Critica Sociale - Anno VIII - n. 10 - 1 luglio 1899
150 CRITICA SOCIALE INSURREZIONE DICOMUNI Se gli illustri patriai·chi della tradizione fede– rale italica, i Carlo Cattaneo, i Giuseppe Ferrari, gli Alberto Mario levassero i capi dai loro sepolcri a vedere questa magnifica germogliazione di vita CO· muuale, questi vetusti Municipii longobardi e ci– salpini rompere superbamente contro le vecchie consorterie, pnpille e vassalle di Roma, essi al certo pauserebbero: Ecco, è l'ora! un'altra volta il Car– roccio dei Comuni gloriosi frusta l'ira ghibellina. La pace di Costanza è prossima! Llbbene, no I La pace di Costanza non é p,·os– sima; anzi, è assai, assai lontana. Un procul'atore f'.,ollegiato,che ha messo il sottile ingegno di azzec– cagarbugli napoletano al servizio della coalizione di tutte le pau1·e costituzionali, l'on. Grippo ha detto con efficacia di sintesi: Se è necessario. noi siamo dispof.l.tia sacrificare la libertà all'unità! Al motto ardito, pieno di una mirabile insolenza, rompente la c1·osta impomatata dell'ipocrisia poli– tica italiana, plaudirono freneticamente due terzi dei settori della Camera italiana; i deputati di tutte le Vandea tripudiarono d'avere trovato il ci– nico che dicesse da lui solo la vergogna di tutti e una buona volta li liberasse dal peso di tirare piit in lungo questa stuccante carnevalata del libera– lismo italiano. Unità, sì! Parchi, l'unità é la più ampia cerchia aperta di negozi anicchi tori; è il crescere degli appalti e delle ferrovie; é il debito pubblico aumen– tato, lo sfruttamenro delle velleità coloniali, il sac– cheggio delle Banche privilegiate; é la Regìa, le Convenzioni, l'Africa, la Cina, la Banca Romana, ecc. Libertà, no I Perché la libertà é la critica di tutto ciò; è la difesa degli sfruttati, l'organizzazione dei lavoratori; la denunzia quotidiana della stampa; è :~n9 1 1 ;~s~~~fu~~~~~ ire e delle giustizie popolal'i, è Libertà ed uoità sono termia i contradditor,; nel duello perisca la libertà, trionfi l'unità. . .. Ma il motto fu raccolto come uu guanto di sfida. Milano, 'l'orino, Mantova e tutto il Mantovaoo,Ferrara, Spoleto, Firenze, Piacenza, Parma, Pavia, Novi, Ales– sandria, ecc., insorsero in nome della libertà. li senso di queste vittorie popolari é sempre uguale, attra– verso le differenti posizioni della battaglia. La libe,·tà è sacrificata all'unità. li Comune non è che il più grosso contribuente dello Stato italiano, il più struccato ed il più perseguitato. La taglia che e,so é costretto a pagare è un vero atto di sudditanza, perché la politica generale cui esso li destinato a pagare non é la politica che farebbe il Comune. L'imposizione, grave in sè, diventa in~iusta ed oppressh•a, come quella pagata ad un prtncipe forestiero. Il malcon– tento politico sobilla la ribellione amminisfrativa; mentre le vecchie camarille cousortesche, che si impinguano sulla politica generale e sulle ammi– nistrazioni locali, strillano a gran voce contro l'in– trusione della politica nelle amministrazioni! Quanto, quanto candore d'innocenza in simile rimproccio ! A Roma i consorti votano i dazi pro– tettori, indulgono alle imprese coloniali, fauno assol– vere i concussori del denaro pubblico; propongono le leggi di reazione, ecc.; e di tutto ciò si prepa– rano a raccogliere il frutto a casa - e si stupiscono ed accusano i partiti popolari che li hanno com– battuli a Roma, perchè li combattono anche in ca~a! Oh! non è veramente un grave segno di ,sedizione1... E ancora la rivolta prorompesse al chiaror livido degli incendi dei casotti daziari, come nella Sicilia Bib 1ote ::i C no B1arco