Critica Sociale - Anno XI - n. 11 - 1 giugno 1901

CRITICA SOCIALB .165 di al reggersi produttore pili a1·rctrato e al rivenditore più meschino, e così garantisce un profitto ecces– sivo, ingiustissimo, ai produttori più progrediti; hanno ragionato peggio ipotizza.ndo duo possibilità cli calmieri, uno un po' lnrgo, l'altro un po 1 hasso, mentre ,il- calmiere non deve essere nè largo, nè basso, ma portare quel prezzo che risulti dal costo delle farine, dall'impiego normale di queste e dal costo per quintale della lavorazione condotta secondo i si– stemi migliori. Di più ancora, non hanno avvertito che nel calmiere possono anche determinarsi i requisiti che il pane deve presentare. Unii volta che il calmiere non sia nò largo, nò basso, ma compilato secondo i criteri che forniscono il giusto prezzo per requisiti dati, allora è evidente che esso foNorirft il consuma• tore e, insieme a questo, il pl'oduttore che conduca l'industria con metodi progrediti; e - come avviene del resto colla introduzione di ogni progressso nella produzione - ne andran di mezw solo quei produt– tori minuti che rappresentano nella panificazione la produzione a maggior costo. Jn questo senso parmi anzi che il cnlmiere, invece che essere un ordigno di antiqnat.n ccononih, rnpprescnti un J)rogresso e una spinta al progresso. Tutto sta nel vedere come meglio possano ottenersi i dati necessari alla compilazione del calmiere. A clifcn dere la mia affermazione" che è indispensabile accom– pagnare la legge con un altro provvedimento: l'isti– tuzione ciel calmiere oblJligatorio, che funzionerà. tanto meglio, ove funzioni innestato al forno muni– cipale regolatore del prezzo ,, (e di tale utticio del forno municipale !'./-:Co ha taciuto atfo.tto), mi basten\ citare un esempio. Non Bergnmo stavolta, ma Crema. Or son pochi nirni, avendo io constatato che a Crema il pane, assai migliore e meglio cotto, costava tuttavin 4 centesimi meno che non a Bergamo, rin· venni la. spiegazione di questa differenza nel fo,tto che il prezzo e la C)Ualitàin Crema erano determinate da un calmiere, compilato sui dati che l'esperienza, durata un anno, cli un forno comunale aveva fornito. Dopo il quale anno ai fornai si era detto: " O ,,oi accettate che vi facciamo il calmiere e noi chiudiamo il nostro forno, o non lo accettato e il forno va arnnti. ,, Superfluo dire che i fornai accettarono il calmiere. Quello che ieri avvenne a Crema, oggi, domani può farsi anche meglio in qualSiasi pili vasto centro. Gli amici dcli' J..'co sservano che nel momento a,t– hrnle la, pili efficace tutela dell'interesse del consu– matore può essere data dai forni cooperativi e in avvenire da.Ila panificazione comunale. 1\cccttato; io non vorrò mai certo contraddire afferma.zionc sì giuSta. Jn un foglio volante da me pubblicato in oc– casione appunto dell'abolizione della cinta a Bergamo, trattando ciel modi più !lCconci per garnntiro ai con– sumatori il vantaggio del minorato dazio sul pane, ricordo cli avere scritto che in un solo caso è possibile che da.Ila abolizione del da.zio abbiano beneficio sensihile i consumatori: "qmrndo calmieri obbligntori 1 grandi Cooperative dì consumo con vendita al pub– blico e spacci municipali segnino il prezzo legittimo delle derrate e impediscano che il prezzo stesso veuga arbitrariamente elevato. ,, Ma e dove le Coo– perative non sono, e per una infinità di ragioni costi– tuirle non è possibile:' B clove 1 ancora per infinite m– gioni,non si può parlare di pft.nificazionecomunale,como è che si procaccia la tutela del consumatore? Senza contare poi che io, intrattenendomi del disegno di legge presentaio dal ·wollemborg, non potevo che occuparmi della questione dal punto di vista legisla– tivo) nè quanto può fa1·si in vantaggio del con$uma tore fuori del campo legislativo, come la istituzione cli Cooperative, rientrava nel quadro dell'esame da, me intrapreso di un disegno di legge. Così è che rimango meglio che mai attaccato al mio calmiere, contro il quale, non ostante le loro proteste, gli amici del!' l!..'ro pflrmi proprio che siano trasportati non da altro che da u11 pregiudizio liberista. ro voglio ammettere che si discuta sulla opportunitlL del calmiero per altri generi di consumo, ma non poi pane, data e la sua straordinari!