Critica Sociale - Anno XI - n. 15 - 1 agosto 1901
238 CRITICA SOCIALE Non solo - assevera e prova PArdigò - anche il posi– tivismo 1mò avere un suo proprio sistema di morale, austero e umano quant'altri mai, ma anzi ò desso che salva scientificamente la moralitll, la quale non può Iogi– cnmcnto appoggiarsi se non ai principii e alle conclu– sionl della ftlosofla. positiva. E invero non 1mre il mate– rialismo, il casualismo e il fatalismo sono it1cn1laci di costruire, senza urtare contro le proprie 1>remcsse 1 un'e– tica, cbe sia degna di questo nome, ma neanche il teismo o lo spiritualismo cosl clellc religioni rivelate come delle religioni naturali o filosofiche. l: non che le massime morali dei teisti e degli SJ>iritunlisti, astratta– mente giudicate, non sieno di 11er sò, per la maggior parto, apprezzabili e buone. La loro inanità. e incoe– renza sta piuttosto nell'impulso supremamente egoistico - la speranza della beatitudine eterna - che le ,•izia intinrnmente, e sopratutto nel ratto che esse sono desi– gnate e formulate come 11emannzione assoluta, npriori– sticai immutabile, valevole per tutti i secoli e per tutte le genti, di una entità. trascendente; 1>ermodo che, ove questa sia dimostrata non esistere o esistere con attri– buti di\ 1 ersi da quelli, di che primamcnte ò stata fornita, debba, insieme con essa, venia· meno anche la legittimità e la validità. della morale, che se ne ò fatta derivare. Un'etica elevata su fondamenti così fragili e arbitrnrii, e avulsa da qualsiasi contingenza e causa reale, non 1mò non Rvere dubbia vita ed equivoca e non essere ineffi• cace, come vediamo tuttoclì avvenire dell'etica conven– :donale, in cui la m0n\lità non ò - o almeno non do– ,,rebbe essere - se non un complemento e un corollario della religiosità. Essere religiosi ò assai J)iù facile che essere mornli 1 e però sono molti i primi e rari i secondi, e questi non tutti, anzi la minor J>R1·te, nel numero dì quelli. E coloro, che sono religiosi e morali a llll tempo, non sono, anche se essi il credano, morali J)erchè religiosi, ma 1>erchè disposti, J>er un complesso di ragioni concrete affalto indipendenti dalla religiosità, a com1>ortar:simoralmente; e se alcuna volt.a la religiosWt esercita il suo influs.so sulla moralib\ lo esercita con lo stimolo e lo spauracchio dello speranze e degli sgomenti oltramondani e le toglie J)ertanto quello che essa 1>otern :t\'0re di ideale e di altruistico. Che se cl1altra. J>arte la religiosità rosse la l'(m<litio si11e qua,nou della moralità-, non sarebbero cosl radi i devoti e morali insieme e non si avrebbe alcun esempio cli moralità - e invece se ne l)anno almeno <1uanto nelle pie file ortodosse - fra gli atei e i mate– rialisti e i positivisti. Dalle corna. di questo dilemma non si esce. Religiosità e morali fa non sono dunque sorelle; al contrario abbastanza di frequente sono in opposizione. Dal che si ricava che socialmente la religiosità, quando non sia dannosa, ò inutile. Può, tutt'al più, negli umili e negli ignari, produrre quella J>seuclo-moraliHl, che invece, nel fatto, è una vera immoralità e che consiste nella inerte e... meritoria rassegnazione alle ingiusti'tie di classe: c1uella devota e cocciuta rassegnazione cara a. tanti liberi pensatori e perfino a qualche magnifico esposi toro del 1>ositivismo e ammiratore dell'Ardigò e di cui la reazione suole servirsi con così accorto e furbesco spirito di utilità. Ora a ehi, in buona o in mala fede, persiste a credere che, in questo senso, la religiosità, anche so cli 1>er sè fondata sull'assurdo, adempia una ))rOHida funzione sociale, dedichiamo la. pagina, che segue, della 1llornle (lei p-0siti-visti: .... ho ap11reso che il segreto del bene sta nel di– sprezzare i ,,antaggi che non si possono ottenere se non B1b1ote n CJno B1ar o a prezzo di onestà e cli dignità, e nel contentarsi di quelli, per quanto piccoli, che ci procura, massimamente nella soddisfazione della coscienza, il lavoro utile; e so11ratutto la meditazione scientifica. Nè si dica la detta ossen•azione valere, per eccezione rara, solamente per le J>ersone cli una tem1>era.e di una cultura particolare, e che offrono le risorse all'uopo necessarie. 