Critica Sociale - Anno VIII - n. 10 - 1 luglio 1899
CRITICA SOCIALE 155 Quanto ai dazi sui manufatti, gli stessi industriali del Nord cominciano a l'iconoscere che oramai essi non 110 hanno phì bisogno per direndersi contro la concorrenza este1·a. Del resto un ratto indiscutibile ci prova che la libertà degli scambi deve 83sere inaugurata anche pei mauufatti: la cre:icente espor• tazione ve1·so l'estero dei medesimi manufatti. La esportazione può siguinca1·e due cose: o che i fab– bricanti italiani possouo da\•vero regge1·e alla con– correnza estera all'estero, ed allora uou si vede il motivo per cui non possano 1•egge1·si anche all'in– te1·no; o che essi vendono all"estero ad un prezzo inferiore al costo, rifacendosi dei rtanni solfarti coll'aumento dei prezzi sul mercato chiuso interno, ed allol'a parimenti nou si capisce perché i cousu– sumatori interni debbano essel'e tassati a beneficio dei consumatori sti-anieri. Che questo accada per gli zuccheri, che cioè i consumatori tedeschi, russi, francesi, austriaci ed in un futuro forse non molto lontano anche gli italiani debbauo veni1·e tassati perché i felici Brit– tanni possano consumare lo zucchero a uu p1·ezzo iufe1·iore al costo, è un fatto deplorevole; ma che poi un sistema così pe1·nicioso debba in Italia venire esteso a tutte le industl'ie manifatturiere, è tale aberrazione che non si sa nemmeno come qua– lificare. Molti indizi vi sono perciò, i quali ci inducono a credere che una riforma del nostro sistema do-– ganale, nel senso oi·a indicato, possa essere attuata senza troppe difficoltà iu seguito ad una energica campagna, la quale dimostrasse al Paese che questo è !"unico metodo per potere far l'ifio,·ire le vere industi-ie agricole adatte al noslro suolo, pure con– servando in ,•ita nel Nord d'Italia le industrie ma– nirattrici. riposanti oramai su basi cosi salde da poter vincere o~ni concorr·enza el\tera. E sarebbe bene che l'iniziath·a della nuova po– litica doganale pa1·tisse dalle classi operaie del set– tentrione; perché esse dimostrerebbero in tal modo coi fatti e non solo colle pa,·ole, che e se sentono la solidarietà che le avvince colle masse rurali di tutta Italia. Una classe di ope,·ai si innalza non solo lottando di1·ettamente pel' aumentare j propri sa– lari, ma anche lottando per la elevazione di masse amni, che colla loro p1·essione e1101·mepossoao rendere inutile qualsiasi sforzo delle più vigo,·ose ed organizzate aristocrazie operaie. Ma non basta acc1·escere la produzione: è d'uopo ristabilire, come si è detto, il l'Otto equilibrio fra i fattori ecouomici della produzione. Ora iu Italia vi è sovrabbondanza del fattore tavo,•o e scarsità del fattore captiate. I capitali non sono mai stati abbondanti nel no– stro paese; ma ci fu un tempo in cui, per la rav– vivala COl'rente di traffici fra l'Italia e l"estero, per la parità di valore dell'oro e della circolazione cartacea, per la puntualità dello Stato e delle so– cietà private a mantenere gli impegni assunti, i capitali straniel'i acco,•revauo fiduciosi in Italia a svolgere le nostre ricchezze latenti ed inerti. Dopo veune,·o i fallimeuti delle Banche. le dilapidazioni del Governo, i disavanzi cronici del bilancio dello Stato, le oscillazioni continue dell'aggio sui bi– glietti a corso forzoso, ecc., ecc., e i capitali esteri fuggirono spaventati dall'Italia, mentre i capitali inrtigeni si nu.scoudevano paul'Osi negli sc1·igni o venivano investiti in titoli di rendita pubblica. Nel frattcm,,o la popolazione italiana non cessa, 1 a rli aumentare; e la povo1·a gente, a cui le altre gioie della vita erano negate pe,· il l'ibasso dei ~alari. si consolava mettendo al mondo la consueta ed anzi J>iù della consueta quantità di figli. Cosi andava