~ importanza nella alìmentRzione e la possibilità e h convenienza di regolarne la, produzione secondo tipi legali, per modo che un ragionevole profitto sia sempre garan– t.ito al produttore pili progredito e il consuma.torc sia protetto nel prezzo e nella qunlitìt. Il calmiere sul pano non è già un ritorno alle vecchie regole corporative) per le quali, giungendosi fino all'assurclo, era magari impedito al calzolaio cli faro le scarpe con otto bottoni piuttosto che con dieci, ma ò una nuova, affermazione ciel principio sociale che corti commerci vuole sottratti alla speculazione ed alla frode, cui rima.ne ciel resto sì largo campo d'eser– cizio nella liberista. societì,. borghese, da non dover I}ìangcre assai questa limitazione sì lieve. •*. Del terzo appunto mosso al mio articolo mi spiccio in breve. L'ft..'co prende le mosse dalla mia at-rcrma– zìone, che la evasione al dar.io consumo delle famiglie agiate in Comune aperto può essere facilmente ri– parata con applicazione della tassa di fa.miglia, per rilevare che nemmeno la tassa di famiglia può ba– stare a colmare il deficit comunale ecl è necessario colpire col dazio anche il vino consumato dai priva.ti. Ora, mi domanda l'Eco: come volete mai procedere A.Ila esazione del dazio sul vino in Comune aperto col sistema della tariffa, specie se debba colpirsi anche il vino dei privati? Debbo osservare anzit.utto che l' ,~•co mi ba mal compreso. Non ho mai alluso, nè pensato alla possibilità. di colpire il consumo del vino in Comune aperto, altrove che nello spaccio del venditore, prima di tutto pcrchè la legge non con– sente le esazioni in casa del privato, poi perchè rn-– gioni troppo evidenti impeclirsurno sempre fllln leggo di modificarsi nel senso dall'l.'...'co caldeggiato. Che gli organi del dazio penetrino nella cantina dell'oste, sta bene e si comprende; che vengano nella mia. 1 no per tutti gli Dei! Si è ta.nto gricla.to contro h~ immornlit:\ del dazio, si è tanto protestato por la violata dignibì personale contro le baniere daziarie, ed ora umt legge men feroce e pili if'ggiadra mi manderebbe il daziere in casa per sorprendermi il bicchiere alle labbra nell'atto della consumazione? Lo desiderano gli amici dell'1',Co? io proprio non ci sto. _g quando essi mostrano di volere che questo dazio così fatto si esiga per abbonamenti, con che si elimina l'in· co,weniente, rispondo che l'abbonamento (a meno di essere coa.ttivo - altra enormith) suppone sempre il caso in cui non sia possibile l'accorcio e si venga quindi olla esaiione nelle solite formo. Osservo in secondo luogo che il consumo del vino, da parte di quei privnti che si pronedouo diretta.– mente e all'ingrosso, si riduce a così poca cosa di fronte al consumo generalo, dr~ potersi ritenere a: sufficienza compensftto> insieme alla en1sione di quei privati dal daiio sugli altri generi, colla tassa cli famiglia. L'Bco d-el1JOpoto espone che le famiglie, che pigiano uva in Cremona, sobborghi compresi, sono circa 1800 per una quantifa complessiva cli ettolitri 15 mila, ma sono cifre queste che mi lasciano alquanto dubbioso. Calcolata una media cli 5 persone per fa– miglia, sarebbe poco meno 1..li un terzo della popola– zione del Comune di Cromo1ia che proniederebbe di· rettamente alla. produzione del vino occorrente al con– sumo famigliare) il che, se ò vero, è affatto eccezionale. Così come, sempre sulla, media di 5 persone per fa– miglia e concedendo assai alla siccib't delle gole cremonesi, mi pare un po' forte il consumo medio di L. 165 annui cli vino per ognuno di quei cinque.

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