Critica Sociale - Anno VIII - n. 12 - 1 agosto 1899

190 CRITICA SOCIALE fece arrestare i deputati Mordini, Calvino e Fabrizi e telegrafò al ministro Rattazzi: • Ho arrestato i deputati, li fucilo I •; Rattazzi si oppose e cosi pe1· allora i precursori di De Andreis se la cavarono anch'essi; Cialdini comandò al colonnello Palla vi– cini: • Raggiunto Garibaldi, attaccarlo senza più, schiacciarlo e non accordargli che la resa a discre– zione»; i giornali monarchici vomitavano impro– perie e calunnie contro Mazzini e Garibaldi. Garibaldi, di fronte alla guerra civile, si fermò; comandò ai volontari di non tirare contro i rego– lari; ad Aspromonte questi tirarono primi; alcuni dei volontari si eccitarono e risposero; morirono cinque garibaldini e sette regolari; Cialdini tele– grafò: « Garibaldi, dopo vivo combattimento, piena– mente sconfitto, ferito e fatto prigionie,·o con tutti i suoi•; le onorificenze e le medaglie non furono risparmiate. A Fantina il maggiore De Villata sorp,·ende di notte una schiera di garibaldini, fuggiaschi, do1·– mienti, disfatti dalla fatica; domanda se vi sono fra essi soldati regolari disertori; « il Re li per– dona e li lascerà immediatamente raggiungere i loro corpi »; si fanno avanti sette uomini, fra i quali due per errore, non avendo tra veglia e sonno capito di che si trattava; il maggiore di– chiam che come disertori debbono essere imme– diatamente fucilati; i due giovani cercauo di spie– gare l'equivoco; non sono ascoltati; liomandano di :;crivere a casa; « niente, brjganti, non meritate che piombo nello stomaco »; le fucilate non ucci– sero del tutto uno dei condannati; questi l'ialzò il capo dal mucchio dei morti; il maggiore lo fini con un ultimo colpo. La rh•oluzione parve strangolata. Oramai di essa non si aveva pill bisogno. La Venezia si sperava da una prossima guerra; quanto a Roma, si aspet– tava che maturassero .... le forze morali; non si era più piccoli e quindi non c'era più bisogno di• gio– varsi senza scrupoli » della rivoluzione; l'era della « monarchia regolarmente costituita» cominciava. Due anni dopo, infatti, a Torino le pacifiche dimo– strazioni, protestanti contro il trasporlo della capi– tale a Firenze e la rinunzia a Roma, furono assa– lite dai tutori dell'ordine e lasciarono per le strade cinquantadue morti e centosettantasette feriti; e al Ministero Minghetti, ordinatore della strage, dimes– sosi di fronte alla tempesta della pubblica indigna– zione, succedette. con nna crisi extraparlamentare, un Ministero più 1\.·.it.i u.. rio anco1~a,presieduto dal gener~le Lamarmo1·a, uua specie di Pelloux, altret– tanto cocciuto, meno cretino e più presuntuoso. V. La reazione durò intensa fino al 1866. La guerra austro-prussiana parve occasione opportuna per consolidarla definitivamente. « Se otterremo il Ve– neto non in seguito a una vittoria ma col benepla– cito della Francia, non si potrà più governare in Italia; l'esercito non avrà più prestigio » 1 scrh 1 eva il Lamarmora al Nigra alla vigilia della guerra; e per « governare » intendeva naturalmente il Go– verno manu mtltlari. Egli aveva ragione. Infatti le sconfitte di Custoza e cli Lissa ruppero i fianchi al partito reazionario; i resultati della vittoria di Aspromonte furono distrutti. Mazzini subito dopo si dichiarò ociolto da ogni impegno verso le isti– tuzioni monarchiche e fondò I' « Alleanza repub– blicana ». L'anno dopo, nel '67, Garibaldi poteva, nonostante le opposizioni governative, varcare il confìne pon– tincio coi suoi volontari e marciare contro Roma; e quello stesso Cialdini, che nel '62 aveva dato l'or dine di «schiacciarlo,, ora si dimise, non avendo potuto impedirlo dall'impresa. E