famelica. L'unità ha tali pompe da spegnere gli in– cendi della fame. Ma l'acuto Prinetli assai retta• mente osservava che è alt1·ove 1 nel Nord, dove la miseria è minore e la partecipazione politica mag• giore, che é il più grande guasto contro l'unità. E però le leggi di comp,·essione politica debbonsi principalmente attivare per i grandi Comuni ribelli e deggiono avere la precedenza assoluta sui prov– vedimenti economici, di cui è sufficiente rinnovare la promessa ad ogni tornar di discor:m regale. . . . Nell'antitesi grippiana dell'unità e della libertà, e nella confessione prinettiana che urge, avauti ogni cosa, ridurre nei lacciuoli i Comuni 0\'0 men sel– vaggia è la desolazione economica e più vivo il senso della vita pubblica, sta tutta la spiegazione c!ell'insurrezione dei Comuni. ·rutta le energie locali produttive, trepide del brutale saccheggio dello Stato sciupone, militarista, crapulone e !isca\eggiatore, istintivameute si dirigono verso il Comune, cer– cando quivi un riparo contro l'imperversante rovina. Si opponga il Comune contro il prepotere dello Stato; reclami la sua autonomia; dinieghi. se oc– corre - ulltnia ratto - i tributi; ma ottenga che le forze vive locali restino nel Comune e fecondino interessi collettivi tangibili per tutti i consociati, aoziché venire stornate dalla loro fonte per essere disperse lontano a scopi bui. a beneficio di strane, sinistre camorre. Un tal moto é iodubbiamente democratico, popo– lare - o, a usar un aggettivo di nostra scienza - piccolo-borghese. Sono le tenere energie economiche, le piccole grandi-industrie nascenti, i giovani ger– mogli del grande albero futuro del capitalismo produttore moderno, che chieggono al Comune di– fesa contro il Governo, dilapidatore sfrenato; i ne– mici sono tutti i piccoli e grandi parassiti dello Stato, i protezionisti del Nord ed i guerrafondai del Sud, e tutti i politicanti di ogni genere, che vivono sullo scrocco della politica all'ombra della prote– zione governativa. In questa insurrezione di partiti che abbando– nano te denominazioni proprie per chiamarsi sem– plicemente popolari - in significazione di ciò, che esprimono bisogni eccedenti le distinzioni speciflche delle classi, perché abbracciano tutto il popolo non parassita - il socialismo ha portato l'elemento plasmatore; è stato l'iute,-mediario armonico che, sul sacrifizio delle clas:;i lavoratrici, volontariamente immolantisi sull'altare della civiltà progressiva, ha conciliato fra 101·0 i gruppi antitetici; mentre la democrazia storica nell'insnrrezione recava gli in• teressi pl'opri, i più immediatamente in giuoco, con le sue falangi di indusfriali. esercenti, profes• sionisti. agricoltori, e menil·e il partito 1•epubbli– cano dava all'insurrezione il battesimo giuridico, desumendolo dalla tradizione politica e fllosoflca del pensiero italiano. . .. Converrà forse rilevare qualche fattore, ultimo determinante della insurrezione. A Milano fu una sentenza di Cassazioue popolare; la pronunzia della revisione di tutti i multiformi casi Dreyfus creati dai Mercier, dagli Henry, dai du Paty de Clam dello Stato maggiore di Palazzo Marino con bor·– dereawr, vetils-bleus, e amminicoli relativi, per provare una rivoluzione in cui di vero non ci fu mai che la repressione! ... A Torino fu un imp1·ov– viso compa1·ire alla luce della storia amministra– tiva di una classe nuova, ignota, semibarbara, che, immune da. ogni contatto con le altre classi, aveva nel corso del tempo sordamente roso, come una muta legione di topi, le vecchie fondamenta della Cene-
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