Critica Sociale - Anno VIII - n. 16 - 1 ottobre 1899

CRITICA SOCIALE riserva a coteste che si vogliono chiare e piene rispondenze fra lo stato economico e la tendenza politica) egli, l'imperatore e re, vuol invece di– stinguere: egli non intende punto che il Canale rappresenti una vittoria liberale - come vanno cantando certo con poca abilità pel momento ma con una buona vista lunga i giornali conservatori - vuole ch'esso eia soltanto una vittoria tnau– strlale; e anzi, aggiunge, anche agricola; una grande opera di coltura di cui la Prussia e la Germania sentano il beneficio. Di qui la modera• zione stupefacente - pei lontani - della vendetta presa contro Il Landtag ribellatoglisi : pochi Lan• a,·ii.tll.e immolati per necessità e un messaggio di doglianza!. Insomma il pensiero di Guglielmo par questo: favorire lo sviluppo industriale ch'egli sente essere la forza del nuovo Impero; ma nello stesso tempo osteggiare l'avvento, che sembra essere parallelo a quello, di un modesto liberalismo al potere; la borghesia arricchisca e sparga la ricchezza nel paese; il potere rimanga al re e alla nobiltà a– gl'l)ria, alla genie nata al comando. E una tattica pericolosa come il lettore della Critica sa; s'è sempre visto che ogni straccio arricchito si crede nato a comandare e io effetto riesce in qualche modo a comandare; s'è visto tanto che la cosa è stata finalmente elevata a teoria so• ciologica. Guglielmo ha aiutato gli industriali a salire fio da quando mandò via il Bismarck e chiamò il Caprlvi. Il Caprivi, l'uomo di Stato più moderno che l'Im– pero abbia ancora avuto, fece i trattati di com– mercio correggendo la politica protezionista che il Bismarck negli ultimi anni aveva accentuato, e creò il campo di volo all'industria tedesca che metteva le penne; una volt,, osò perfino dire al Reichstag: Deutsclltana, et" Inaust,-testaat. Fu cotesta dei trattati la ragione della sua ra– pida caduta, perchè gli agrari, che sono tutto a Corte, si vedevano perduti. Non l'hanno mai perdonata al Capri vi, e al Landtag, quand'è morto, hanno finto di non saperlo. Tutta la storia tedesea di questi ultimi anni si può definire uno sforzo degli industriali per pene• trare nello Stato; l'imperatore tenta a sua volta di appoggiarsi alla nuova ricchezza, ma maote– neudo allo Stato la fisionomia agraria. Non gli riuscirò., s'intende, mentre va cessando la preminenza economica dei Junker, che sola rende possibile quell'assolutismo larvato di forme costituzionali che ha sussistito fin qui, e mentre il numero, l'influenza, la ricchezza degli industriali e dei commercianti soverchia di giorno in giorno. Quella fuga del contadino tedesco verso il paese d'industria, si da costringere il Governo a mandare i soldati pel taglio del grano, è bene un simbolo, se vi piace. Ma oggi il programma imperiale resiste ancora e i liberali paiono più lontani dal potere che non I t'adicali italiani - poichè vedo che ne discutete. Vi ho detto chd s'è parlato come per ischerzo di un Ministero Richter; ebbro e i Ji'retstnn1ge non hanno passato politico da far dimenticare, non sono mai stati repubblicani; i repubblicani tedeschi che non sono morti nel 48 sono 01'11 fedelissimi sudditi di S. M.; ma vedo i radicali italiani, tutti un poco impeciati di vecchio repubblicanesimo almeno per scrupolo teorico. entrare più facilmente in un Ministero Giolitti che non il monarchico liberale e liberista Richter· in un Ministero di Sinistra prussiana. Prima di giungervi (la forza delle cose li J,>Orta su e arriveranno) bisognerà aver mutato di pianta il suffragio politico che ora pel Landlag come per le amministrazioni comunali è mirabilmente fog– giato a garantire la signoria agraria. . . . Questa è