sì che fin dal '62 il deputato Boggio, un 11raduato della turba mo– narchica, aveva scritto nella ])iscusSione: « l'aver Roma per mano di Garibaldi sarebbe la più grande delle sventure per la nazione• (per il significato di nazione, vedi sopra). E il Lamarmora il 17 agosto '64 aveva detto al Ministro francese Drouyn de Lhuys: « sarebbe doloroso per noi se dovessimo entrare a Roma con o dopo Garibaldi • <:)- Ma la sventura ora non si poteva impedire come nel '62. Meno male che i francesi a Mentana fecero in modo da evitare ai nostri monarchici il « dolore » atroce di veder Garibaldi a Roma. Se questo fosse avvenuto, Garibaldi, istruito da ciò che gli era capitato nel '60, non si sarebbe lasciato mettere pacificamente a ri– poso e allora, chi sa? forse la rivoluzione avrebbe strangolata la reazione. Mentana salvò la reazione italiana. Eppure, nonostante il trionfo di ~fontana, la rea– zione non si riebbe; il colpo 1·icevuto nel '06 fece sentire a lungo i suoi effetti. Uno degli effetti mai;t• giori fu la ma,·cia su Roma nel settembre del '70. Quando i deputati della Sinistra, sospinti dall'agi– tazione popolare, intimarono al Ministero Lanza– Sella: « o andate a Roma, oppure abbandoniamo la Camera, andiamo fra gli elettori e rovesciamo il potere temporale e il potere vostro insieme », il partito conservatore - chiamiamolo così - non ebbe altro scampo: o andare a Roma o lasciarsi strangolare. Fu fortuna della reazione italiana che Garibaldi con la sua eroica ingenuità si sia lasciato indurre da chi vi era interessato ad andare in Francia: mentre egli vinceva a Digione e si co• priv~ di gloria inutile, in Italia i suoi nemici re– stavano padroni del campo. • L'entrata della mo– narchia in Roma ha ritardato di vent'anni l'avvenire della repubblica •• disse il Mazzini dopo il 20 set– tembre. Ma, anche ottenuta in questa forma, la presa di Roma fu una vittoria democratica; vittoria equivoca, perchè la sostanza dell'atto era democratica, mentre la forma era monarchica, e in politica la forma è tutto; ma per il momento la presa di Roma fu come uno schianto di tutto il vecchio mondo rea– zionario, e la democrazia ne fu avvantaggiata in questo, che apparve a tutti l'assoluta impossibilità di strangolarla ... per allora. Carlo Alberto, dopo« essersene giovato•• avrebbe • o convertito o spento• il liberalismo. Lo spegni– mento era impossibile; bisognava convertirlo. A questo serd mirabilmente la salita della Sinistra al potere. Dal 1876 cominciò un lavoro incessante, minuto, abilissimo per ottenere questa conversione. Sui morti più pericolosi, come Cattaneo e Ferrari, si fece la congiura del silenzio; di Mazzini si ri• cordò solo che era stato uno dei santi padri del– l'unità; Garibaldi fu trasformato in un luogotenente di Vittorio Emanuele; i vivi furono in tutti i modi circuiti e corrotti; Carducci fu assalito dal lato della vanih\ e domato; le speculazioni edilizie servirono a rovinare moralmente molti, che fino allora si erano tenuti puri; la Banca Romana fece il 1·esto. Con la corruzione degli individui fu spinta innanzi alacremente la corruzione di intere regioni: la Li– guria, centro una volta del movimento repubblicano, oggi centro della pii, schifosa corruzione politica, ne è esempio tipico. E con la corruzione, che re– cideva i nervi a qualunque serio movimento di opposizione contro il Governo centrale, procedeva di pari passo la reazione. Di questa reazione i fe– nome11i più appariscenti sono stati la 'friplice al– leanza, il Trasformismo, le Convenzioni ferroviarie, le spese militari, l'impresa affricaua. (•) :Yuoi;a Antologt2, t. 0 marzo 1699, p. W3.

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