Critica Sociale - Anno X - n. 2 - 16 gennaio 1900
26 CRL'fICA SOCIALI, nella seconda tra capitali e lavorat0t•i semplici, sfornili di capitali. Si ponga ora attenzione al modo con cui il I,oria spiega la fondazione dell'associazione 1ntsta, che ò la forma rii economia ch'egli addita come coronamento deHnitivo della storia economica del– l'umanità. Essa è rondata sull'equivalenza di due sacrificii, di due astensioni opposte e reciproche: l'astensione dalla terra da parte del lavor.itore sem• plice, l'astensione dal capitale da parte del produl– tore di capilali t'). È preciso questo equilibrio e bilanciamento di pene? Questo egame è interessante, perché, se esso ci apparirà inesatto nell'economia a terra libera, ci parrà conseguentemente in.applicabile a11chenella futura società !oriana in cui sarà affermato il di– ritto alla ter1•a. Per intensificare il lavoro il poss03sore di capi– tali può associarsi un lavoratore, il quale, benchò srornito dei capitali necessa1 1 i alla produzione, non può diventare lo schiavo, il servo, il salariato del capitalista, perchè ha l'opzione della terra libera, sulla quale può col suo lavoro acquisire il suo pro– dotto integrale. L'ipotesi ò qui che la terra sia col– tivabile col puro lavoro, senza ausilio di capitali. Pe1•chè, appena si 1•igetta questa ipotesi, e si rien– tra nella teoria più generale degli elementi della produzione. che comprendono, oltre la terra e gli anticipi alimentari, altre condizioni tecniche (uten– sili, dissodamento, ingrassi, ecc.), allora si vede l'impossibilità di opzione nel lavoratore, anche esi– stendo terra libel'a, in tutti i casi in cui gli facciano difetto gli allri elementi produttivi. Dunque limi– tiamo il nostro esame entro l'ipotesi irreale del Loria. L'equivalenza dei due sacrifìcii presuppone che si abbia una uguale somma di pene presso i due astensionisti: lavoi·atore e capitalista. Ora, tenendo presente la soggettività delle nosti'e sensazioni, co– minciamo col di1•eche l'equivalenza fra l'astensione dalla terra e l'astensione dal capitale presuppone che l'astensione dalla tel'l'a cagionerebbe al capi– talista una pena uguale a quella che gli produ;:e !"astensione dal capitale. l\fa il lavoratore che si astiene dalla terra, nelle condizioni ordinarie, non subisce pena alcuna. Infatti, se prima. 1161.l'associa– ziono propria intensiva. due persone coltivavano una sola unità {ondlm·ia, si aveva per effetto che la metà della superficie ter1·itoriale era inoccupata. Il valore della terr1-1 1 iu virtU della· sua offdrta so– verchiante ogni richiesta, è zero. Quindi il lavo– ratore, entrando in associazione col produttore di capitale, non subisce pena alcuna di rronte a lui, che invece de, 1 0 astenersi dal capitale. Il capitali– sta - dice il Loria - deve astenersi, in vista dei ruturi anticipi-capitali, dal consumo di una parte del suo prodotto; il lavoratore semplice, liberato da quest'accumulazione di riserva, gode di tutto il suo prodotto. Dunque la riparlizione del prodotto, giusta in principio, cagiona una perpetua sottra– zione di prodotto al capitalista, ossia, ciò eh' è Io stesso, IO costringe a pagare un profitto al lavo• ratm·e ! Evidentemente il ragionamento del Loria è dunque fallace. Ma supponiamo che, al momento in cui il lavo– ratore rinuncia alla metà. dell'unità rondial'ia per cederne il possoiso al capitalista, la popolazione si raddoppi, nella fantastica ipotesi che la potenza ge• nesiaca degli uomini (che Iddio e il suo Malthus ci liberino!) determini un'istantanea prolificazione, che raddoppi il genere umano. Allora il fenomeno delle terre inoccupate sparisce. Evidentemente, in t'> At1allsl, I, 1)ag. 3·&, e Co•tuu:. ~con. odkrna, tJag. 4. questo caso, il sagrifìcio da parte del lavoratore merita di essere compensato con l'uguale astensione Ji capitale da parte del capitalista. Ma anche qui il privilegio del lavoratore continua: infatti questi ricava uu prodotto maggiore di quello che, pe1· la necessit;\ dell'accumulazione, percepisce il capita– lista. JùJ, eccodtmost,·ata l'esistenza a·un pl'o/itto anche in te,-ra ltbera. Ciò è ratto palese dall'ine– guaglianza dei due sacrificii, che il Loria suppone in equilibrio. Ciò che diciamo dell'asso.:dazione mista nella economia a te1•ra litiera, può applicarsi a quella forma economica che si baserà, sulla terra libera per Diritto. Ammessa la sostanziale identità econo– mica che il Loria dimostra tra questi due stati e.:onomici, si deve concludere affermativamente. li Loria ci dà un'analisi quantitativa delle con– seguenze economiche, che scaturiscono dal principio del diritto alla ter,·a (' ), degna del suo altissimo ingegno. Nel periodo sociale in cui il diritto alla terra sarà riconoscitllo dalla coscienza universale, l'associazione mista tra capitalisti e operai semplici dovrà - nel concetto di Loria - imporsi. L'ope– raio cesserà di essera una merce totale (schiavilll) o parziale (servaggio), e cesserà di essere una merce la forza di lavoro operaio (salariato). Il carattere sociale délla pl'oduziol)e sarà riconosciuto, l'anta– gonismo tra capitale o lavoro inrranto e di3solto. Lt\ giu::1tiziadistributiva sarà un fatto compiuto. La base del profitto non istà nel monopolio delle condizioni generiche esterne della produzione, come pensano le scuole sociali$te, ma sta i1ivece nella esclusione di gran parte dell'umanità dal diritto al possesso terriero. E anche qui non è la pro– pl'ielà fondiaria che genera il profitto, ma è l'e– sclusione dei pili dai beneficii di questa proprietà. fu tale rase anticapitalistica si avrà: l." l'elisione del profitto; 2. 0 l"elisione della rendita differen– ziale. Questo duplice effetto, se è vero per lo stato di terra libera, lo è anche quando • la terra libera, anziché sulla generosità della natura, trovasi assisa sull'opera razionale dell'uomo, o sulle istituzioni sociali» {t). Infatti, poiché, mediante il diritto alla terra, il lavo1·atore semplice può invocare la por– zione di te1•1·ache gli spetta giuridicamente, il pruiuttore di capitale, che voglia potenziare tecni• c1mente il proprio lavoro associandosi al lavoratore semplice, non può che entrare in rapporto di so– cietà con lui, sotto l'imperio d'uu·equa distribuzione del prodotto. Se iuve1·0 eili si ostini a dare all'o· pe1·aio un prodotto minore di quello fornito dal suo lavoro, questi può invocard il suo egual diritto alla terra, e alloutanar3i dal capitalista, al quale verrebbe cosi tolta una parte della prapria terra, ( 1 1 Poichè, In b:u1e·a1dirltlo di e::ruagli•n1.a, ad ogni uomo dovrà s1lettare una zona di terra egu11lealla 11111\erficie di terra colti– vabile di,•lu. J)er la. cifra di porolulone, Loria oHtrva che tale iona può Hserol uguale, m11ggiore o minore dell'unud /on– ctlarLa, cioò di quelli\ porzlnne di u,rra che uu u1>mo è atto a. cnllivare. Secondo Il dh·ereo etJ)onente matematico auunto, ,i ha un diveno 111cceder1I delle rorn e economiche di cui è produt– rrlce Il\ terra libera. Se la quanlità di terreno spellante a ciMcuno è la melà di quella trattabile col pro11rlo la"oro, dalla proprietà dissociata. 11 pana Immediatamente all'azsocìa1.iono propria in• tensiva, e da questa alla mlst11, aen1.a ('he ei veritlchi il fenomeno di terre inoccuJ)ate. Nel caso in cui la. terra aueit:nabile a eia• scuno è '.I della wtl'à f,)11dl11rfa, 111. prClJ)rlelà dissociata ei tra,– forma In un'auocla1.1011e pro1lrla esteMi\'a !mperrelta In cui due produttori si associano 111d'una. quanti!:\ di terra coltiublle da t 1 /a uomini. Se la quantità di terra auegnalllle a cl:ucun pro– duttore è 1/1 dell11. w111d fo11dlarla. l"r•nociazione propria inten– siva si stablllsce fra tre 11roduttorl di capltali contigui i quali da,,pol procedono ad Istituire tra loro un·associazione mista. 1:a11ali1I1u questo !)unto è, come le altre dGI l.oria, lucidis• 1ima l111iemee profonda, (IJ Co•tUu:lone ecommllca odlt1·11a, pag. Il.
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