Critica Sociale - Anno VIII - n. 19 - 16 novembre 1899
208 CRITICA SOCIALE lezza fondamentale del partito democratico nel '48: esso non era sostenuto da un proleta1•iato lucida• mente cosciente della sua posizione; gli operai ave– vano combattuto solo perché attribuivano i lol'o mali all'AuStria, avevano seguito in principio i mo– derati solo perchò li vedevano in lotta con rAustria; e dopo la vittoria non sentirono immediatameuto il bisogno di vedere il Oove1•no in mano dei demo• cratici invece che dei moderati. Non apparivano rorse tutti avversi egualmente all'Austria1 I democratici, quindi, anche se avessero voluto sbalzar di seggio i moderati subito dQpo la rivolu– idone, non avrebbero avuto l'appoggio cosciente ciel proletariato, che in principio non avrebbe capito la necessità di un tale atto. E sta appunto qui - se non c'inganniamo - la ra!Jione vera di tutti i così delti errori dei democratici nel ' 1 18. Per sb:t– ra1.z111"Si del tutto dei moderati e istituil·e in Lom· bardia una repubblica democratica, pl'Ovocando uI1 movimento analogo in Piemonte, ci voleva audacia i ma l"andacia, se non ha per base un calcolo sicuro delle proprie forze, ò pazzia. Un siffatto calcolo si– curo i democratici potevano rarlo - e lo fecero - p1'0movendo l'insurrezione delle cinque giornate, e vinsero. Ma non potevano egualmente contare sugli operai quando si trattava di buttar giù i moderati; e furono perciò fiacchi, illogici, incoerenti, e la– sciarono la via libera ai loro nemici. Ma il breve periodo di libertà politica, dal marzo all'agosto del '48, detle agli ope,•ai la coscienza del loro essere; e i delitti commessi dai moderati del Governo provvisorio fecero ad essi sentire quanta differenza c·era fra moderati e democratici, pu1· egualmente avversi in apparenza all'Austria. Dal ''18 in poi, dice bene i1 Bonfadini, gli operai entrarono nel movimento nazionale « per impulso proprio u per virti1 d'opinioni, non solamente per vaghezza di novità o per adesione a programmi altrui:. ( 1 ). Quali fossero le opinioni e quale il programma degli operai, il Bonfadini si guarda bene dal dirlo; non bisogna scandalizzare lo anime timorate, sautl> Dio! Per chi non temesse di scandalizzarsi, noi di• remo che gli operai erano tutti mazziniani. Ma nel loro mazzinianismo penetrava di tanto in tanto qualche timida corrente di quel socialismo, che al– lora già agitava vivamente la Prancia. roi cono– sciamo un opuscolo di propaganda stampato nel ' 1 !0; è intitolato: Cristo ,lavanti aa t<n Consiglio cli gue1·1·a, e dimostra che il comunismo si tl'Ova già nel Vangelo, e che, se Cristo e i suoi dodici apo– stoli fossero nati diciotto secoli dopo, sarebbero stati tutti f~1cilatida un Consiglio di guerra come comunisti. E una traduzione dal francese, e in ge– nerale era tutto di importazione francese quel primo socialismo italiano, che già impensieriva seriamente Mazzini. li partito operaio mazziniano ebbe in Milano per un cerio tempo un suo giornale intitolato Soltlu– aine. Uscito alla luce il 1.• luglio '49, fu diretto, a cominciare dall'ottobre, da Giuseppe Piolti; trattò della condizione dei contadini, degli operai, dello filatrici; parecchi articoli scritti proprio col cuore potrebbero oggi esser riprodotti dai giornali di propaganda socialista. Il giornale fu sospeso da Ra• detzky, precur~ore invidiato di navil Bcccaris, nel gennaio del 1850; ricomparve il 10 febbraio sollo forma di foglio umoristico e colpi\•a « la speusie• l'ata scioperataggine della ricchezza e l'abituale po• cornggiue che inchinava i potenti »; fu soppresso deOottivamente il 17 febbraio ('). li movimento opel'aio era disciplinato da un Comitato segreto mazziniano. t') no:o•,1,1HNt, Me::o •ecolo di vatr-io!li,11110, J>· 33'>. r) DP. fASTltO, I proce,1i di dfa11tora, p. 1t e 75. B b >t r, no 1:11a o Fra l'aristocrazia fondial'ia moderata e albertista o la classe operaia mazziniana, stava la borglu~sia: profe.;sol'i, mdtlici, ingegneri, ragionieri, uolai. J>Os– sldenti, che forma'"ano l'o1·ganizzazione segreta la Voce, e si chiamavano g\'lndtpendenlt ( 1 ). 