Critica Sociale - A. VIII - n.21-24 - 16 dicembre 1899

CRITICA SOCIALE 339 l'un c6mpito non meno nobile e grave dell'altro, nè tale certo da porre la donna piuttosto che l'uomo in un grado inreriore d'utilWt o di dignità sociale; ma sl da giustificare tuttavia una legislazioue di– versa, su tali materie. por i due sessi, a patto per altro che entrambi del pari concorrano liberamente a nssarla. Ma nella \'ila sociale vi sono ancora, sog• giungo, io g1•audissimt1. pre,•nlenza, ruuziou i neutre, e alle quali non son ripugnanti le attitudini orga– niche d'alcun sesso, per quanto la secolar consue– tudine possa averle rese quasi inerenti all'uno od all'allro: e per queste, la civillà futura, d"un fu• turo prossimo, intendo, dovrà dare libero il passo alle vocazioni ed ai gusti d'ogni individuo, lasciando alle le11ginaturali della concorrenza e della sele• zione che ne deriva, di far giustizia di tutte le aberrazioni e di tutte le mosfruosità: la divisione del lavoro tra uomo e donna, dov'essa risulterà utile e necessaria, si determinerà da sè stessa, spon– taneamente, senza bisogno di codici e senza inter– vento di magistrati: e sarà quella che mantet'rà al sesso gentile il suo incanto. per si gran parte do• vuto appunto. dice benissimo Ouida, alle at titudini, e quindi alle occupazioni, completamente direr.se . . .. Resta dunque una sola, ma capllale obbiezione da eliminare: queJla per cui si accampa da molti a pretesto l'inferioriL.'\, anzichè la semplice diversità, fisica o psichica, della donna, per proclamarla sen– z'altro indegna di pari o di equivalenti diritti ri• spello all"uomo. Ed io, quantunque la grave que– stione sia ancora assai controversa nel mondo scientifico, do e concedo senz'alh-o, per le grandi medie, e sca1'tando soltanto le e3age1-azioni gino– fobe, la meno galante premessa; ma non per questo ammetto l'illogica e sp1-oporzlonata conseguenza: se è vero che la donna italiana contemporanea, gene• ralmente incolta e impulsiva, secondo l'Ojetti, non ha che un'idea vaga ed intermittente dei suoi di– ritti, e disgiunta sempre da quella penosa dei do– veri corrispondenti; e se ò vero, flno ad un certo punto, anche il poggio, assai peggio, che dice il Nicefol'O di tutte le donne dell'universo e dell'oter– nith, ch"egli equipara ai foociulli e ai selvaggi; rimane pul' non men certo, che di bambocci e di piiecàolropi abbondano anche terribilmente i coi. legi elettorali maschili, i consigli provinciali, i parlamenti, i ministeri e le co1·ti. (11 questo, il legislatore moderno non fa di0è– renza, osserva argutamente Anton Giulio Barrili, tra Galileo Galilei ed il suo lustrascarpe: gli uomini comuni, aggiunge Bruno Speraoi, ed anche quelli che stanno un poco più in giù, sono di fronte alla legge uguagliati al genì; e soltanto gli idioti ufficiai-· mente qualiflcnti. sono, come le donne, trattati da minorenni perpetui. E qui, proprio qui. sta la vera, l'assurda i11giustizia: ha l'R(ri0ne il Letourneau, dove dice che già fin d'ora s1 avrebbe uo grande vantaJ?gio accordando l'eguaglianza politica almeno alla éttle delle donne, apparecchiandovi intanto lo altre con una educazione adeguata; ed ha più ra– gione ancora, ove nota, che d'altra parte si sarebbe fatta una cosa saggia procedendo nel medesimo modo per gli uomlui; ma allo stato attuale delle cose, sarobbe anche O\"Vioaccorciare senz'altro la parità a tutte lo donne, escluse soltanto, come per Rii uomini, le totalmeuto cretine: l'uso dei nuovi diritti e la ~ratica dei doveri correlativi sviluppa· rebbero rapidamente nei sesso intiero, plastico ed adattabile per eccellen,.,. l"analoga psicologia: disa– bituata per secoli e secoli dal governo di sè mede– sima, dal sentimento della propria