Critica Sociale - Anno VIII - n. 19 - 16 novembre 1899
294 CRITICA SOCIALE più decisi dolla. libertà. o della democrazia. Ma la per– dita della sua indipendenza non deve aflliggerci troppo so pensiamo che essa saril tutta formale e varrà a contenere i politicanti boeri e ad impedire che tutto il popolo boero si trasformi in una minoranza sfrutto.– trico del lavoro strA.niero. All'ombra della liborll~ in– glese il popolo boero non avrà. nulla perduto rlei suoi diritti e dei suoi progressi, e per converso fioriranno in quello regioni l'industria e la nuova civiltà, come sin qui non han potuto por le continuo lotte rra. lo due razze e per l'ingordigia. dei politicanti boeri. Quonto nll'lnghilterra, pensiamo che il nuovo trionfo. ratrorzo.ndola, avrà solo rafforzato la democra?.ia e Id istituzioni liberali. Nella lotta imminen~ che tutte lo nazioni monarchiche e conservatrici stanno preparando contro l'Inghilterra, il nostro posto è moralmente ac• canto all'Inghilterra. Se nel duello vincessero la Ger• mania e la Russia, al cui fianco pur troppo sta liL Francia, noi conosciamo l'avvenire riserbato alla. demo crazia.. La. Germania sembra olfrirci il modello di uno Stato industriale, il quale sa fare a meno delle istitu• zioni libernli, e le nostre speranze democratiche, fon– date sullo sviluppo delle industrie, sarebbero perico– losamente compromesso il ,ziorno in cui la Germania assumesse in Europa e, quindi, nel mondo quella egemonia, che ora solo l'Inghilterra. le impedisce di conseguire. Purtroppo la nuova ripresa feudale e reazionaria troverà la Francia accanto o.Ilo. reazione monarchica. J nostri voti son poca cosa, ma noi non possiamo ne– garli all'Inghilterra. ARTURO LABRJOLA. LALOTTA RELL'AFRICA AUSTRALE Londra, tiocembt't'• La guerra, che ora infuria fra inglesi e boeri nei ter1·itori semideserti dell'Africa australe, ha dato luogo ad alcune assai bizzarre manifestazioni del• l'opinione pubblica europea. JI primo carattere di queste manifestazioni è, senza dubbio, l'ostilità verso l'Inghilterra; ostili!,\ 1a quale, con notevole contraddizione di fronte a ciò che di solito avveniva, pare muova piìt da quei pal'ti1i liberali che erano an•ezzi a considerare l'In– ghilterra corno una specie di arca santa della li - be1·tà e della civiltà, che non dai partiti conserva– tori. Anzi questi ultimi, in Italia, dopo avei· dimo– strata tanta. antipatia alla espansione imperialista nazionale, paiono ora presi da una. sm~nia cli entu– siasmo per l'imperialismo degli altri. E un bol caso d'imboc1llit.\. Se io fossi imperialista 1 por esempio, sarei imperialista per conto mio e odierei l'impe– r·lalismo degli altri 1 come fauno con vera logica gli imperialisti di tutti gli altri paesi. O che si tratti forse cli una soddisfazione per uno spettacolo di pre– potenza 1 Ma, o miei cari, gli inglesi fanno i pre– potenti in casa degli altri; e voi vi dovete accon– tentare di farlo in casa l'Ostra. Ed é uoa bella dif• ferenza. Ad ogni modo, non ostante questa curiosa ecce– zione, 1a pubblica opinione europea si è mostrata assai ostile all'Inghilterra. Non votTei qui cadei-o iu una ipocrisia. Io non mi dissimulo affatto che, se questa ostilità venisse sottoposta ad un esame chimico, si scoprirebbe subito che in essa gli ele– menti della invidi:1 e della gE1.losia sono in ben mag giore proporzione di quelli della giustizia. E questi ultimi poi sono più sentimentali che altro: la gran folla ha subito parteggiato pei boel'i perchè i boeri erano i deboli e pure si dimostravano pronti ad affrontare i forti con eroico coraggio, andando in– contro allo sterminio per sfuggire alla sel'vitù. Se non che è proprio vero che il debole abbia sempre ragione, moralmente, di