Critica Sociale - Anno VIII - n. 12 - 1 agosto 1899
CRITICA SOCIALE 183 noi slamo tl paese 1itù t11debtlato del numdo in 11arauo,ie delle noslre ,·lsorse, ed 111 cosi 1,·isll condt;iont eco11omicheabbiamo oellato ili Af1·tca 500 milioni pe1· t,·ocarvl una scon[tlla. Alt1·ove la ninna nann, della gloria poté felice– mente sostituirsi coll'eucaristico salmodiare delle preghie1·e; la gola dei chilometri quadrati tolti al nemico potè saziarsi con In conquista senza fine dell'in0nito lddio. I succedanei del pane e della carne possono essere rappresentati, tanto daffam– brosfa pagana. quanto dall'incenso cristiano; ma da noi, st è tolto il se11t1mento..eltotoso sen::a dan nè tstruztone, nè educa:ione; da noi hanno ratto egualmente fiasco i clericali ed i liberali, i preti ed i massoni - gli uni e gli altri perché si sono sempre occupati solo di sé stessi e non han volto mai la minima attenzione a quelli che stavano sotto - 1'amquam non esseni. Nell'esultanza del godere parve sola preoccupa• zione degna quella di conse1·vnrsl i mezzi dei go dimento; perciò si è ci·calo il vlù mostruoso si– stema tributarlo, pe,· il quale la maoutor varie del 11ubbllct vesl cade sul consumi <li prima ne– cessllà e il complesso delle imposte è v•·ogressivo a ,·ovesclo; ed abbiamo il corso for;;oso ! I dolo– rosi fatti di maggio 1898 trovano qui una spiega• zione ben più profonda di quella che il superflcia– lismo interessato delle consorterie politiche seppe mettere innanzi, denunzfando la propaganda dei parllti popolari; quel malt nO>l SI CW-atlO nè COII abllttà va•·lamental'I, nè con spedteiiti di vo– llzla; non con le capriole dei Rudinl e dei Colombo e le sinistre sobillazioni dei Sonnino. nè con le bru– talità dei Prina. Bisognerebbe dar dentro vigorosamente nell'al– bero mortirero della burocrazia; abbiamo un'am,– nlinisl>•a;to,Ie tenia, compUcattssima. non ,·tspon– denle a{Tallo al bisogni tielle 1JO))Ola:ioni, percM risponde esclusivamente - ed anche in modo im• )lerretto - ai bisogni della burocrazia stessa, cioò dei pupilli della borghesia spogliata dal moto ca– pitalista e chiedente allo Stato un indennizzo pe1· non passare al campo nemico! Questo esercito im– menso di t1·avet, 0giiato dalla vtccola vropl'ietà che, sl1·e111aIa da ogni sorta dl 1w-t, lende a scom– pal'lre, è tormentato dal l'ico1·dodella recente ro– vina economica e dall'amarezza del troppo avaro compenso h·o1•ato presso lo Stato; e finisce per as– sumere la convinzione che l'impiego non é fatto per il servizio della nazione, ma è soltanto un titqlo per riscuotere lo stipendio, a mento delle leggi o dei reirolamenti sulla contabilità dello Stato. li pub blico rltventa un seccatore pretenzioso ed indiscreto; tiranneggiarlo è una legittima restituzione di gra– tuito fastidio. Lo leggi, i regolamenti, le istruzioni e le circolari sono le armi con cui si combatte il duello - armi non sempre sincere e speaso a pa– recchi tagli, le quali si cambiauo e si moltiplicano fino a formare un immensoarsenale,dove nessuno piu si raccapeua. Cosi, agitandosi molto in apparenza, restando in realfa immoti, i militi dei grande esercito della burocrazia si studiano di arrivare a quel tempo relice che lo stipendio verrà riscosso - come do– vrebbe sempre essere - in fo,·ma di pensione vi– talizia, senz obbligo di far nulla di nulla! Intanto l'onere per le pensioni supe,·à digià il mezzo mi– liardo; i limiti d'ali\ vengono. con encomiabile pru– denza 1>olitica,di continuo abbassati per tutte le funzioni dello Stato ritenute più importanti; l'ono• revole Randaccio protesta per gli sperperi del Mi• ntste1-odella marina; l'on. Marar.zi per le mange,·te che si commettono dai fornitori dell'esercito; e tutti i competentt ad una voce attestano che i magaz– zini dello Stato sono vuoti e che