Critica Sociale - Anno VIII - n. 19 - 16 novembre 1899

B 302 CRITICA SOCIALE da un lato un amabile teorico eclettico, e dall'altro uno studio9o di vaglia in molte questioni pratiche; ossia In teoria è antimarxista per ridivenire talora. marxista in pratica. Rimprovera egli bensi al partito socialis1a pna teoria sbagliata .... ma il preteso errore non sarebbo per caso un equivoco! Arturo Labriola, invece, dopo avero tartassato l'edo– nismo nella persona del Pantaleoni (Devenir Social), e continuato a tartassarlo più blandamente nel suo re– cente libro sulla teoria del valore di C. Marx, pare ora in viaggio di nozze coll'economia edonistica. E che il connubio sia fecondo! Fra gli ultimi crisisti teorici, viene il Gra-iiadei colla sua Prod11.:io11e capitalistica i libro che doveva, secondo l'autore, smantellare dallo basi la. teoria. marxista. del valore. Se Il t1e1·0 Marx risuscitasse-, che starti late sanguinose assesterebbe (Proudhon le ha ben assaggiate) alla va– riopinta schiera dei suoi contrafrattori ! Già l'Engels rimproverava acerbamente al Loria. di rar parlare il Marx di profitto nel primo volume del Ca– pitale, mentre espressamente e in punti numerosissimi Marx avverte il lettore di non confondere il plusvalore col profitto, essendo le leggi che regolano il profitto solo spiegabili dopo avere studiato le lc>ggidel plus– valore. La stessa traccia segue Il Graiiadei. Anch'egli combatte la teoria del profitto di Marx là dove non se no parla, nel primo volume, che si occupa del plus– ,•alore e non del profitto, mentre la teoria del profitto è svolta nel terzo volume. Naturalmente, plusvalore e profitto sono sempre in– dissolubilmente legati fra. loro; gli è per questo che il Ora.zio.dei,senza. forse rendersene conto, combatte non solo la teoria del profitto, ma. altresi quella fondamen– tale del valore e del plusvalore. La sua critica anti– marxista poggia su parecchi equivoci, ed è strano che perfino Il giovane e studioso economista Luigi Einaudi sia stato preso nella pania. Almeno il brillanto Treves, dichiarandosi incompetente, ebbe l'abilità. e lo spirito di concludere proroasandosi, fra il sl ed il no, di parere contrario. Ecco come ragiona il Oraziadoi: Il profitto deriva dal sopralavoro, ma esso consiste piil propriamente nei prodotti del sopralavoro, cioè nel sopra.prodotto. Secondo la scuola cl11ssico~sociallsta, il pro/i.lto con– siste nel so1n·alav01·0 ( 1 J, e dipende quindi dalla inten– si1à. o dalla durata del lavoro estorto dal capitalista. No deriva la tendenza. all'aumento del sopra.lavoro, che crea il profitto, a. detrimento del lavoro necessario, che crea Il salario. Nella realtà, invece, l'economia. capitalistica ci pre– sento. uno spettacolo diametralmente opposto; i salari aumentano, e diminuisco nello stes!lo tfmpo la giornata. Colla teoria del Oraziadei, per la quale il profitto consiste nel sopraprodotto, nulla può impedire che i salari aumentino purchè aumenti nello stesso tempo il sopra.prodotto. Cosi, per aumentare 1I so.praprodotto, il capitalista può elevare Il salarlo onde mtensificaro il lfn•oro, corno pure può ridurre la giornata, purchè la intensificazione del lavoro compensi In. durata minoro. Quindi, entro certi limiti, il capitalista ha interesso non già. ad abbassare, ma ad elevare i salari. (') Verarueme Marx non gcritse mal una espresalone aimlle? Jnfattl tcco le parole di Man:• li ,o.,ralavoro, da cui si rica1·a 11 plUl\&Jore, JlUÒ es.sere chiamato lavoro non pagalo, onde ogni pluo·alon (pro1luo, intt!re&se, rendita ecc.) 11uo ritenersi in ~o– atan:,;a la mat\lrlal1zzaz1one di un hnoro non pagato. ,. (Ct1111tar, edizione francett 1 ,olume