fronte al forte? _ Ed ecco che sono venuti fuori i maestri, gli no· B1b1ote a CJ1no B1arco I mini di scienza, a castigare la rozza giustizia del I volgo. Il Neville in Svizzera, il Guyot in Francia, 1 11Pantaleoni in ltalia 1 forti di dati e cifre ingenua– i mente derivate dai JJarnphtets diffusi dai capitalisti 1 di Johannesburg, hanno squarciato il velo dell'i- dillio boe1·0e SOHO venuti ad insegnare al pubblico illuso che l'Inghiltel'ra è ancora una volta il cam– pione della giustizia. Che poi alla fine della contesa il giusto sia retribuito con le miniere d'oro, non ò forse ciò un ottimo esempio per l'uomo e per le 1rnzioni 1 Da tanto tempo l'uomo si lamenta che la giustizia non raccolga il premio meritato su questa terl'a: oh non c'è forse da 1·allegrarsi che il mondo vada mutando?... . . . Ma io non Yoglio qui aprire una polemica sulla legittimità delle g1·tevances degli oullanders. Se volete, anzi, vì ammetto che i boeri, ottimi padl'i di famiglia, non avessero affatto un adeguato con– cetto di Governo. Passiamo ad un esame più im– portante: a vedere cioè quale è l'ope1·a dei due popoli in lotta sul terreno disputato e la loro pos– sibile sorte storica. Il mio amico Ferrero, rispondendo brevemente alle critiche del Pantaleoui, osservava che il vero e forse unico torto dell'Inghilterra era di aver ri– corso alla violenza per risolvere una questione che essa poteva risolvere con tanti altri mezzi. Per il Ferrero l'avvenire della civiltà inglese nell'Africa australe è assicurato; con un po' di pazienza, senza riconere a quello strumento pericoloso che è la spada, essa avrebbe ben presto trionfato. Come ve– dremo subito, questa conclusione del Ferrero é sba~ gliata; ma egli ha veramente messo la mano nel nodo della questione. Per comprendere l'azione storica dei boeri e degli inglesi nell'Africa australe 1 esaminiamo brevemente i due capitali fattori di qualunque sviluppo sto– rico: la popolazione e il territorio. La popolazione bianca dell'Africa del Sud, disse– minata fra una popolazione nera immensamente più numerosa, é di circa 800.000 uomini, di cui 400.000 sono boeri, 250000 iugle,i e gli altri tede· schi, americani, italiani e francesi. l boeri, sia delle due repubbliche, sia delle co– lonie inglesi, sono dunque la maggioranza, e lo sanno bene il signor Rhodes e compagni che hanno provocata la guerra imperiale perchè incapaci di affrontarli con le proprie forze. l\'la c'è di pili. - Se voi - mi diceva un amico inglese 1·educe da un viaggio nel paese - vi avventurate fuori da Capetown o da Johaunesburg per i vasti piani se• mideserti, ed entrate nelle (arms in cui v'imbat– tete ogni cento chilometri, vi sentirete sempre sa• lutare in lin~tia boera. Non solo nel Transvaal o nello Stato rl Orange, non solo nella vecchia colonia del Capo; ma anche in quei territori della Clta1·– te1·ed che odia tanto i boeri, gli unici colonizza– tori sono stati essi; e il Rhodes fu ben contento di riceverli anche nel paese a cui ha dato il suo nome. L'inglese agricoltore uell'Afl'ica australe ò una rarità: la (arm sud-africana è quasi esclusi– vamente boera. Dove sono dunque gli inglesi 1 Nelle città. Vi ho già detto che essi sono circa 250.000.Or bene: pitt di 100.000 abitanti conta Johaunesburg. la città rei,ina della prateria; 60.000 abitanti ha Capetown; 30000 Durban. 15.000 Kimberle,v, 8000 Mafeking, 7000 Ladysmith. E il vivere nelle città ò connesso con l'occupazione. Capetown è la ciltà commerciale dell'Atlantico, Durban <le\mare Indiano; Johanne– sburgh è la grande città dell'oro e così pure Ma– feking; Kimberley ò la cittc\ dei diamanti; Lady– smith del carbone. Insomma; mentre i boeri sono
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