Critica Sociale - Anno VIII - n. 10 - 1 luglio 1899

154 CRITICA OCIAl,E mania e tenersi lontana dalle consuetudini ecces– sivamente restrittive della proliflcazioue,così diffuse in Francia. In questo momento, in cui tanti popoli si dispu– tano il possesso del mondo e lottano cosi pe,· la conquista del benessere materiale, l'Italia ver1·ebbe ben presto soffocata dal dilagare delle popolazioni straniere esuberanti, ove non obbedisse anch'essa al precelto: c1·esctteet mutttpltcamtnt. Una certa dose di malthusianismo sa1·ebbe ro,·se opportuna in Italia; ma non sembra che si sia giunti a quel punto di massima saturazione in cui runico scampo contro la miseria e la morte per fame sia da tro• varsi sollauto nei freni ,·estrittivi della popolazione. Perchè i motivi principali, per cui in Italia la miseria in taluni distretti è grande e i salari sono ridotti ad un livello bassissimo, non si devono ri– cercare nell'eccesso degli abitanti io senso assoluto, ma nell'eccesso relativo alla meschinità della nostra produzione e al difetto di equilib1·io economico fra i vari fattori della produzione. Coloro che In Italia vogliono seriamente intende1·e ad una politica seria di elevamento delle condizioni del nostro proletal'ialo devono sopratutto avere in mira questi due !tCOpi:accrescere la produzione nazionale e ristabili1·e l'equilibrio fra i fattori della produzione. I problemi di distribuzione del reddito, elle a ,·a– gione occupano tanta parte delle aspirazioni dei partiti operai inglesi, americani e australiani, po– tranno esSere discussi in ltalia solo alloraquaudo l'incremento della produzione e il ristabilito equi• librio economico abbiano rialzato il livello di tutte le classi sociali. In Italia nesimna politica economica sarebbe tanto nefasta per le classi operaie quanto quella la quale pretendesse di aumentare i sala1·'ì dei lavoratori a spese dei profitti degli imprenditori e degli Inte– ressi dei capitalisli. Una simile politica imperlirebbe la formazione, già cosi lenta e sca1•sa, dei nuovi capitali ed ucciderebbe quello spil'ilo d'intmpren– denza cosi raro da noi, al quale solo si deve e alcune regioni d'Italia si trovano iu discrete con– dizioni rispetto alle altre. A parer mio la sola politica economica, la quale oggi dia speranza di migliorare le sorri delle classi operaie, sarebbe una politica la quale rialzasse il livello di benessere di tutle le classi sociali, mercé (è ben~ ripeterlo ancora una volta) un incremento della produzione ed il l'islabilimento dell'equillbrio ora rotto fra i fattor·i economici della produzione. Se noi guardiamo alle statistiche, ufficiali o non, dell'ultimo decennio, il fenomeno che più vivamente balza agli occhi si è la differenza profonda fra lo sviluppo delle Industrie manlfatturie,·e e quello delle industrie agricole. Qnelle, diffuse sovratutto nell'Italia settentrionale, hanno compiuto progressi giganteschi ed hanno dato una agiatezza notevole alle regioni nelle quali erano situate. Queste, sparse su tutta l'Italia e predominanti da sole ne mezzogiorno, sono rimaste stazionarie od hanno regredito in guisa !aie da destare apprensioni fortissime per l'avvenire della nostra agricoltura Le l'agioni del contrasto non sono rlHHcilia rin– !Joacciarsi. La politica doganale, inaugurata uel 1878 e 1·affo1•zata nel 1887. ha garantito alle industrie manifatturiere il mercato interno ed i fabbricanti del Nord ne hanno app1·oflltato per conquislare il mercato nazionale chiuso contro le provenienze dall'estero ed hanno su quesle basi eretto industrie grandiose che ora sul mercato iat~1·nazionale s0dano la stesqa co11co1·r•e11za estera D'alt,·a pa,·le, la mede•ima politica doganale, cau– sando le rHppresaglie delle nazioni a cui noi chiu– devamo i nostri mercati, hanno cagionato un danno irreparabile alle industrie agrarie, a cui l'uno dopo l'altro si chiusero i migliori e più promettenti sbocchi. I