Critica Sociale - Anno VIII - n. 17 - 16 ottobre 1899

206 CRITICA SOCIALE tutti i rappresentanti del Piemonte socialista, non solo constatare l'oppressione fiscale, ma avvisare i mezzi per impreudere la lotta contro di essa e contro le rorme con cui essa grava di preferenza sopra le classi più povere. Di più, quando s1 discuto dell'azione del partito socialista nelle amministrazioni locali, non bisogna mai astrarre dal criterio politico, col quale solo si può scegliere, rra le molte riforme accennate e diffuse nel libri degli studiosi, quelle che si adat– tano all'indole e al carattere del partito che le vuol propugnare. E qui appunto mi pare sia stato il lato più deficiente del Congresso di Torino. Ma per non limitarmi a delle semplici note cri– tiche, e per accennare quale dovrebbe essere l'a– zione dei socialisti nei Comuni, osserverò breve– mente I due aspetti del problema finanziario: finanza comunale e rlrorma dei tributi locali. • • • Riguardo al primo aspetto, la situazione finan– ziaria dei Comuni è cosi notoriamente cattiva da non aver proprio bisogno di insistervi troppo. Il disavanzo, che nel 180;; era di L. 15.653.5Z7. sali nel 1897 a L. 20.052.460; il dissesto è dunque la condizione normale delle finanze locali. A questo dissesto però hanno condotto cause molteplici, delle quali ci possono dare qualche ragguaglio le cirre aeguenti, che tolgo da un recen tisslmo studio del Camanni sulle finanze del Comuni e delle provincie. Le spese obbligatorie ordinarie dei Comuni subi- rono questa progressione: 1882. . . . . L. 220.00S.071,- 180;;. . . . . • 319.051,098,- 1897. . . . . • 328.138,391,- Le spese obbligatorie straordinarie invece dimi- nuirono cosi: 1882 ..... L. 74035.178,- 1805 . . . . . • 68.900.007,- 1897 . . . . . • 70.451.249,- Flnalmcnte quelle r.collatlve subirono queste vicende: 1882. 180;; . 1807. L. 01.773.631,– • 53.374.408,- » 50.076.708,- Da queste clrre risulta dunque che tanto le spese straordinarie quanto le racoltative, sebbene mo– strino dopo il 1805 una notevole tendenza a risa– lire, pure sono state, dalle disposizioni delle nuove leggi, ristretle al di sotto della cirra che avevano raggiunto nel 1882. Le spese obbligatorie ordinarie hanno invece seguito, e con progressione spaven– tevole, la toro marcia ascensionale. Un partito quindi che si trova davanti a questa situazione di cose e vuol porre riparo ai dissesti della finan,.a locale ha tre vie da seguire: o tenta di restringere Il fabbiSOIJnO del Comune falcidiando le spese facoltative, o masprlsce le imposte, o si agita contro Il potere centrale per ottenere uno sgravio nelle spese obbligatorie. La prima strada può condurre a risultati parziali abbastanza buoni io certe regioni d'Italia. Infatti dalle statistiche risulta che, mentre il Veneto eroga In spese facoltative milioni 5,3. la Sicilia, con la Identica popolazione, spende milioni 10,6. L'opposi– zione dunque agli sperperi d'ogni genere, che Il nostro spagnolismo consiglia, può nell'Italia meri– dionale produrre qualche sollievo alle finanze co– munali. Ma nelle altre regioni Italiane! Qui viene in acconcio una osservazione acuta, e documentata da una lunga serie di Indizi, del pro- fessore Cario Conlglianl nel suo poderoso lavoro: La riforma delle leggt sul trl/Jt<tt locali.(') Il dotto professore osserva cho non bisogna illudersi sulla possibile restri1.ione del fabbisogno comuuale; i crescenti bisogni della vita collettiva, le nuove forme di assistenta pubblica accresceranno in av– venire le spese facoltative dei Comuni. Ostinarsi quindi a volere per questa via trovare un rimedio emcace è sciupare tempo ed attività preziose. Si può, come i socialisti piemontesi, dichiararsi con– trari ai debiti comunali che accrescono la già allissima cifra degli oneri patrimoniali, ma, oltre il proposito di non aumentare le spese obbligatorie, non si può affermarsi recisamente contrari, e in tutti i casi, all'aumentare delle spese facoltative. La seconda slrada, cioè l'inasprimento delle im– poste, è da scartarsi del tutto. In un paese che soffre per eccessivo 0scalismo, un partito che adot– tasse un tale programma correrebbe inevitabilmente alla rovina. Resta la terza via, che mi pare la più adatta per un pariito che può contare sopra un·agitazione larga ed Intensa fuori del Comune. Dai dati rirerili più su si è vi,to che le spese obbligatorie ordinarle sono enormemente aumentate, determinando in gran parte il dissesto delle finanze comunali. È qui dunque che bisogna porlare l'attenzione degli amministrati. Fra queste spese ordinarie c"è, per esempio, una quantità di spese che vanno fra le generali e che Importano più di 72 milioni di lire. Ora. specialmente contro queste Il partito socialista dovrebbe agitarsi per ottenere che un radicale decentramento permetta di economizzarle, sosti– tuendo, ad una burocrazia inceppante, organi locali più adatti o più semplici. Altre spese poi, addossate ai Comuni come obbligatorie, non hanno carattere di spese locali; contro queste dunque dovrebbe moversi l'agitazione del socialisti, perchè fossero pas."8te allo Stato. In una simile agita,zione non mancherebbero certo le adesioni di tutti i contri– buenti anche appartenenti ad altri partiti, realiz– zandosi cosi quella condizione che è presupposta necessaria perchè l'agitazione riesca larga e fe– conda di risultati. Ma lo Stato come potrebbe sopperire a questo nuove spese! DI questo i socialisti non debbono r. reoccuparsi. Lo Stato è Il rappresentante di tulle e caste improduttive e parassite, e tentare di riversare sopra di esso molli carichi che gra– vano oggi sui Comuni è un obbligarlo, o a ridurre le proprie spese lmeroduttive, o a raccogliere nuova messe d"lmpopolar1tà con la creazione di nuove Imposte. Che se l'agitazione in questo senso non dovesse, com'è proba611e,arrivare allo scopo, avrebbe però dimostrato che lo Stato è il nemico, non soltanto del singolo contribuente, ma anche della collettività comunale, e la lotta intrapresa contro lo Stato avrebbe create nuove antipatie a questa Italia tas– satrice e nuove simpatie all'Italia che è nel futuro. • •• Per trattare della riforma dei tributi locali, in modo che risponda ad una più equa distribuzione delle imposte, bisogna anzitutto farsi un concetto chiaro del sistema tributario locale. Il semplice esame delle Imposte locali non basta a dare esatto questo criterio; occorre che noi Cacciamorapida– mente una breve rassegna delle vicende legislative, attraverso le quali si è formato Il congegno tribu– tario attuale. La legge del 1805 fondava Il sistema tributario {') Modena, 18l8, Società Tlpogn.nca: pagine 7~ (L tO).

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