Critica Sociale - Anno X - n. 18 - 16 settembre 1900
CRITICA SOCIALE 281 - che ogni prodotto sia di consumo tanfo dell'operaio quanto del capitalista, a,•remo elle cia:-cun operaio, o ciascun gruppo d'operai, ottenendo un solo JJrodotto, ri• caverà sempre uno solo dei molti prodotti di cui si compone il suo salario, ed uno solo dei molti prodotti cli cui si compone il profitto del proprio cn1>italista. Sa– rebbe q_uindi assurdo ammettere che un solo grup1)0 di OJ>erai,produttore di un solo prodotto, ricavi l'intero profitto reale del proprio capitalista; e pretendere di ,•oler trovare nell'interno della Sua azienda frammentaria il funzionamento dell'intero meccanismo J>roduttivo. Data la divisione del laV0l'0, ogni gruppo p1·oduttorc dipende dagli altri, e nello stesso tempo fa dipendere gli altri da sè. Dipende dagli altri, in quanto ha bisogno dei J>rodotti degU altri JJer completa.re così il salario come il 1H·ofttto degli OJJerni e del Cl"l.J)italistache 10 compongono. J!'adipendere gli altri da sè, in quanto gli a.Itri alla lor volta hanno bisogno, per la stessa ragione, del suo pl'odotto speciale. Data una così stretta dipendenza di cin.-:cuno VCl'SO tutti e di tutti verso cia.s.cuno, la produzione, invece di esaurirsi nell'opera isolata del ~ingoio lavoratore o g-ruppo di ll\.vora.tori, si combina e si fonde nell'opera simultanea di tutti i lavOl'atori, della cla.<.ise lavonitrice. Come in un organismo differenziato - nel coq)O umano, per esemJ)io - la vita fisiologica non si può concepire, se non considerando l'insieme cli tutte le cellule, pel cui mezzo soltanto si sviluppano in modo completo tutte le fun.zioni; così, in una società in cui sia diffusa la' divi– sione del lavoro, la vita economica - nel nostro caso il meccanismo produttivo - non si 1mò comprendere se non abbracciando nella loro azione sincrona tutti i grum,i produttivi, pel cui niezzo soltanto si ricavano tutti i prodotti. Data, dunque, la divisione del lavoro, l'unità produt– trice non è più l'operaio in<Uviduale, ma l'intera classe operaia. J Jlrodotti.salario e i prodotti•profitto escono dal seno della p1·oduzione110ncome il salario del singolo opemio ed il profitto del singolo capitalista, ma come due fondi collettivi di consumo, destinati rispettivamente alla classe 01,eraia e alla classe cn.pitalista. Concludendo, cli fronte al processo reale della produ• zione, non sono i salari ed i profitti individuali, ma il salario collettivo ed il profitto collettivo, quelli che cor– rispondono vero.mente a.Ile condizioni create dalla divi– sione del ln.voro. Si può quindi affermare che il profitto sorge non soltanto come un sovra.prodotto anzichò come un sopra lavoro; ma come il sovraproclotto della classe operaia complessivamente considerata, anzichè dell'ope– raio singolo. La concezione del profitto sotto forma di so,Ta.pro– dotto, lungi dunque dal trovare un ostacolo nella pre– senza della clivisione del lavoro, riceve da questa un nuovo cont'orto. È precisamente la stessa natura circo– stanziata del JJrodotto come oggetto di consumo, quella che ci mantiene in contatto colla realtà viva, e ci fa riconoscere che, data una condizioue di cose in cui ogni gruppo d'operai ricava un prodotto cli una sola specie, il meccanismo produtth•o in genere, e, in ])articolare, il processo con cui si 1;icavano i JH'Odotti-profitto non si può comJ)rendere che sotto una forma collettiva. La concezione del profitto come soprala.,,oro: questa invece ha veramente imJJedito al ~larx di ve(lere - di fronte alla divisione del lavoro - la concreta l'ealtà del processo p1·ocluttore. .lo non nego - ben inteso - che il Marx abbia riconosciuto il carattere di interdi· pendenza e di collettività dei fenomeni procluttivi. Chi