la politica tedesca tediosa del vecchio stile storico perchè nessun uomo vi brilla e nem– meno più le minacele imperiali possono far sperare che lo stagno si metta a tempesta; modernamente interessante per queste lotte nelle quali gli inte– ressi non sono il nocciolo io.torno a cui le belle idee generali e le brillanti qualità di alcuni indi– vidui si mettono io mostra, ma sono tutta la lotta, vengono nudi (non dico, no, che siano belli) alla su• perflcie e spiegano: noi siamo la politica, in questo paese; l'imperatore non ci sdegna. AMEDEO MORANDOTTI. L'ARMATA DI CESARE (NOSTRA OORRISPOND&Nz.A PARIGINA), Larequlsitorl& del procuratore della Repubblica Oct&ve Bernard, letta lunedl scorso innanzi al Senato costituito in Alta Corte di Oius\izia 1 ha certamente molti meriti, dal punto di vista giuridico e politico, ma ne ba uno, dal punto di vlst&morale, afl'atto incontestabile per ogni buon repubblicano. Il ftgurino di Filippo d'Orleans è la– vorato a penna dai documenti sparsi con affettat& ne– gligenza. nelll\ requisitoria ed Il principio monarchico non ci guadagna troppo. In data del luglio 1898 l'inetl'ablle Gamella scriveva al suo Buffet: e Ho veduto la persona ~!nt:~o~•:::~a~!.rit~h 1 !~.:!~~' !f~~~~~ 1 lt~t~i::, fs 0 o 0 - luto all'azione. lo ho molta fiducia. in lui.> Per la. lntelligeou. del lettori, l'uomo del quale il futuro re– moto re di Francia. traccia un cosl lusinghiero ritratto è Jules Gué1io, bancarottiere, scroccone, libellista. e peggio ancora, un uomo politico dalla fedina. criminale quasi crieplna, e, quindi, capo naturale dell'antise– mitismo. Ma.nella stessa requisitoria noi c'imbattiamo in un altro documento i ò una lettera di Madame Ha.tte de Cbevilly al duca. d'Orleans: « Signore, lo ho nella mia cassa. duecentomila franchi, di cui per lettera la pro– venienza .... Io vi sarei molto grata se voleste scrivere qualche parola. a. Madame..... e a. Madame.... per rtn– gra.ziare ed accusare ricevuta.• Le due gentildonne che il procuratore della Repubblica cavallerescamente lascia nell'ombra sono Madame Porgès, moglie di un ebreo austriaco, e Madame Adelswa.rd, oriunda tedesca. Cosi il duca. fo.ceva.lavorare per la. sua casa il capo dell'antisemitismo d'azione e le damine d'Israele. Il discendente di san Luigi o, più probabilmente, del car– ceriere Cbiapplnl, restava nelle tradizioni della casa, I mmortalate d al Toussenel nei Juif, roù de l'dpoq~. Il monarca.lo antisemita, annunziato nella proclama– zi one del duca pubblicata dalla. Ga.zellBde Frane,, non sdegna.va. l'oro semita per te prime spese d'impianto. Mach iavelli trovrebbe 11 colpo originale e spiritosa– mente immaginato, ma avrebbe torto. La figura tradizionale del Re di diritto divino non a'estolle nella raccla slavata di questo principe usuraio che tenta barare la corona di Franclal accordandosi con una mano di biscazzieri da gargotta. Quale con– trasto non appare subitamente tra l'austera persona del conte di Chambord, l'uomo che reclama le redini della Francia perchè solo da Dio ebbe la missione di salvarla, ed il piccioletto duca che patteggia con l'e– missario di ltocbefort il prezzo del mentito Intervento dei sindacati operai in ravore della monarchia e trova che per tutto ciò non occorre spendere più di 300.000 franchi! Il conte di Chambord riftuta la Corona, off'er– tagll dal rappresentanti della. maggioranza dell'as– semblea versagliese, connivente Mac-Mabon, percbè gli ai vuole imporre il vessillo tricolore, il vessillo uscito dalle viscere della rivoluzione, che ba decapitato Luigi XVI. Quest'anemico pretendente a.ccetta e subisce tutte le mortl6cazioni, ed a,_derlace a tutti i patti. La

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