire - abbiamo rapidamcutc abbozzato, r-i trova. g-h\ nel progct,to Millcrand per la discipliua dello sciOJ>ero. Anche l:'1 si crcn un nuovo lipo di scio1>oro, lo sciopero1 obhligatorio, il quale si pro– chtma dopo alcune mi11t1tcnorme procedur,lli. Comunque sia però di queste u di altrettali pro– poste, quello che ci pare certo l' che nello stato at– tua.le del nostro paese una legge che limitasse tro p1>0 bruscamente lo sciopero, o che attribuisse alle ussociazioni ancora. giovani ed immature delle ~nwi rosponsabilit,\ giuridiche, non gioverebbe i1lh1 ascensione gradualo del proleti1rit:ito. Questa grad1rnUtì1 del movimento, che è fllTfL si– curn. del suo cammino pacifico, deve sugg'erire alla legislar.ione sociale di disciplinare soltanto ciò ch(' nrnno mano matura e cli non cr('nrr istituti giuricli<'i non adatti al tempo e al paese. COOPERA'l'IVISMO E S CIALISMO Un articolo di J~nrico Leone nel VJ f11scicolodel periodico JL Socialismo finisce profetando clic la coo· perazionc " presto o tardi fìuirà col divenire la piì.1 importante funzione del partito socialisttt, siccome quella. che non contrapj)One 1>il1allo sfruttamento capitalista un 1>rogramurn. ai;veni,·islico, ma. un fatto concreto, che è germe del rinnovamento socialista 11 • Tuie asserzione deve necesi,nriamente suscitare lo rnemviglie cli molti lettori, anche di quelli che non sono avversi al cooperativismo, forse auche di quelli che ad esso h anno cleclicato una gran parte della loro OJ) era.di propagandista. Nè ad attenua.re la me– rnviglia sarà. sufficiente leggere con attcur.ione il sot• tilc ragionamento che vorrebbe provare la tesi. Ci sono delle asserzioni che urta110 cosifl'attamente 1101!11 disvosiziooo e nelle intuizioni ormai accertate del nOtJLro intelletto, che qualunque ragionamento ò v11no per farle penetrare nel cervello, e c'è 1Ji60gno prima lii una. ]unga elaborazione mentale 1wr accoglierle, se puro meritano di essere accolte. Ma. l'asserzione di gurico Leone è fondata su prove così inoppugna– bili che dovrà finalmente trionfare anche della. mente di chi, come Filippo 'l'urati, secondo l'autore, " ha. ancom inconsapevolmente cristallizziLte nel suo spi• rito le vecchie disputo sul coo1>erativismo a.ntisocia– liistu n? Esaminiamo intanto qualche p1rnto della di· mostrazioue. L'Autore sostiene contro il Pautaleoni che non c'è identità. fra le leggi cooperativistiche e quelle capi– talisti0he. Quanto nlJa proclur.io11c,secondo l'Autore, mentre l'intrapresa. ca1>itulistica produce sino alla 8\Ul produttività estrema, la Cooperativa produce SO· condo il fabbisogno. Ora ciò non ò affatto vero. Date
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