Critica Sociale - Anno VIII - n.15 - 16 settembre 1899

230 CRITICA SOCIALE statizzare il debilo lpolec,rlo, abbassando il livello usurario dell'interesse del denaro, prestato alla pic– cola p1'0prietà, allo stesso livello dell'inleresse del denaro prestato alla grande, non avrebbero per con<eguenza di (avor11·e la piccola proprietà, ma rti fJ1' cessare la sperequazione fra essa e la grande. C ~ una piccola proprietà parassitaria I O-accordo. M• la gran massa della piccola proprietà compie prodigi Ignoti alla graude. « Il potere magico della proprietà trasrorma la sabbia in 01'0 > diceva Jung, e questo spiega la straordinaria resistenza della piccola proprietà innanzi •fili ordini reiterati di certa scienza marxlstica d1 spal'ire e dissolversi. I.a piccola proprietà resiste e s'accresce, ecco il fatto. Il Congresso di Bologna ne decretò l'ester– minio, ma essa è capace 1>ersino di prosperare. Il disaccordo fra lo schema marxistico prestabi– lito e la realtà dei fatti sprigiona la propria luce nella contraddizione evidente del Kautsky. Da un lato, c'è la teoria che gl'lmpone di credere alla sparizione della piccola proprietà e consacra il dogma della inferiorità della piccola produzione di fronle alla grande, dogma smentito dai fatti quotidiani; dall'altro, l'osservar.ione p1'0va che la piccola proprietà è sempre più capace di vivere e di sopravvi1•ere al sistema capilahstico. Il Kaulsky ha compasto il dissidio, condannandola a morire nella prima parte dell'opera e facendole generosa– mente grazia nell'ultima. Ma se ciò attesta della boutA del suo cuore, non parimenti attesta della rigidezza delle sue vedute. La • crisi del sociali– smo • sta per fal'e un proselite anche in lui! La scienza economica ha già risoluto da qualche tempo il problema se la piccola proprietà possa, in cel'ti casi, essere più utile della grande. e l'ha 1•i– soluto favorevolmente all'ipotesi ottimista. li fallo, poi, della persistente resistenr.a della piccola pro– prietà alla concorrenza del mercato, prova con l"esempio del fatto la verità di questa tesi. L'istesso Kautsky è più o meno esplicitamente portato a confessare che la proprielil coltivatrice piega sotto un peso che non è quello della proprietà islessa, ma è anzi dovuto alla pressione dello rimutabili condizioni polltlco-flscall. La consegueuza che s'im• pone non pare essere quella sostenuta dal Kaulsky, doversi la proprietà coltivatrice abbandonare all'iu– timo processo di dissoluzione, mentre la democl'azia socialista dovrebbe vol11erele sue unicb.e cure al proletariato cittadino. Polchè il trapasso al socia– lismo non sembra contraddire all'esistenza della piccola proprietà coltivatrice, giova interessarsi parimenti di questa classe sociale, che. all'istesso titolo della classe lavoratrice, è destinata a soprav– ,,fvere alla ipotizzata trasformazione sociale. Quanto poi alle misure da prendere, queste debbono esser consigliale dalla pratica politica. Il nihilismo poli– tico, consigliato dal Kautsky, non s'accorda punto con le sue premesse:ecco l'esse11ziale. Certo, la condotta suggerita dal Kautsky è più che mai rigettabile per que; paesi, come l'Italia, che sono prevalentemente agricoli e tali resteranno per un pezzo ancora. In questi paesi il proletariato vero e propl'io - tanto composto di lavoratori iu– dustriah, quanto di lavoralorl agricoli - non è puolo In maggioranza del paese, la quale invece si recluta nel ceto piccolo-proprietario. Per quesli paesi almeno, e la democraziasociale rosse la por– tavoce della sola classe degli operai industriali, essa sarebbe la rappresentante degli interessi di una mi noranzacontrola maggioranzadel p·,ese. Ora, finché fosse provato il dissidio fra gli interessi della quasi maggioranza di piccoli p1'0prietnrl e l'ideale del socialismo, la negligenza si scuserebbe; ma quando, come ammette il Kautsky (contro il quale solo son diretto le nostre osservazioni, cioè