Critica Sociale - Anno XI - n. 3 - 1 febbraio 1901
ORl'f.lOA SOOJALF. 41 bruta ed ignara che, per la Yiolenza o per l'inganno, ò trascinata sulle loro vie dalle abili minor11nze organizzate. La maggioranza. i1\somma ò sempre serva, tanto se il padrone s'impone ad essa col ba• stone, quanto se essa stessa si sceglie il padrone col voto. Così, nel passato, tutti i movimenti. demo– cratici hanno finito per scadere a demagogia. e la gran bestia popolare ò morta mettendo al mondo il tirRnno; così1 nell'av,•cnire, se il movimento ijQCinlista trionfasse, finirebbe per asserdrc l'umanib\ ad UJH\. tirannia lii funzionari del tipo del YCCchio Impero di Bisanzio o dcll'[m1)cro cinese dei nostri giorni. Ora., molto cli ciò è giusto, e noi non siamo certo di quelli che sognano il connubio del puro astratto principio democratico con la bruta massa popolare. J<:d ammettiamo pure che il dominio sociale è stato quasi sempre nel passA.to ed è pure oggi in grande parte dominio di minoranze orgAnizzate. )La al ).Losca ò sfuggito il fatto, import-ante e patente sopratutto nella vita moderna, della tendenza progressiva, che si manifesta pure traverso tali condizioni. l~gli non ha tenuto conto cli ciò: che vi ha un'immeusa diffc. renza da minornnze a minoranze 1 tanto in tipo che iu estensione: dttlla minoranza cli 1111 sovrano asso– luto, circondato da una ristretta cerchia di fun1.ionari scelti ad arbitrio, a quelh~ che costituisce il Governo di un paese ad istituzioni parlamentari; dalla. mino– ranza di un'aristocrazia. oziosa o lussuriosa a quella cli una classe che compie funzioni utili per Ja so• cietà. Ora, il progresso politico consiste appunto nel pa.ssaggio da minoranze esigue e tiranniche ,i mino• ranze pili larghe e più utili i vale a dire in u11 mo• vime11to ascendente della minoranza verso Ja. mag– gioranza: e perchè questo progresso donebbe fermarsi al limite dove la minoranza diventa maggioranza.? Porchò, se è possibile la formazione di minoranze organizzate sempre pili numerose, non deve essere possibile pure la formazione di maggioranze orga• nizzate? Affermare che la maggioranza della J)OJ)O· ]azione di un paese è sem1>restata e rimarrà. sempre plebe inconscia e brutale, sarebbe non solo assu– mersi un poco simpatico dono di !)l'Ofeziapel futuro, ma anche dimenticare troppo del passato. Jllebe non pa.rvcro forse alle aristocmzie cli un tempo gli arti– giani, i me1·canti e tutto l'insieme di quegli individui lahoriosi che orn appunto costituiscono quella classe media che govema. ·? Nei paesi dove il lavoro ò rimasto rozzamente manu11le, i hworatori, contadini ed artigiani, sono ancora plebe; ma dal seno cli questa immensa classe, in Inghilterra ed altrove, si sono svilu1>1>ate colossali organizzazioni politiche ed economiche pienamente coscienti dei proprii scopi, e la cui azione va. acqui• stando sempre maggiore importanza nel governo della società. Aflèrmare che le idee di queste orga– nizzazioni politiche ed economiche popolari sono false, fantastiche, rovinose, perchò non piacciono a noi o perchò sono contrarie a interessi nostri, ò un interpretare la storia un po' troppo c..goistica.mente; dimostrare che queste folle organizza.te sono costrette a mettere capo ad una minuscola. banda. cli intelli– genti, ò un dimenticare che ciò avviene in qualunque organizzazione, per quanto composta di clementi aristocratici; insinuare, come fa il Loria, che i c11pi delle organizzazioni popohui devono fatalmente ven– dere e tradire gli interessi a loro affidati, è creare una nuovissima teoria del dominio della stoltezza e della malizia umana. Queste organizzazioni in fatto conducono la ,·ita e dividono la sorte di tutte le altre: i vizi i umani vi hanno il loro gioco come le virtì.1; esse passano traverso ad errori e a cose sM·ie, a trionfi o sconfitte; hanno i loro intrighi, le loro querele e 1e loro stoltezze; ma nel complesso ser– vono benissimo agli intet'essi che le hanno create. B h te . .. Nella