l'Italia non ha nè esercito, nè marina da tenero il campo neanche contro il Principato di Monaco!... A tutti questi mali a!fgiungete la manea11za di glu.stt;la: e non intendo neppure la giustizia pub– blica, quella che regola i diritti dei cittadini verso lo Stato, quella che difende in favore delle mino– ranr.e le leggi dello Stato e resiste alle pressioni giacobine delle asserte noco'9ità della pubblica sai· vezza, interpretate sovranamente dal Governo, e non ratinca mai le esorbitanze, le violenze o i de– litti del potere e3ecutivo! Una simile giustizia è propria dei popoli più evoluti, do\'e la coscienza pubblica è piena e dove l'opinione dei cittadiui piega I Governi, senza che sia d'uopo fare ricorso alla Corto di Cassazione; ivi il priucipio del {Jiudtce 11atu1·a/e è domma iunessibile, l'ordine dei giudizi e lo guarentigie personali souo cose sacre! Parlo soltanto della e giustizia• nella comprensione più volgare del vocabolo, quella che statuisce nei rap– porti fra i privati litiganti. Ora in ltalia que,ta giustizia è cosi costosa <la no11esse,·eaccessibile se non al t'lccht - è una giustizia a,·tslocrattca da cui sono escluse le plu modeste attività econo– miche, i piccoli e,e1·centi, i piccoli industriali e p1•oprietarf, pena la rovina e la morte. Una silfdtta ultistt;ta concorJa col militarismo, la burocrazia, il 0scalismo e i dazi protettori a caratterizzare il nostro regime sociale come una specie di feudale– simo chinese, o almeno rus3o, piuttosto che come un regime liberale-democ,·atico sulla foggia che ò propria dei paesi capitalisti-industriali dell'elà nostra. !,'uomo ha capito tutto ciò ed ha anche tenulo esatto conto degli sforzi che il paese ha ratto sotto l'impulso delle idee e dei capitali importati per uscire eia cotanto marasma. A questi sforzi l'uomo non sa o non può aggiungere nulla - ma niti,ta– monte intende it dovere dell'uomo di Stato di non soffocarli sotto le violenze incivili, di lasciare che i nuovi germi sociali si fecondino e si sviluppino liberamente. Egli perciò grida: /Ca un JJaue tn simili comlt;iont st minaccia an~o,·a dt tout/ere la ll~e,·lli i Questa e tmtplen::a e ve,·tcotosa v1·0• vocaztone. F'or,e aucora può in lui piu la preoccupazione imme liala del ministro di ieri e dei ministro del domani che sia guareutito quel nume misterioso o terribile, quel Molock non mai sazio di , 1 ithme, che si chiama l'Ordino Pubblico - anziché l'ampia visione della indeprecabile 1·innovazione politico– soclale che do"e venire in Italia per l'irrùmpera dei nuovi bisogni e delle nuovo idee nelle masse popolari che finalmente salgono il tempio della vita pubblica. Infatti egli aggiuuge: Le Leoutrest,•lllivc dlmtm1lsco110le estel'iorl mant{esla::1ont del ,1ull– cot1/e11/o,ma lo augmvano e 10 ,·endono viti ve• ,·tcotoso, votcllè costrlngo,w t parllti sovvenivi a,1 01·oanl::a1'St: qua11lo 1111,u,·aui sw·ebbeI·0 slatt t (alti di mauoto 1898 se vi fossestaio una segreta o,·oanl:;;azlone ed i disordini fossero scoppiali dappertullo conlemJJ01·aneamente! Et;II immagina ancora che i partiti popolari possauo vivere in una segreta organizzazione e preparare una rivoluzione sociale che - dirò con una folice immagine di E. Vanderwelde - « precipiti nella societii c•pitalista come un ladro nella notte •• e sostituisca, in un rantaslìco cambiamentoa vista, la ditta tura del proletariato alla dominazione b01·• gite.se. Porché ciò non succeda, egli domanda li– beri,\, mentre noi domandiamo llberù\, perché l'i– tenlamo ogni intervento poll7.iesco, ogni costri– zione politica da parte dello Slato, come fatali ullo sviluppo normale degli embrioni della vite nuova, faticosamente disseminati tra questo ropolo in quo sta dolorante gestazione di secolo!
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