1~ non ,,a1ere per gli uomini volgari, e per la generalità degli operai e dei contadini, costituenti la mass,\ piì1grande e il rondo della società. I quali essendo costretti dalla stessa natum invincibile delln cose a con– durre una vita cli fatica, di stento, di patimento e di dolori, e senza le risorse morali intime che una cultura forte procaccia colla immaginazione artistica, e colla meditazione scientifica, abbiauo bisogno assolutamente della speranza, sia pure illusoria, della felicità in un'altra vita, per non ribellarsi irresistibilmente alla dura legge che h condanna alla miseria, e per non disperarsi non 1>otcndola Yincere. Anche senza la speranza della felicità della Yita av– Yenire il povero non si clisJlera. f:: questa una dolle cose pit1 vere che siano insegnate dalla osservazione della realtà della natura umana: che cioò l'uomo abbia una possibilità di adattamento alle condizioni e fisiche e morali, alle quali sia necessitato, o J>er la forza delle cose, o per quella della sua ragione, potrei dire prodi– giosa. A tutto e.gli può acconciarsi.... B si vorrà credere che non avverrà l'adattamento anche alla iattura delle speranze oltremondane; le quali poi, in realtà, già sono, si può clire, pressochò perdute, stante che la fede in esse, se non cancellntn del tutto, ò scossa profondamente da. un dubbio ormai lltli\'ersalmente clitfuso e 1>elquale l'accomodamento è già un fatto compiuto? Molto pill che di mano in mano che l'L1omocessa di abbandonarsi, come il pu1>ìllo al tutore, alh~ provvidenza soprannatu– rale, egli va acquistando nella coscienza di sè stesso r. nella compiacenza fiera e felicitante di trovare nel pro– prio volere ogni ragione di essere e di rare .... Si teme dell'ordine sociaJe, venuta meno la religiosità? i dice: che rimarrà. a contenere la furia selYaggia delle basse passioni irrompenti dalle asperità. della. vita della massa maggiore, inevitabilmente non agiata, della popo– lazione? Che rimarrà? La stessa natura, che basterà all'uopo. 'Pili cresce in alto una piauta, e il volume aereo dello sue frondi, e più nel terreno crescono le sue radici, e la loro tenacità, e la loro lunghezza, e la loro conveniente disposizione: e tanto che valgano a tenerla ritta, anche contro i ,•enti pili rorti. E cosl della pianta sociale. L'assetto della società 1>i va modiflc1mc10 1 da. sè, irresistil>ilmente, col modificarsi della costituzione e della tem))ra morale degli uomini componenti; l'assetto si cambia, la società. si mantiene. Anzi pili ))erfetta; quanto Jlil1 alto ò il grado di evoluzione 1>sicologica a cui corrisponde. E perciò a. quelli che credono la religione necessaria almeno all'intimo popolo per la. conservazione della so– cietà, e fanno srorzi per conservargliela 1 sia onestamente, perchò la credono in sò una ,•erità, sia dis<>nestamente, verchè la credono una me11zog11a e 11011 altro, io. dico: Jngannati che siete! Voi vi srorzate inutilmente, 11oichè avete da lottare colla natura, che è immensa.mente pili forte di voi: e la religione andrà diminuendo 1>erquanto vi adoperiate per trattenerla. E l>adate .poi al 1>ericolo che vi sovrasta. Se voi, intanto che a\•ete l'occhio a mantenere questa religione, che pure Yien declinando di giorno in giorno, non curerete che il popolo vada convenientemente disponendosi, e colla sua educazione diretta, e col miglioramento generale delle sue condi– zioni, da. rendere possibile la sufficiente impulsività clclle idealità sociali, ehe devono governarlo venute meno lo idee religiose, lo tro,,erete allora im1>re1Jarato,e con :~~~~~ c~!!p1!i7;!~n;>r~~~~i~~ 05 1~ 11 1~ 1 ~1e1it 1 ~~i:i~9!~~1:n alla loro balìa: ccl es1>onendo\o ad un processo cli t.-a– J>asso,dalla schiavitl1 religiosa alla libertà. civile, IJrusco e quindi troppo laborioso e accompagnato da scosse violente e disastrose('). ... Ben altra dall'etica spiritualistica ò quella positiva; e non 1>erla minore generosità. delle sue massime, ma
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