J, pttg. tJO, colonna!). G no Questa tesi si ronda su una metafisica concezione del salario e su una imperfetta conoscenza dei primi ele– menti della teoria marxista. del ,,alore e del salario. Secondo il Graziadoi, un lavoratore è piil o mono beno pagato per l'uso della. sua forza lavoro, a socondu. che varia la quantità. della rimunerazione (salario) ri– cevuta, quale che sia la dura.la e l'intensità del lavoro. L'errore balza all'occhio. P er Marx ìl salario non rap– prosonta che il valore della forza di lavoro comprata. dal capitalista e consumala nel processo produttivo. Ora, qualunque operaio sa a meraviglia, ancho senta intendersi di Economia politica., che il valore della forza di lavoro, ossia il suo salario, deve essere proporzio– nato alla durala ed alla intensi1à. del lavoro. Ad intensità di lavoro costante, consuma. minor forza lii la.\'oro rm operaio che lavori 10 ore al giorno, cbe non un altro il quale lavori 12 ore. Anzi, nella realtà, le ore eccedenti di lavoro giornaliero (2 ore nel no– Slro caso) producono un consumo della (orza di lavoro più che proporzionale. ~ 1 ) Quindi, se il primo operaio, lavorando IOore, riceve un salario di lire 2, il secondo, lavorando 12 ore, non de,·o soltanto ricevere lire 2,40, ma qualcosa di piil. Nè diversamente accado quando si diminuisce la du– rata, mo. si accresce la. intensità dol lavoro. Un lavoro più intenso, della durata. di 8 ore, retribuito lire 2, può essere più dannoso all'operaio che non un lavoro di 10 ore, retribuito ugualmente, se in IO ore consuma meno forza di lu·oro che in 8 ore di lavoro piil denso. Haffigurare il salario come una quantità costante di genero metafisico è un errore di cui Carlo Marx è as– solutamente inueceute. Errore tanto più strano noi Orazia.dei, il quale ammette che il lavoro piil breve e 1>1il intenso è un portato dei perrezionamenti mecca.– nici, che esigono un tenore di vita piil elevato, onde il cosl detto aumento del salario ò subordinato all'im· pianto dell'in,lustria. moderna. (pag. 116), Lo stesso avviene per il valore proporzionale della forza del lavoro, cioè pel rapporto che passa tra il plusvalore ed il salario. Se un operaio riceve, per una giornu.ta di IO ore, 4 lire di salario, producendo un plusvalore di altre 4 lire, il suo 11opralavoro sarà rap– presentato da O oro e il lavoro necessario anch'esso da 5 ore (saggio del sopra.lavoro 100 °/,). Invece, se in IO ore di lavoro più intenso, e con salario aumentato a lire 4-,50,produce un plusvalore di lire 5,50, il suo so– pralavoro sarà. aumentato da oro 6 ad ore o 1 /:, meni re Il lavoro necessario sarà disceso da oro 5 ad ore 4 1 /,. Anche nel caso che la giornata. sia ridotta. a oro 8 di lavoro, se si ottiene colla maggiore intensificazione lo stesso prodotto, si ha che si produce 5,50 lire di plus– \'alore, con un salario di lire 4,50. li soprala.voro sarà. roppresenta.to da. ore 4 1 40, e il lavoro necessario da ore 3,60, onde in tale caso non solo è aumentato lo sfruttamento della forzo. di lavoro, esattamente come nell'ipotesi di una giornata di IO oro con oro 5 ':: di sopra.lavoro, ma il capitalista ottiene ancora un saggio wsggiore di profitto, diminuendo relativamente il ca– J>ilu.lecostante impegnato per minori spese di illumi– nazione, ecc. Quindi il Graziadel, so non vuol negare l'~videnza, può con9tatare che, anclto noi caso di ridu– zione della giornata di lavoro, si (t\ strada la. tendenza cat>italistlco. all'aumento del sopra.lavoro rispetto al lavoro necessario, specialmente per riguardo al saggio del profitto. (IJ \, (,'tl,>IIO,f, I, d0\8 trattasl del ula.rio (11ag.~\0-tHJ.

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