01·gano di questo gruµpo era la rivista Il CrepitSco/o, di– retta da Carlo 'l'euca; si occupava di sociologia, di letteratura, d"arte, e di politica quando poteva. Dopo le vergogne del '48 e la abbominevole commedia della battaglia di Novara, costoro non avevano più alcuna fiducia in Casa Savoia; e si tenevano in relazione col M11z1.ini. Ma il loro mazzinianismo era molto dh 1 erso da quello degli operai. Oli operai erano mazziniani S}Jecial1nenle perchè Mazzini voleva, oltre alla iudipenclenza e all'unità, la democrazia: suffragio universale, tassa progressiva, abolizione dei dazi sui consumi, ecc., ecc. I.a borghesia lombarda voleva l'indipendenza e l'unità; ma, siccome la monarchia sabauda era ap– parsa nel '48 e nel ·,10 incapace a darla, cosl la borghesia era obbligata ad andare col Mazzini. Ma non ora più l'entusiasmo schietto e sincero di una volta; la borghesia aderiva alle idee mazziniane per disperazione e, ora che nel l'orbita m azziniana era entrato risolutamente il p1 '0lelaria.to , con una cerla inquietudine e quasi ripugn anza. I ratti di Parigi del '48, le insurrezioni socia• liste, lo lotte da cui fu agitata la Francia a comin– ciare dalla rivoluzione di rebbraio per finire al colpo di Stato del dicembro '51, avevano gittato lo sgomento anche in Italia. La preoccupazione del movimento socialista appare in tuUa la letteratura politica posteriore al '48: gli nustriacanti accusa– vano gli albertisti di essere alleati dei comunisti; gli albertisti accusavano i repubblicani di essere alleati dei comunisti; i comunisti erano il babau, con cui i reazionari tentavano di rendel'e odiosa ai pacitlci borghesi ogni novità; oggi la stessa run• zione di spaventapassere la compiono gli anarchici sulle colonne della Persevel'Qn;a e del co,·rtere della Sera. Nel novembre del ',ts, nel Parlamento di 'l'orino, il Ministero Revel si opponeva all'im• posta progressiva domandata dai democratici « pel' non apri1·e lo sportello al comunismo »; e anche il deputato moderato Jacquemoud soslenne che • la progressione dell'imposta è una delle più pericolose massime del socialismo • ('). Nell'ottobre del ',19 Massimo D'Azeglio cosi parlava dei mazziniani: < Diffidiamo di coloro che l'ingegno consacrano a suscitare la discordia e l'anarchia, e su tutti diffi– diamo di quei mistici e biechi utopisti, che, votati al sacerdozio del male e predicando il vangelo del socialismo, vogliono rovesciare il legale e l'ordi– nato, per ediOcare l'astratto e l'impossibile > ('). Nel 1s:,o, discutendosi alla Camera subalpina l'abo· li;done del foro ecclesiastico - veriognoso rudBJ•e medioevale che Casa Savoia, unica in Europa, con• servava ancora - la Destra combatteva la legge, pe,•chè non bisognava perdere l'•ppoggio del clero contro il socialismo (I); la censura sui libri stra• nieri, conservata ancora nel 18.='lO. era giustificata dal Governo col pretesto di evitare e la diffusione delle dottl'ine socialistiche > (!'); sempre nel '50, avendo Brnffol'io proposta la confisca dei beni eccle· siastici, il ministro Galvagno rispondeva: « Io re• spingo questa misura pe,·chè, io l'ho dichiarato pili volte e lo ripeto ancora, uon sono socialista » ( 6 ). ( 11Dlt C,1,<nno, 1 proceut tlt illanloru,, p. 59; AOSFArlNl, Mu:o •ecoto dt pat1•l1Jtlim•o. J). :S56. t'> llROPPltl'.10, Storta dd Pat·10,1u11to~14bOtpino, Il, '!IG. (1J 1de111, 1,·, Xl.li. (4) Idem, 111, 6.57. t~) Idem, IV, 'i8, 8\ e Sl"g. (I) Idem, IV, 68.
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