Critica Sociale - Anno VIII - n. 9 - 1 maggio 1898

CRITICA SOCIALE darviniana nel campo biologico) sia riuscita a di– struggere, è appunto il concetto creazionistico ed antropomorfico delle formazioni improvvise. Lo studio del complesso aggrovigliamento di cause onde si genera la struttura economica, sostraf.oa sua volta delle superstrutture politiche e morali, è il contenuto essenziale (come ben rileva anche il Sombart nel suo Movimento sociale 11etsecolo XIX, di cui uscirà a giorni pei tipi del Saodron la tra– duzione italiana), è il midollo stesso della dottrina marxista. Possono bene il Marx e l'Eofìels (come questi ha di poi confessato) essersi illusi, cinquan– t'anni fa, sulla prossimità di una rivoluziooe poli• tico-sociale che rinnovasse l'Europa. Certo è che proprio dalle viscere della propaganda marxista eruppe e ru ribadito e s'è radicato il concetto che le 1-fvoluzloni 110n Si fa11no; ch'esse sono il pro– dotto di un lentissimo sovrapporsi di elementi che preparano alle forme sociali il nuovo contenuto; onde il vecchio concetto di rivoluzione fu comple– tamente sfatato. Di qui, da repubblicani ed anar• chici (cui non vorrà il Merlino essere troppo se– vero), l'accusa ai socialisti di addormentare lo spirito della ribellione. Ci nomini il Sorel un solo socialista italiano (e l'Italia non è proprio alla testa del socialismo mondiale!) che vada « annunciando l'imminenza della dittatura del proletariato•· e noi gli promettiamo di tirarne la fotografia per ven– derla a beneficio del nostro giornale quotidiano, come quella del più perfetto tipo d'Imbecille che abbia mai tentato d1 rifugiarsi sotto le bandiere socialiste. Lo stesso potremmo dire di quell'ipotetico socia– lista, che - secondo il Sorel - « contioua a de– scrivere le delizie della società collettivista e a ragionare della sua organizzazione ... a nome della scieoza •· Qui veramente il pensiero del Sorel non ci apparo ben chiaro qual sia: poichè egli da un lato sembra adori re al pensiero di Arturo Labriola, che cioè e il partito socialista deve sapere quello che far/\ in avvenire•; dall'altro ogui piano di ricostruzione qualifica marchiana utopia, fantasia, stupidaggine, oracolo sibillino. Più ancora; egli arriva a battezzare « utopia • persino ogni abbozzo di programma massimo, per 11uaoto a grandi linee. arguendo dall'impossibilità di estendere la osser– vazione empirica a fatti non ancora comparsi; re– galando cosi all'uomo in genere, e al socialista in ispecie. il più bel diploma di amaurosi storica (e quindi di paralisi politica) che il conservatore più cocciuto possa desiderare. Per tal modo, d'accordo col Merlino, riesce a confinare il socialismo uel possibilismoprocusteodei programmi minimi. Anzi, i programmi minimi non gli sembrano minimi abbastanza; perchè anch'essi (scrive egli, confon– dendo a;tone e J)1·evtstone) « sono t1'0ppo spesso più estesi che i limiti della nostm a::tone possibile e superano dunque quello che noi possiamo atn di scientifico sulle questioni sociali,. E una sola discussione è feconda: quella « sulle vere qualita delle riforme specificamente socialiste•· Quale sia poi, abolito il programma massimo, negata la pos• sibilih\ di ogni J)la110scfentt{lco della società futura, il criterio per decidere di questa quatuà socialista delle riformo immediate, è ciò che il Sorel lascia nella penna. Ma lasciamo Iui sbrigarsi, so gli riesce, dalla rete in cui s'avvolge egli stesso.Quanto a noi, anche su questa questiono, non avremmo che da ripeterci. E diremo che per noi è altrettanto necessario al socialismo sapere quali sono le linee generali della forma di società alla quale esso tende (o piuttosto, alla quale esso crede che tenda la evoluzione so– ciale, e alla quale egli cerca di orientare le riforme immediate per agevolarne ed affrettarne l'avvento), quanto è assurdo e puerile il voler prevedere i minuti