contro la speciale posizione teorica ch'egli assume), tale dissidio non c'è, nnzi c'ò accordo e coincidenza d'interessi, come si giusti0ca più l'abban~onol La piccola proprietà si concilia con l'ideale del socialismo; dunque bisogna rappresentarne gl'iute– ressi sin d'ora! Ecco la sola conseguenza possibile, date lo JJremesse del Kautsky. Tale conseguenza scende naturalmente dalla premessa, essere il so– cialismo non già - in generale - il processo della Mpropriaziooe dei mezzi di prorluzione tndWtdual• num/e posseduti. ma solo di quelli che hanno una funzione capllallsttca, nel senso marxista, e secondo me non corretto. della parola, cioè monopoliz,.atrice e dominafrice. Tutti i mezzi di produzione, non adempienti ad una ruuzioue capitalistica, restano p1oprletà privata. Questo è nello spirito anche della pili e;iugerata teol'ia comunistica. Kautsky in ciò non innova, ma. ciò che egli non giustifica è, perchè, cosi stando le cose. il JJ••·tito socialista debba ab– bandonare la p1·oprietà coltivatrice a sè stessa. Cioò un argomento egli present.a; ma che valore ha mai I Ricordiamo come il Kaut,ky dicesse che c'è un contrasto foudamenlnlo fra gli interessi del piccolo proprietario e dell'operaio nel fatto che il piccolo proprietario d0\'8 teodora, nel proprio in· teresse, al massimo iocarimenlo dei generi di con• sumo popolare, e gli operai alla cosa iu\'ersa. - Duole che questo argomento sia addotto da un uomo come il Kautsky. Forse che in certi casi I la\ 1 01-atori non ~ono auch'essi protezionisti e nou domandano il massimo incarimento del loro prodotto, allo scopo o di rar rialzare i propri salari, o di garantirsi contro la disoccupazione! Du.-ante la di– sputa, che ebbe luogo al Cougresso ultimo del Par– tito socialista tedesco a Stuttgart, sul tema del libero scambio e del protezionismo, un operaio amburghese dichiarò che, in seguilo ai dazi protettori. i salari in Amburgo erano saliti. Un alll'O parlò contro Kaut,ky, che sosteneva la tesi libero-scambista, precisamente in nome degli interessi di certi celi operal,av,•antaggiati dal protezionismo.Questi operai dunque capivauo perrettamente che i loro interessi erano In opposizione a quelli della gran massa dei consumatori. Ora, il consumatore principale chi è nei nostri mercati I Non è forse il lavoratore I Dunque, noi caso d'una industria protetta, bisoguo– rebbe parlare di contrasto d'interessi fra ceti operai e ceti operai. La vel'ilà invece è che il contr•sto degli interessi è una legge fondamentale della vita, anche individuale, ed es,a si verifica tanto fra pic– coli proprietari ed operai, quanto fra operai ed operai; eppure J'opposlzlouo degli interessi fra operai ed operai 11011 distrugge il fatto che il pa,, lito socialista li rappreseoli tutti. Il contrasto - apparente - fra gli interessi del p1•oleta1'ialo industriale e la piccola p,·oprietà non sarebbe una ragione sufflcienle. porchè il partito socialista non pigliasse in considel'aziuue, per dirla parlamentarmente, gli interessi della piccola pro– prietà. Ma tale contrasto scema o dilegua ove si pensi che il Kautsky equivoca di grosso affermando che l'interesse della piccola proprietà sia di far sa– lire Il prezzo delle sussistenze. Questa proposizione non reggo affatto. Scopo dei piccoli proprietari, come del grandi produttori, come degli operai, è - invece - di otlene1·e tt1t'alla 1·tmune1·aztone. Ora, un'alta rlmune1·azione può ottenersi per due vie: o facendo c1•esce1•e i prezzi, o racendo c1·escero il prodotto a parità di costo, cioè facendo progre– dire la pl'oduzioue e scema,·e i prezzi. Il primo mezzo 11u6 esprimere un contrasto di interessi con i salariati: il secondo no, anzi afferma una reci~a coincidenza di iute,-essi. Perchè crede il Kautsky che la piccola proprietà debba eleggere sempre il primo mezzo e scartare sempre il secondoI Teorica•

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