libertà e della responsabilità che \'Ì si connette, la donna comune è quel che è sopratutto per colpa dell'uomo; messa al cimento, lasciata rare. raggiungerà facilmente (ci vuol lauto poco!) il modesto livello dell'uomo ugual• mente comune, ed il mondo, se non ne sarà. mi– gliorato, certo non diventerà punto, nemmeno per questo. peggiore. Mark Twain va anzi più in là: visto che nella storia n on s i dà esempio di un uomo che abbia gove1·n: :1.to bene una nazione, potl'ebbe essere una bnona i dea che si lascia?tse governare la donna in via di esperimento: che essa possa non fare buona prova, è certamente possibile; ma è sicuramente Impossibile che essa possa •~giungere qualche nuova ed inedita bestialità, alle infinite d'ogni sorta che han sempre fatte e che ancora faranno gli uomini. Del resto, io fondo in fondo, 'lOVerua bene anche ora, almeno da noi, in grandissima pPopor1.ione la donna: è l'idea, che suffl'agata da molti fatti mi esponeva a voce, or son pochi mesi, Gu~lielmo Ferrero, deplorando anzi, a proposito, che l'influenza muliebre, tutta di reti"Oscena e di alcova, sia ap– punto per questo, perchè occnlta ed irresponsabile, tanto pii1 perfida e disastrosa. Ma eccoci di fronte ad un phì difficile e delicato p1-oblema, non &ipressamente formulato nel que– stionario Gambarotta, •ebbene in <:Artoqual modo implicito nelle sue domande circa i diritti e i do– veri della donna, in relazione con quelli dell"uomo, per il mantenimento e per l'educazione dei figli; cioè: data la parità, o meglio l"equivalenza, dei diritti e dei doveri, come comporre, per il buon anda• mento della famiglia, le forze, magari divergenti od antagoniste, in uua risultante socialmente utile e positiva? È b en v ero, che, diritto o non diritto, dovere o non dove1 ·e.in quelle ca.seIn cui l'uno o l'altro dei coniugi ò flsic amen te, moralmente, od intellettualmente più rorte, la risultante piega senz'altro. secondo le buone leggi della meccanica, dalla sua parte, come benis– simo osserva l\faffeo Panlaleoni; ma è vero pure, che dove la slgoora s'inma spavaldamente i calzoni, mentre il signore 11011 si rassegna a lasciarsi met• tere in mutandine. la casa ne va a soqquad1·0 o il santuario matri moniale ò invago dall'eres:a più sa• crilega. Unico iudiri1.zo . sentenzia il magist1·ato De Oiuli, unica mente dir ettiva: guai 1 se nella casa tutti avessero potere di comandare e niuno il dovere di obbedire: mancherebbe la disciplina nella fa– miglia; ne sarebbe con.seguen?.a. indeclinabile lo sfacelo. li De Giuli ha ragione; e ha ragione anche il Butti, che se ne intende, e che dice: « La donna mia non esiste. Ma, se esistesse e avesse diritti uguali ai miei, non sarebbe più In e mia» donna, ma uua donna che ,•h•rebbe con me: il che non è lo · stesso. • Giustissimo: la vera donna e mia» è quella che vuole Pirro Bessi: la donna e fuori da ogni legge come tutti gli animali più o meno domestir.i > ; la e benemerita ed indispem,abile manipolatrice dei miei intingoli e delle mie polpette, che, non per vantarla, sono una sua specialità »; insomma, la serva .... a più usi, anzi la schiava, perché la serva pnb da oggi a domani darvi gli otto giorni, o cer– ca1·si un altro padrone ... ed amico; mentre costei, che per legge porta il vostro nome e che voi ma• ga1·i chiamate « la mia sig1101·a » 1 deve restarvi eternament~ legata e sottomessa. Audiamo! A questi patti, io sto piuttosto per lo sfacelo paventato dal De Oiuli ': ò infinitamente meu triste! t. un ratto, però, che qui siamo a un dilemma senza scappatoie: o l'uomo e la donna che si uni– scono vanno perfettameote d'accordo, e allora ogni legge scritta ed ogni sanzione sociale sono su-

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