congegni della società avvenire; la quale, trovato che abbia un nuovo assetto generale, avrà certo, come ogni società ebbe in ogni tempo, la pla– sticità necessaria per gli adattamenti più minuti. Quali siano quelle linee generali, che vanno sotto i nomi chiarissimi di soclaltz::aztone delta v1·0- J)1ietà, di v1·op1·tetà colteUiva e di collettivismo (e non più di comunismo, dacchè ooot - e non è colpa nostra se la terminologia ha anch'essa la sua evoluzione - il nome comunismo signiHca tutta un·au,·a cosa) è noto a chiunque abbia letto qua– lunque de' mille libricciattoli che trattano del socia– lismo, a cominciare dalla Qutntessen::a dello Sch,iflle (che non è neppur socialista) per Onire coll'arguto Berlo/do dei socialisti di Cremona. E aggiungiamo che, ove si perdano quelle linee generali di vista - ove si dimentichi o si veli quell'ideale complesso, che è ad un tempo criterio di distinzione teorica, stimolo d'azione pei lavora– tori, minaccia ed incitamento pei privilegiati, per– dono ogni valore pratico e ogni possibilità d'attua– zione le riforme immediate, che soloallora diventano • piccolo cose sprezzate dai teorici >, perchè solo allora, come mmi divelli dal Il-onco che dà loro alimento, cessano di e3Sere riforme socialiste per tornare a far parte del 01·1c-à-b1·ac illusionista dei riformisti democratici ('). Riforme immediate, del resto, che non si è mai negato - anche prima della rivelazione del Merlino o dell'articolo del Vander– velde, il quale non pretese di rivelare cose nuove - che possano « 1niglio1·aYe la condizione materiale, intellettuale e morale delle classi operaie nell'àmbito stesso del regime capitalista ». È per questo, anzi, che le propugniamo. Si è negato, o si persiste a negare, che, per sè sole, siano in grado di eman– ctva,·te: e sarà un curioso tour cle(orce dimostrare il contrario! Con che non si viene però a dire, come fa il Sorel, che dunque le ipotesi e i romanzi avveniristi, dei quali, nei momenti d'ozio, o per rispondere a ta– lune di quelle obiezioni che ranno soltanto i più indotli, si compiacque qualche socialista, sian roba da gettare ai cani. Altro infatti è il p,·evedere il futuro; altro è il dimostrare che, volendo, si può tnwolna,·e fin d'ora, coi mezzi che ci presta la scienza e l'esperienza attuale, come, di fronte a quelle certe dimcoltà, la società socialista potrebbe trarsi d'impaccio. Questa non è coso che abbia pre– tesa scientifica, ma soltanto un valore occasionale e didattico. Tutto sta nel distingue,·e do,•e la scienza finisce e l'ipotesi o il romanzo comincia: 1101non dare il romanzo come capitolo di dottrina. Su di ciò pigliare abbaglio significa volerlo piglia,·o. Dopo ciò, non mette conto di rilevare le minori conh·addizioni cho il Sorel ci rimprovera. Sicuro, egli s'è accorto che questi dogmatici ortodossi hanno ciascuno una te,ta sulle spalle: si permettono su tante <1uestionidi e.sere in disparere fra loro. Quale segno di degenerazione, non è vero I Così sulla questione della statizzazione di certi pubblici ser– vizii (si può chiamarla appena per celia collettl– vtsm? varzlale) non tuth siamo d'un pensiero. Ciò deriva (e il crei stesso implicitamente lo avverte) dalla natura stessa del p1'0blema, che non potrebbe ( 1) Persino I "onsenntorl riconoscono che l'nltuatlone delle ri– forme fuore,•oll al proletarl:tlo dipende dall'Insieme del po11tulntl socialisti. Il nuo•o lndiriuo di resipiscenza della 1ocle11\ bor– ghese - 8'"rinYllancora l'altro elorno O. R. del Corriere della Sera (!6 ll.prile) a 11ropo11to delle leggi sociali - • non è altro che Istinto di conBervar.ione, eua-gerilo dalla conBideratlonl del– l'ambiente 11oclale,e attuato con più o meno di rapidità, di foria e di alnceritA, quante più o meno forte è la presslr>ne che su quoto ambiente H~rcita - blaogna llUr confessarlo - l'Achille t10r:IHlmo, Il socialismo •·

RkJQdWJsaXNoZXIy