Critica Sociale - Anno X - n. 4 - 16 febbraio 1900
CRI'l'ICA SOCIALE 61 nA.le?Si dubit.a persino che sia. nostro. Coloro, chp hanno del tempo da perdere, litigano intomo al prQ– Llerna se non sia stato prima dei re1n1hblicani 1 o d~i radicali, o di qualche altro partito:· i moderati, pC\'– fìno ossi, assicurano cli aver avuto piì.1 di una nnmj– cìpalizzazione in cima ai loro pensieri. fnta.nto il fatto fu questo: che i socialisti da dieci anni in qu~ hanno ag ·ita.to le masse, le hanno interessate a.Il~ pubblica cosa, lumno dato loro il senso della vitf politica ed ammi,tistrativa; ed ora che la massa ~i muove, ora che essi possono condurre alle urne dieoi mila elettori, coscienti del fine, vogliosi ed entusiasti della vittoria, ora l'Unione dei partiti popolari non è pii1 soltanto una, parola od una teoria, ma. ò un fatto; il programma ch'essi hanno fatto, o che hanno fatto proprio, è accettato, più o meno, dagli altri par– titi che rappresentano classi aventi con essi una zona. comune di interessi; e dovranno almeno in parte attuarlo, e g·ià. sì comincia, sotto pena di perdere il potere amministrativo. La caria del programma io non Jit trovo pii1, ma non m'importa pili c..li t .ro, ·al'la: I suo conien11fo è nella 110cessità delle cose, è 11clht Yita dei fatti. , · Anche il requisito dclrorganizzazione di partito, nel senso com'è intesa dai più, e assunta. a conlli– ;-,ione dell'appoggio da (hlrsi ai candidati " atfini " 1 <·omeS;entenziarono taluni dei nostri Congressi 1 e come vuole il 'l'rcwet, nnch'csso ò per noi nient'altro se non un famoso pregiudizio. Non si negano, il ciel cc ne guardi, i benefì:di che l'organizzr.zione può ren– dere: ma essi stanno in ragione non della forz~t di un partito, ma. della sua debolezza.. Le grandi cor– renti di interesse e di sentimeuto che fecero valanga nella storia> quelle che prevalgono ancora, non furono e non sono orycmizzale, nel senso, diremo, artificiale di qu'c!sto vocabolo; non ne ebhero e non ne hann'J bisogno, appunto perchò forti. Vog·liasi o no, l'orga– nizzazione, in quanto disciplina, in quanto coazione dal di fuori, sia put·e una coaiione spontaneamente e coscientemente accettata, ò l'Ol't6pedia dei nostri rachitismi : utilissima, ma ortopedia. - La demo– crazia non è organizzata: la Sinistra costituzionale non ò organizzata; verissimo. L 1 una e l'altra 1 intanto, hanno una folla di giornali riuoticliani, noi non ne abbiamo che uno; hanno pii1 cli 100 deputati, i no· stri son 15; bene o male portano alle urne forse mezzo milione di elettori politici; noi ne portiamo cento mila, e anche cli questi, moltissimi sono dei loro. C'è confusione fra loro? contraddizione? tradi– menti? Vero rrnche questo. Ma qui appunto ò dove si panh la nobilità. deH'opera nostra. Veniamo con ciò al capitolo della" creazione del– l'uomo " - o, per essere più esatti) della." creazione deg-li uomini "' ~ .Anche gli uomini si crea 110, sissignori; si creano non col fiat, si caJ)isce, ma per formazione 11at11rafP,, come insegna. Ardigò, per concorso lento cd assiduo cU circostanze. E si creano <t· imagi ne e sembianza del creatore. Ogni partito fa i suoi: ma i pa.l'titi vi– riJi ed.. intraprende11ti fanno spesso anche i fi:;li de~li altri. Così avviene nella vita politica, come nell'altra. Paradosso, se volete, e paradosso immo– rale; ma verità constatafa. Quando sentiamo il 'J'ravet accanirsi con tanta acrimonia contro gli errori, le debolezze 1 le fellonie degli " affini ", noi ci chiediamo se il suo non sia ]JrOprio il punto di vista spiritualista e cattolico, che suppone il Jibero arbitrio: ci chiediamo se queg'li er– rori e quelle fellonie sarebbero possibili quando gli uomin} politici, cui egli allude, fossero creati, e con– trollceti, da un corpo elettorale intelligente e vigile, che sa quel che vuole, e che si cura di ciò che è fatto in suo nome;· se inso1111n:inon siano essi fa colpa sopratutto degli elettori. - Noi g-li a.tlducia.mo dc.i fotti. Quante volte non :1hhiamo veduto 1111 can- Dd U didato trasporta.to da un Collegio rurale, doye· la.sua riuscita dipendera da pochi fitta.bili dalla mente an– gusta e dal cuore pili a.ngusto della mente, trasJ)ortato, diciamo, in un Collegio cittadino, dove i pa.rtiti ,,i– gili e vivi lit:ig-avano e si cont.rolla.vano a. vicenda.; quante volte non abbiamo Yeduto questo candidato tramutarsi, divenire vigoroso e ardito, spiegare tutte le virtù e le forze che erano in Jui e che eg·li era costretto a rattrappire dall'ambiente elettol'ale nel quale prima vegetava! Quante volte non abbiA-mo udito che il t:1le deputato, radicale o democratico o reJJubblicano, aveva, per la sua condotta coerente e senza infingiment.i, finito pet· perdere il Collegio! Quante volte, ciarlando coi colleghi lt'ogni partito negli ambulatorii della Camera, prima o dopo d'una votazione, abbiamo dovuto constatare, confrontando i lol'O voti o il Joro s<1uagliarsi coi loro sentimenti personali, che i deputati, la piìL parte, sono infinita– mente meno rei1ziona1·i della Ciunera - come la Ca– mera è, qualchevolta. (ma. assai pili di rado), meno reazionaria. del pa.ese ! Or ò per <1uest'opera non solbnto neycttivlt di sz– le;-;io11c1 ma, vositiva di creaiione e di form~zionc, suscitatrice o formatrice di uomini, di tempre di caratteri, che noi poniamo fiducia 11ell'az:on9 1 i1T,:– cliante anche fuori e 1ungc tb sè, ciel partito soci:l• lista; fiducia non desunta d,t astmt~i filosofemi, ma. derivata da ~iìt mature esperienze. 1 1: qmuido il 'l'ra– 't:et, scandolezzato delPinclisciplina di 1'errari, dell'u– hiquità. di J3ednschi 1 clclPirrcdentismo di lhrzilai e degli amori di Pansini coi sergenti delle regie guar– nigioni, ci domanda tutto impensierito: chi può ga– rantirci di loro? - noi gli rispondiamo: - gli elet– tori,; nessuno può ga.rantirceue meglio di essi; e, se garantirci non sanno, cominciamo a propaganchll'li puchè aprano gli occhi; ma. non invochiamo, J)er ca– rità., le illusorio malleverie del Circolo, del timbro, del Comitato centrale; non fidiamoci, se non vogliamo diventare i cl·upes di noi stes~i, della taumaturgica virti1 dei fogli cli carta. stampata, con tanto di Pro– qrcmuw1, in testa: non sogniamo imposizioni, che nes– sun pal'tito e nessun uomo, il quale rispeUi se stesso, potreblJe accettare. Sopratutto non farnetichiamo di piattaforme con– cordate, di programmi a scarta.mento ridotto. l)ei programmi ciascun p::i.rtito elabori il suo; sar;\. un esercizio pedagogicamente utilissimo; poi lo gitti nell'arena. senza paura" e sia certo che quanto v'ha in esso cli rispondente al momento, cli sentito o di vivo) sarà disputato dagli altri e germinerà, ovunque cada, come yran (li, SJJelfa. Per agire sugli altri par– titi convien esserne fuori 1 con azione e responsabi– lità. distinte ccl oppost.e, e conviene chiedere il molto per avere il poco, e non cont.ental·sene mai. Frattanto) e finchè q11est'azione 1 che non è di un giorno, si compia un po' da per tutto, noi tenhun fede alla ta.ttic~L del meno JJeyyio, elle tante volte illu– strammo; 1111:1, tattica. che in economia. si chiama. hL leg-ge del 111inimomezzo, e rispo11do in meccanica alla teoria delle risultanti, quali ci son date dal pa.– rallelogrammo delle forze. Ed ò quella, a.I post.utto, che noi t.utti istintivamente applichiamo ogni giorno nella pratica modesta della nostra vita. personale; e che solo suscita obiezioni quando vuole a.pplimtrsi ugualmente alla ,•ita. politica, che è pure una dinamica continua di forze, cli attl'iti, di resistenze. . * * Noi,non sictmosoU 11et mondo: non stiamo solitari di fronte a. un nemico solitario. Ecco il cardine di fatto, dal quale la. nostra tesi trac chiarimento e rn.– g-ione. Ormai non ò piì1 contraddetta l'esistenza, e l'incessante incremento, cli una. quantitìt di classi e ceti intermedii, i cui interessi e,.;senziali 1 per rig-uar,to alla politica dell'ora presento, sono in g-rnu pnrto co-
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