danni per la nostra agricoltura furono inacerbiti dal cosidetto protezionismo agrario, che iu fondo non è altro che il p,·otezionismo della cerealicultura. Il dazio sul grano, unico compenso che i coltivatori del Sud ottennero di fronte ai dazi sui manufatti, largiti ai fabbricanti del Nord, giovò soltanto a garantire le rendite di alcune migliaia di proprietai•i di terre a grano, etl a mautene1·e in vita su terreni disadatti una cultura, propria so– vratutto dei paesi nuovi, dove la terra costa poco e dove si possono coltivare, con macchine perfezio– nate, enormi superfici di terreno quasi vergine. lu Italia, dove la popolazione è fittissima, questa non può vivere su una cultura cosi poco remune– rativa come quella del g,·ano e deve dedicarsi alle coltivazioni di alto reddito nello e lordo per ogni ettaro (viti, frutta, agrumi, ecc.). Di.sgraziatamente, nelle condizioni attuali delle dogane mondiali, in Italia è impossibile estendere quest8 culture ricche e remunerative. I paesi di Europa e d'America, ai cui manufatti ed ai cui ce• reali noi abbiamo chiuso le porte, respingono con forti dazi i nostri vini, le nostre frutta ed i nostri agrumi, cosicché, pe1· una resfrizione artinciosa degli sbocchi, le culture arboree. adattissime al nostro cielo e al nostro clima, decadono e si re• stringono dinanzi all'invadenza ,!ella cultura a grano, cultura J)Overa ed esam•iente per i nostri terreni spossati da secoli di sfruttamento. Come ha dimostrato molto bene il prof. O. Mosca in una conferenza tenuta a 'forino e che è spera• bile verr·a presto pubblicata, la trasformazione del latifondo siciliano non dipende da 1·imedi più o meno çervellotici di indole legale, ma da una po– litica doganale la quale permetta alla Sicilia di vendere i suoi vini, gli agrumi, ìl sommacco, te frutta. ecc., alla Francia, alla Russia, agli Stati Uniti, all'Argentina, in cambio dei manufatti e del g,•ano di cui essa ha bisogno. Allora certamente una parte dei latifondi ora coltivati a grano verrebbe ridotta a culture più ricche, con vantaggio enorme non solo dei proprietari, ma anche, e più, dei contadini e dei braccianti. Se l'Italia vuole dunque accrescere la sua pro– duzione e cosi elevare il livello del benessere ma• teriale di tutte le classi sociali, la via da percor- 1·e1·e è nettamente tracciata: inaugurare una politica doganale nuova, la quale, per mezzo di ti'attati di commercio accortamente stipulati, permetta alle uoslre derrate agricole di grande pregio di l'icoo• quistare gli sbocchi perduti e di espandersi trion– falmente su uuo,•i e ricchi mercati. Il momento attuale è molto favorevole ad una siffalta politica doganale, che vorrebbe dire da parte nostra abbandono immediato del dazio sul grano ed attenua1.ione graduale dei dazi sui manufatti. Il dazio sul g1·auo ha eccitato talmente contro di sè le ire della popolazione, ed i suoi danni sono co!-11 evidenti, che ad una energica campagna abo– lizionistica, condotta con abilità. ed ardore. sorride– rebbe una pronta ed indubbia vittoria. (') (1) UM 1empllce e per ora dogmatica ouervt1zio11e di finto, di carattere un po' meno ot1iml1u1.. Quan,lo la '°er11à avrà rlconqul– atato I auoi dlr1ttl e 11 potrà 1crh·ere - 11enta limore di 1eque• atri - 111. 1torl11.obiettiva e documentata del cosidetU moti del mo.J(glo lh98, uri\ r11.c1le dimostrare comP l'a,•ere i 80Ciallt1i ln– gt1ggh1.1a poco prima e proseguii& con grand~ slnnclo e grandi&• alma efHCACII\quella ClllUPlll{lla per l'llJlJ>U!llOche l'e~realo Ei• naudl precon1zzu. ru una dtolle cause llredpue che splnH I lati• fùndiatl e con1er'°atorl italiani a acl\teoare quella J(Utll\ di dio che tut11 ,anno 1ler domare quella « rlvolutlone • nella. quale - come Argutamente 0Sl!erv11. 11 Treves in quea1O eteHo raacl• colo - di veramente Yflro non •'è Itali\ che la re1>re11ione. (Noto dello CRITICA).

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