diventando sempre più acuto lo squilibrio fra il fattore capila/e ed il fatto,·e tavo>'O sul mercato economico italiano. Qualo1·a non si voglia ricorrere ad empiastl'i ar– tificiosi, l'equilibrio economico ora scomparso può essere ricostituito soltanto fa,·orendo l'i,n,ntg,·a– :tone del capitate e la e,,,tg,·a:tone del lavoro A poco a poco, col pl'Ogredire dell'arnusso dei ca– pitali e dell'erflusso del lavo1-o,si ristabilirà l'equi– librio fra i due fattori iu mo~o da permetterne la combinazione, più vantaggio~a per amendue, da parte di coloro a cui nel mondo economico é affi– data la funzioue di orgauizzatol'i deU-iodustria. L'incremento della produzione, in seguito ai prov• vedimenti doganali acceunati più su, favorirà senza dubbio la immigl'azioue dei capitali destinati a fe– condare le nuove intra1>rese agricole, e gioverà a tale scopo eziandio una accorta politica dello sconto e della circolazione fiduciaria, intesa a fare scom– parire l'aggio che ora colle sue oscillazioni inces– santi oppone una grave barriera alla venuta dei capitali esteri. Questi inoltre verranno tllnto più volonterosi io Italia quanto più saranno rese rigide e rapide le pr·ocedu1·e giudiziarie contro i debitori morosi, e samnno gr·avi ed esemplari le pene per i falliti dolosi. Nulla nuoce tanto in Italia alla desiderata immigrazione dei capitali esteri quanto le oscilla– zioni dell'aggio e la condiscendenza inerte verso i debitori morosi e colpevoli. Se col tempo lo lato potrà, con un'amministra– zione seria e tranquilla. rafforzare il bilancio per modo da procedere alla conversione del Debito Pubblico dal 4 •, al 3,nO od al 3 'f., anche sul mercato interno si opererà un benefico trasferi– mento di capitali da((li impieghi imp,•oduttivi in rendita dello , lato agli impieghi destinati a fecon– condar·e le industrie maniratturiere e agrarie. L"e1nigrazioue del lavoro, che è il secondo mezzo destinato a l'istabilire l"equilibrio fra i fattori della p1·oduzione, avvieue già spontaneamente; ma av– viene in modo disordinato e in proporzioni inferiori a quelle che sa1·ebber•o necessarie. Vi sono intiere 1·egioni,come le isole ed il centro d'Italia, doude non si emigra o si emigra poco; non già perchè non vi sia tornaconto economico ad emigra1·e, ma perché le masse rurali non sono iu grado, per la loro i~noraoza, di comprendere la utilità rlella emigrazione, o, per l'innato miso• neismo, nou si souo abituate al pensiero di andare a vivere in un ambiente diverso da quello in cui sono nate. O'altra pa1·te, la emigrazione avviene in modo disordinato, senza un obbiettivo chiaro e preciso dinanzi a sè, e si compie tr-oppo spesso alla mercè degli appaltatori di emigranti per conto delle Re– pubbliche americane, le quali non si curano del benesse1·e dei nuovi venuti, ma solo dell'interesse dei grandi p1-oprie~,l'i di fa:enlle caffettere o rlegti imp1•esal'i di lavo1·i pubblici. Una saggia politica dell'emigrazione, la quale con mezzi non costrittivi ma educativi promovesse l'esodo della parte 03uberante della nostra popola– zione, siano oper·ai manuali o spostati intellettuali, o incanalasse tutte queste fo1·ze vive. ed inutili nella madre patria, verso le Repubbliche dell'Ame- 1·ica latiua, in guisa da promuovel'e la fondazione di nuclei potenti e solidi di italiani, sarebbe la sola vera politica coloniale adatta al momento presente in Italia. Forse alcuni fl'a i provvedimenti, che in questo ar– ticolo ho annoverato fra quelli più adatti a promuo• vere il benessere delle classi operaie nel momento presente, non sono compresi nelle domande fatte dai partiti optwai nei loro programmi minimi economici; a spiegare la cosa desidet'O ricordare soltanto come
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