democrazia duo cose, dunque, si devono di– stinguere: l'idea 1 il princi1>io astratto o assioma asso– luto i e la tendenza. della sua realizzazione pratica, che e lenta, fabllmente parziale, ,na progressiva. Ora. nessuno forse si rifiuta ad ammettere l'assio1rnt che il Governo ideale, più giusto e più benefico cli una società, sarebbe quello in cui tutti gli interessi della socieH1 fossero sinceramente cd autorevolment.e ra.ppresenb1t.i: J,e crit.iche, infatti, che si rivolgono contro alla concezione democratica, non sono critiche di principio, ma critiche cli prat.ica.; i nemici delh1 democrazia la, odiano non per quello che essa vor– rebbe essere, ma por quello che secondo loro è, come cioò una bella maschera di una hrut.ta realtà. Ma anche questa critica, per quanto possll essere giusta nei casi particolari, 1>2r qmmto spesso gli esperi– menti della dcmocnrnia a.bbiano dato risultati dubbi o cattivi, non ha nessun villore come critica, ge– ner::tle. Racconta 'tuart Mili, nelle sue " )femorie "' che una. volta suo padre lo rimproverò acerbameutè per avere egli, dtmrntc una disputa., ripetuta la. vecchia formula che non tutt.e le coso vere nell'astratto souo vere nelkt pratica. 1~ il rimprovero era giusto) <1uan• tunque quella formula rinrnnga. nncora il ponte del– l'asino di tutte le cliscusi,ioni. Quando noi, infat.ti , ammettiamo l'assioma che la democrazia sarebbe il Gornrno ideale della. società, noi veniamo, sia pure inconsapevolmente, a riconoscere che questo assioma deve essere qualche cosa cli pii, che una astrazione fantast.ica. 'J'utt.i gli organismi, nella storia come nella natura., tendono 1,er forza a svolgersi nel modo pili utile alla loro vita i orA, se si ò ammesso che il principio della democrazia ò J'ideRle della vita so– ciale, bisogna ammettere pure che quest.o principio de,·e essere insit.o, organico, p~rte della. vita, del coq)o sociale, non SO::!llO vano. Esso ò certa.mente un ideale, ma. non una fantasia.; non è uno cli quegli ideali che passano nell\1\to, come nubi fuggith•e, sulle cose, ma di quelli che rampollano come ml fiore dalla stessa. reaWi, e che sono uno sforzo na.t,urale e vitale della realU1.verso uno sta.to ad essa. piit utile, verso la propria perfezione. La. clemocra.zifl, insomma, non ò un principio asso– luto, che possa. essere tradotto in realtà improvvi– samente; ma una. profonda tendenza organica della società, che si va. traducendo in re,lltà. mano ml\no che tro\'a la materia. che risponde. Questa materia, si trovitv:1 nelle socieb\ primith·c, illlstortdi, composte di pochi individui ed in cui dominava Peguaglirwza. naturale: tipo di società una. volta quasi universale e cli cui ora rimangono curiosi esem1>lari nei recessi pilt solitarn delle montagne o nelle minuscole isole perdute in mezzo agli oceani; nei luoghi che rima~ sero fuori delle grandi correnti della st.oria. Ma le emigrazioni, le conquiste milita.ri, le tirannie, le ari– stocrazie, distruggendo l'eguaglianza nat\_1rale,clegrn– clanclo materialmente e mora)mente le grnndi masse umane, distrussero la democrazia, primitiva,; costituita ciel resto cli elementi adatti per minuscole comunità., o per uno sviluppo mediocre delle facoltà umane, ma che non avrebbero nrni potuto servire per la costruzione cli org1rnismi ~ocia.li di grandi proporzioni e per l'ampio s,•iluppo della. civiltà. Per questo, anche nelle sue pili magnifiche risUl'• rezioni storiche ciel passato, dalla Grecia. all'Italia delh1 Riuaseenza, la democrnz.ia riapparve sempre nel microcosmo ciel i\[uuicipiOj e la costruzione dei grandi Stati, Nazioni o Imperi, è sempre stata Po1>era.del– l'àssolutismo militare. Solo ni nost.ri tempi la demo• crazia ò riapparsa. con tipi e forme nuove, tra.verso l'organismo dei grandi Sta.ti, delle società colossali; e ciò è do,ruto al fatto che ]a civiltà industriale ha creata. la materia in cui essa poteva plasmarsi, fon-
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