legga il Ca1Jitale trove1·à sempre dei passi con cui 1)1'0- vare che egli ha vista questa o quella speciale manife– sta.zione di tale suo carattere. Ciò tuttavia non gli ha im1)edito - ed ò aJJJ)unto su questo che verte la mia critica - di studiare l'intimo J>rocesso per cui il pro• fitto deriva clalla produzione 1>resso un solo operaio isolato, e di credere - in J)iena divisione del la,,oro - che il profitto del singolo capitalista fosse senz 1 a1tro il profitto ricavatogli realmente dal singolo operaio. La responsabilità. cliquesto enorme errore ricade tutta sulla confui5ione fra analisi del valore e analisi del pro– fitto e su!la conSeguente analisi clel 1>rofitto come so– pralavoro. li lavoro, nella sua qualità. di sforr.o umano generico, può essere concepito quale la causa prima di tutti i prodotti. Poichè, dunque, tutti i J>rodotti de– rivano dal lavoro, noi J)OSsiamo immaginare, sotto la veste astrntta di questo loro comune carattere, i pro– dotti pili diversi. Si ammetta, dopo ciò, che il valore elci prodotti sia cleterminato dal lavoro; ed ecco che, rappresentando il 1n·oclottospeciale e frammentario di un ~la.to gruppo isolato mediante la forma a.<.itrntta di \'tdore-lavoro, ti JJa1·rl~di vedere sotto la totalifa (li quel lavoro e di quel 11rodotto l'inter,i produzione sociale; e conseguentemente sotto un,~ prima parto di essi un intero o completo sn.la1·io; sotto la pa.rte rimanente un inte1·0 e completo profitto. ~: dunque la sua teoria clel valore e la relativa teoria del profitto come sopralavoro, quella che ha condotto il ?ilarx a concepire sotto una forma inclivicluale la creazione dei prodotti-salario e dei prodotti-profitto, e quindi anche l'intera produzione. nesta con ciò dimostrato che non è contro la mia rappresentazione del profitto, ma, all'op– posto, contro quella del ]fan:, che si può obbìettal'e l'e– sistenza di una divisione del lavoro. ... Un'ultima considerazione. Abbiamo visto che, data ltt divisione ciel la\'01·0, ogni grnJ)po ric.iva un prodotto di una sola s1Jecie. Ne seguo che ciascun grnp110 1 trovandosi provvisto di un unico prodotto, insufficiente così agli operai come al capita– lista che lo compongono, cercherlt di scambiarne I'in· tera. massa, o, J>er lo meno, la parte sovrabbondante, contro i prodotti degli altri gruppi, che gli abbisognano. Ogni gruppo trovandosi nelle stesse condizioni, si sta– bilidL fra tutti una serie continua di scambi, in cui cia– scuno cercherà cli ottenere, con eque parti del 11roprio prodotto, e gli a.Itri J>rodotti-salario e gli altri prodotti• profitto, occorrenti rispetti\'amente a.gli operai e al ca– pitalista di cui si compone. Senza occuparci qui - per le esigenze dello spazio - della luce che la concezione del processo colletti"o della produzione viene a gettare sulle origini e sul significato reale del valore, è ovvio quale debba essere la. funzione cli quest'ultimo nei rapporti particolari del salario e del profitto collettivo. Una volta che, data la clh•isione del lavoro, il meccanismo produttivo non crea immectiata– mente il salario per il singolo operaio e il profitto per il singolo capitalista, ma il salario per l'intera classe ope• raia e il profitto per Pintera classe capitalistica, il va• loro serve appunto ai singoli gruJJpi per ottenere, me• cliante lo scambio del loro speciale prodotto coi }Jrodotti altrui, un completo salario pei rispettivi ope.-ai e un completo profitto J)Cr il ris1>ettivo ca})italista; per tras– formare, in altri termini, il salario ecl il JJrofitto da coJ. lettivi in indiviclu.1.li . Ciò posto, i prodotti ricavati) in regime di divisione del lavoro, dai singoli gruppi ci presentano contempora•
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy