Critica Sociale - A. VIII - n.21-24 - 16 dicembre 1899

322 CRITICA SOCIALE l'abl.?onamento cumulntho col gion1ale quoti– diano del pal'tito: CA vanti/. Essi ne ll·overanno le condizioni in fine al fascicolo. Anche 11ei momenti più tristi e più tu-l'binosi l'A– vanti I fu l'ultimo 1·iclotto ,iel quale il partito 110- stro potè trincera1·si e supera,· la burrasca. Per esso potè ben di?·sì della nostra bandie,·a, che, agitata dai flutti, no,i fu mai sommersa: fluctuat, nec mergitur ! Allo stadio cli sviluppo cui iJ giunto in Italia il pal'lito socialista, f,·a l'incalzm·e di tanti e così. spinosi pro– blemi cli politica pratica, nessuna Rivista, nessun gior– nale ebdomadm·io, per quanto ben fallo, può soslitui1·e il quotidiano, che segue da presso gli avvenùnenti, li co01·dina,lì illustra e crea le coscien.:enuove, le nuove (01·.:e,foriere dì tm'elà più virilmente civile. Ma l'Avanti I, cui non confortano i favo,·i dei potenti, cui non api·ono scrigni le Banche, cui lo Stato gratifica di pe1'secuzioni incessanti pet·chè taccia la S1,a · voce, molesta demm.:iafrice, non si ngge, anch'esso, se non sull'aiuto costante del proletariato, net cui nome combatte, e degli amici clella causa pi·oletaria. Quelli dunque, fPa costo1'0, che finora non lo cercm·ono se non per soddisfa1·e una cu1·iosità di lello1·i,o eh~ lo comprano alle edicole numero per numero, 1·ecando così.un vantaggio in·iso1·io al gio,·nale, ne diventino invece gli e.fletlivi sosteniron·,abbonandosi. Gli abbonati - non i comp1·atori - sono la forza cli un giornale che ha sue 1·adici unicmnente nel pubblico. Poichè iJ stagione d'augurii - iJ questo l'augui·io che facciamo, con tuuo il fe1'1;ore,ai nostl'i ietto1·i,a noi stessi, alla causa che abbiamo sposata. LA CHJTICA SOCIALE. ANNO IX o ANNO X? Un cortese ·asSiduo ci seri ve: Roma, 12 tllcemlwe. CARO DIRETTORE, Quando risuscitasti la Critica - dopo la galera - era corso meglio che un anno di intervallo muto. Ma tu scriYesli : 11eri dictbamus. E ti illuclest1 tu stesso a sfgno che, nella testata, conlinunsli a rPgii::trare: Anno l'lll; come se quei tredici mesi di sole a scacchi non avessero laseinto il loro soleo sul qua– drante del tempo e su quello delle memorie. Con ciò coi-be\lasti l'astronomia. Non soltanto. Ma in renllt\ non rosti eorto•e coi tuoi lcllori. Ti darà ragione ehi conta ma– terialmente le pagine. OR:ninitro ti darà torto. Per noi - tuoi lettori dall'inizio - In Critica Sociale non ru mai morta. Noi l'espetrnvamo o l'in"ocavnmo ad ogni quindicinri. l,.a invo cammo tanto, che la galera co la dovò rendere nlfìne. Or io pretendo che tu rispetti, col cn\011dar10 degli astronomi, anche quello Jei nostri cuori e dei nostri ri~ol'di. Pretendo che il t8<-J8 sia un anno (lo fu, e come lungn, pur tropvol). E che il 1-1~g sia un altro anno. La Critica Sociale, sorta nel •~1, non paò e~ere, nel '00, al suo auno VIII, "cnza anacronismo evi– dente. E~sa finirà col seeolo le ilUedue prime olimpiadi. Entrerà undicenne nel secolo nuovo. Un tx:1lllme solo, dunque, se ti piace; ma due a1111ate distinte. Se v'è una lacuna, ò nella carta, non nello spirito. Nè tu la devi dissimulare o sopprimere. Anche quella lacuna appartiene alla storia. È della storia che piango. UN ASSIDUO, PER PIÙ ALTRI ASSIDUI. La proposta è forse bizzarra, ma troppo cortese o lusinghiera per noi, perchè noi la possiamo one• stamente respingere. L'assiduo sarà soddisfatto. Ab– biamo corretto la testata ed entreremo nell'anno X . col gennaio imminente. Not. VERSO LA LUCE! 15 dlcemln-e. E poichè siamo ad uno svolto del lunario e s'ha da aprire un nuovo volume vergine e bianco, ri– facciamoci indietro collo sguardo; ricapitoliamo. li nostro spirito è lieto. La neve che fiocca, lenta, molle, 'silenziosa, fuori le vetrate, copre il triste passato come un sudi.\l'io. Invano torme di scopatori sudano a sgominarla; essa ricade, si riaddensa, ritesse il suo lenzuolo, cancella nella grande piazza biancican te le brevi orme fugaci, più rorte delle cose e degli uomini, ostinata, paziente, fatale, lenta, invincibile. Così fu del nostro lavoro - del lavoro dei buoni cui fecondò la concordia. ln aspetto di ammazza– sette, dai sanguigni gorghi fumanti, era venuta su la Reazione, torva, scarmigliala, livida, orrenda. Su un acervo di ossami piantata la sua bandiera, fatta la solitudine e chiamatala pace, aveva gridato al mondo: - « Son vincitrice. Non più popolo, non più legge, non più sperato domani. Sola regno e per sempre.» Pei vegliati palazzi passava un gaudio e a quella stridula voce raceva eco un vasto romor di catene. Quanto è durato il festino? Ripensate queste cose, tristi e dolci alla memoria. Lo schiavo non aveva ancora mormorato al trion– fatore il suo sommesso memento, e già i fati ordi– vano la nuova trama. Come questi fiocchi di neve si addensano placidi, indefessi, invincibili, sui tetti e sui selciati, così, attorno ai ridotti della nuova tirannide, si addensava calma, formidabile, la nuova alleanza delle coscienze oneste. Era oggi un voto per l'amnistia, domani un'elezione di protesta, pos– domani un vasto consenso di popolo all'ostruzio– nismo dell'Estrema Sinistra; ogni giorno una falda di neve sulle altre falde. A poco a poco, sotto quel tacito peso crescente, i barbacani vacillavano 1 la rocca scricchiava. Invano gli aguzzini,sogghignando, niegavano; a squadre a squadre, le smantellate Bastiglie cedettero le loro prede. Ancora qualche chiavistello resiste, ma la ruggine l'ha consunto; pochi sforzi ancora e si schianterà. E intanto, fuori, la vita popolare, angustiata, soppressa, ripigliava il suo elaterio. Le società dei lavoratori, messe al bando come nemiche della patria, riannodano le fila spezzate. La parola, im– bavagliata, la stampa, compressa, tornano a gettare fiotti di luce nell'aria infestata dalla strage. La Reazione ingrossa la voce, ma è jattanza spavalda; sfida e rincula; minaccia e fugge. Così i ferrati atrii di Regina Ccc.li rivomitano, impauriti, i rove• sciatori delle urne; o la ribellione di un librettato commuove a rivolta la Camera dei deputati della borghesia, provocando dal Governo le più ampie proteste di rispetto ai diritti dei rappresentanti del popolo. In quella ricordabile seduta non una voce osa rammentare le vergogne passate; o che n'è degli stati d'assedio, cresimati dalla Camera, che n'ò dei tribunali di guerra, ai quali il potere legi– slativo e il giudiziario con tanta furia abdicarono!

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